sabato 29 febbraio 2020

Se puoi amare senza essere geloso

 Enchanting Madrigal. Eleanor Abbot Illustration. VINTAGE Digital Illustration. Vintage Digital Downl
Se puoi amare senza essere geloso, senza attaccamento, se puoi amare una persona così tanto che la sua felicità diventa la tua felicità .... anche se vive con un'altra donna ma è felice, questo ti rende felice perché lo ami così tanto e la sua felicità diventa la tua felicità. Sarai felice perché lui è felice, e sarai grata alla donna che ha reso la persona che ami, felice - non sarai gelosa. L'amore è diventato puro.

Questo tipo d’amore non crea nessuna schiavitù. E questo amore è semplicemente l'apertura del cuore a tutti i venti, a tutto il cielo. Sembra un po' strano, ma ci è stato insegnato continuamente che l'amore è una relazione, così ci siamo abituati a quest’idea, ma non è vero. Questo tipo di relazione è la più bassa - e molto inquinata.         

Osho, Light on the Path, Talk #25



venerdì 28 febbraio 2020

OSHO: Relazionarsi

Se l'emozione fosse la tua mano vorrei poterla stringere se l'emozione fossero i tuoi occhi vorrei perdermi nel tuo cielo se l'emozione fosse il tuo respiro vorrei catturarlo per sfiorare l'infinito se l'emozione fosse l'anima tua vorrei rifugiarmi in essa e non uscirne più. Stringimi a te, stringimi forte e non lasciarmi andare. Stringimi, anche solo per un attimo perché ci sono attimi eterni perché quell'attimo mi saziera' eternamente. tu sei l'emozione

La relazione è una struttura,  l'amore invece non è strutturato, per questo l'amore certamente è un legame ma non diventa mai una relazione. L'amore è un processo momento per momento, ricordalo. L'amore è uno stato del tuo essere, non una relazione. Ci sono persone che amano e ci sono persone che non hanno amore e fingono di essere amorevoli nella relazione. Le persone che amano non hanno alcun tipo di relazione - l'amore è sufficiente.

Siate amorevoli,e non in una relazione d‘amore - le relazioni un giorno ci sono e un altro giorno scompaiono. Sono come dei fiori che la mattina sbocciano e nella sera sono già andati via.

Mantra, sii un’amorevole persona.

Ma tutti sentono che è molto difficile essere una persona amorevole, quindi creano una relazione - e in quel modo giocano, dicendosi "Ora sono una persona amorevole, perché sono in una relazione, ma la relazione può essere solo una relazione di monopolio, di possessività, d’esclusività.
La relazione può avvenire solo per paura e non avere nulla a che fare con l'amore, può essere solo una sicurezza - finanziaria o per qualcos'altro. La relazione è possibile solo perché non c'è amore, è un sostituto.

Diventa consapevole!

La relazione distrugge l'amore, la possibilità  stessa della sua nascita.

Osho, Fly without Wings, Think without Mind , # 8

giovedì 27 febbraio 2020

Lo Zen e l’arte di acchiappare i topi

  Risultato immagini per Lo Zen  e l’arte di acchiappare i topi
Una storia di samurai e di gatti che seguono “la Via”.
Un apologo che ci rivela un segreto… talmente evidente!


C’è una storiella Zen molto famosa su un samurai. C’era una volta un samurai di nome Shoken. L’uomo si trovava nei guai a causa di un topo malefico che gli girava per casa. Il ratto era così sfrontato che usciva dal suo nascondiglio anche di giorno, mettendo allo scompiglio ogni cosa. Shoken gli mandò contro la sua gatta, ma la poverina non era all’altezza e, morsa dal ratto, filò via miagolando. Il samurai si fece prestare i gatti dai vicini, felini famosi per essere coraggiosi e abili cacciatori di topi. Lasciato in loro compagnia, il topo si acquattò in un angolo, li osservò avvicinarsi e si scagliò furioso contro di loro, uno dopo l’altro. I gatti, terrorizzati, batterono in ritirata.

Il padrone di casa, disperato, tentò di uccidere il topo con le proprie mani. Gli si avvicinò brandendo la sua spada di legno, ma ogni sua mossa, benché fosse abilissimo con la spada, si rivelò inutile. Il topo evitava ogni colpo in maniera così perfetta che sembrava volare come un uccello o muoversi con la rapidità del lampo. Shoken non era neppure riuscito a seguire il suo movimento, e il topo gli era già saltato in testa. Madido di sudore e stremato, l’uomo alla fine si arrese. Come ultima risorsa chiese a un vicino di prestargli la sua gatta, famosa in tutto il vicinato per la sua misteriosa virtù di abilissima cacciatrice. La gatta non aveva nulla di diverso rispetto agli altri gatti che erano stati invitati a combattere con il ratto. In realtà era una gatta davvero qualsiasi. Il samurai non aveva una grande opinione di lei, ma la fece entrare nella stanza dove si trovava il topo. La gatta entrò lenta e tranquilla, come se non vedesse nulla di strano nella stanza. Il ratto invece, a vederla venire verso di lui, si spaventò e rimase immobile, quasi paralizzato, in un angolo. La gatta gli si avvicinò con grande nonchalance e uscì dalla stanza tenendolo per il collo.

