L’altra notte, una giovane donna venne a trovarmi e disse:
“Voglio mettermi al servizio della gente”.
Le dissi: “Se ti scordi dell’‘io’, sarai automaticamente al
suo servizio”.
Cos’altro, all’infuori dell’ego, impedisce al tuo stile di
vita di essere al servizio degli altri?
L’ego pretende di essere generoso; in realtà, vuole ogni
cosa e non dà niente: è incapace di dare; per lui, dare non è possibile. L’ego
è sempre stato un mendicante; pertanto, è impossibile trovare qualcuno che sia
più povero e infelice dell’egoista.
Solo qualcuno che sia un re può mettersi al servizio degli
altri. Cosa potrà mai dare una persona se non ha nulla dentro di sé? Prima di
dare, è essenziale avere qualcosa.
In cosa consiste il prodigarsi? Non è forse l’amore in
quanto tale un prodigarsi? E l’amore nasce solo in una consapevolezza nella
quale l’io è morto e sepolto.
Nella morte dell’io si ha la nascita e la vita dell’amore.
Sopra la pira funeraria dell’io, germoglia il seme dell’amore.
Coloro che sono pieni dell’io sono vuoti d’amore. L’io è il
nucleo da cui ha origine lo sfruttamento; e persino il suo mettersi al servizio
degli altri è uno sfruttamento. Perfino prodigandosi, quello stesso io prospera
e si rafforza. L’umanità è forse inconsapevole dell’ego dei benefattori?
Perfino un ego teso a sfruttare si maschera di umiltà, ma l’umiltà di un
benefattore è solo un proclama dell’ego. Ricorda: l’amore non dice mai nulla e
il prodigarsi è sempre silenzioso.
Inoltre, ricorda che l’amore è di per se stesso
apprezzamento, e prodigarsi è in sé la propria ricompensa.
Mi sovviene un episodio davvero strano...
Due amici andarono da un insegnante per imparare a
dipingere. Entrambi erano molto poveri, non avevano nulla di nulla; per cui
decisero che, per iniziare, uno di loro si sarebbe dedicato alla pittura e
l’altro avrebbe cercato un lavoro per sostenere entrambi; in seguito, il primo
avrebbe guadagnato a sufficienza per permettere all’altro di imparare.
Il primo iniziò a dipingere con la guida dell’insegnante.
Passarono gli anni e lui apprese quell’arte; il tempo non contava: il giovane
si dedicò con totalità a quell’arte. Poi, piano piano iniziò a diventare
famoso; nel mondo dell’arte la sua stella iniziò a brillare: il suo nome era
Albrecht Dürer.
Invece, l’amico si era impegnato nello scavare in miniera e
nello spaccare pietre; nel tagliare legna e trasportare pesi. Piano piano si
dimenticò completamente che anche lui voleva imparare a dipingere e, quando
arrivò il suo momento per apprendere quell’arte, si rese conto che le sue mani
erano diventate così callose, così dure e deformi che non potevano neppure tenere
un pennello.
Di fronte alla sua sfortuna, il giovane si mise a piangere,
ma l’altro si rallegrò e gli disse: “Che differenza fa se sono le mie mani o le
tue a dipingere? Non sono forse mie anche le tue mani?”.
Dürer divenne un grande pittore, ma il nome dell’amico che
gli permise di diventarlo con il suo sudore e la sua fatica, nessuno lo
conosce. Ma quel suo ignoto prodigarsi non è forse un esempio vivido del suo
amore? Coloro che servono non restano forse sconosciuti e le opportunità di
essere utili non sono forse una benedizione?
Non creano soltanto coloro che sono famosi, lo fa anche chi
rimane sconosciuto: non esiste sforzo o preghiera più grande del prodigarsi
fatto dalle mani sconosciute dell’amore.
Albrecht Dürer dipinse in un quadro le mani del suo amico in
preghiera: è forse facile trovare mani così belle? È possibile trovare mani più
sacre di quelle? E potranno mai delle mani, fatta eccezione per mani simili,
avere il diritto di pregare?
Dunque, pochissime mani hanno avuto la buona fortuna di
amare e di pregare come poté accadere alle mani di quel buon amico.
Osho: Crea il tuo destino
Nessun commento :
Posta un commento