Quella sera, tutti i gatti che avevano partecipato alla caccia al topo si riunirono nella casa di Shoken e, pieni di rispetto, chiesero all’incredibile gatta di mettersi al posto d’onore. Le fecero grandi inchini e dissero: “Siamo tutti famosi per il nostro valore e la nostra astuzia, ma non avevamo mai immaginato che al mondo esisteva un ratto così straordinario. Nessuno di noi è riuscito a fargli qualcosa, finché non sei arrivata tu; e com’è stato facile per te riuscire nell’impresa! Vorremmo tanto che ci svelassi i tuoi segreti, ma prima lascia che ti mostriamo tutto quello che sappiamo sull’arte di acchiappare i topi”.

Il gatto nero si fece avanti e disse: “Sono nato in una famiglia nota per la sua abilità in quest’arte. Fin da piccolo mi sono allenato per diventare un grande cacciatore di topi. Sono in grado di saltare ostacoli alti più di due metri, e di farmi così piccolo da riuscire a infilarmi nelle tane dei topi. Sono abilissimo in ogni genere di acrobazia. E anche così furbo da far credere al topo di essere profondamente addormentato, quando invece sono pronto a colpirlo non appena si avvicina. Anche quelli che si arrampicano sulle travi del soffitto non riescono a sfuggirmi. La mia ritirata davanti al topo, oggi, è stata una grande vergogna”.

La vecchia gatta disse: “Tu hai imparato le tecniche dell’arte della caccia. La tua mente è sempre occupata a fare piani di combattimento contro l’avversario. Gli antichi maestri hanno ideato la tecnica per farci conoscere il metodo appropriato per compiere l’opera. Il metodo è davvero semplice ed efficace, e riassume in sé i punti essenziali dell’arte della caccia. Quelli che seguono il maestro non riescono a cogliere il principio, e si preoccupano troppo di migliorare la loro abilità tecnica e l’astuzia nel metterla in atto. Il fine viene raggiunto e l’astuzia si rivela pienamente efficace, ma è tutto qui? L’astuzia è un’attività della mente, non c’è dubbio, ma deve essere in armonia con la Via: quando questa viene ignorata e lo scopo è la sola astuzia, ci si allontana dallo scopo originale… e diventa così quasi inevitabile usare male l’astuzia. Occorre ricordarsene sempre nell’arte della caccia”.

Il gatto tigrato si fece avanti e spiegò il suo punto di vista come segue: “Per me, nell’arte della caccia quello che conta è lo spirito (ki, ch’i in cinese); ho lavorato a lungo per coltivarlo e svilupparlo. Ora posseggo uno spirito potente, capace di riempire il cielo e la terra. Quando affronto il mio avversario, il mio spirito ardito è già sopra di lui, e la mia vittoria è certa, prima ancora dello scontro reale. Non ho uno schema mentale sull’uso delle tecniche, esso si dipana in maniera spontanea secondo la situazione. Se un topo dovesse correre sulle travi del soffitto, mi limiterei a osservarlo intensamente con tutta la forza del mio spirito e lui sicuramente finirebbe con il cadere da quell’altezza finendo nelle mie grinfie. Ma quel vecchio topo misterioso si muoveva senza lasciare alcuna ombra. Non riesco a spiegarmene il perché”.

La risposta della vecchia gatta fu: “Tu sai come sfruttare al massimo i tuoi poteri psichici, ma il fatto stesso che te ne rendi conto lavora contro di te; la tua forte presenza psichica si oppone all’avversario, ma tu non puoi mai essere sicuro che la tua sia più forte della sua… la possibilità di essere battuto esiste sempre. Tu puoi sentire che la tua psiche attiva e vigorosa può riempire l’universo, ma non è lo spirito in sé, si tratta solo di una sua debole ombra. Può ricordare il kozen no ki di Mencius (haojan chi ch’i), ma in realtà non è così. Il ch’i di Mencius, come sappiamo, brilla di luce propria, e per questo motivo è pieno di vigore, mentre il tuo acquista vigore a seconda delle condizioni. A causa di questa differenza d’origine, si crea una differenza anche nei suoi effetti. Uno è come il grande fiume che scorre senza sosta, l’altro è un’inondazione improvvisa dopo pesanti piogge, che si esaurisce presto nell’incontro con un flusso più potente. Un topo disperato spesso si rivela più forte di un gatto all’attacco. È messo alle strette, la lotta è mortale, e la vittima disperata non riesce neppure a desiderare di venirne fuori illesa. Il suo atteggiamento mentale gli fa superare qualunque pericolo debba incontrare. Il suo intero essere incarna il ch’i combattente (spirito o psiche) e nessun gatto è in grado di sconfiggere la sua resistenza d’acciaio”.

Poi venne il turno del gatto grigio, che disse: “Come ci hai spiegato, uno spirito, per quanto forte, è sempre accompagnato dalla sua ombra, e il nemico approfitterà senz’altro di questa ombra, per quanto inconsistente sia. Mi sono allenato a lungo in questo modo: non sopraffare il nemico, non forzare la lotta, ma assumere un atteggiamento arrendevole e conciliante. Se il nemico si rivela forte, io divento arrendevole e mi limito a seguire i suoi movimenti. Mi muovo come una tenda che cede alla pressione di una pietra gettatale contro. Neppure un topo molto forte riesce a trovare un modo per sconfiggermi. Ma quello che abbiamo affrontato oggi non ha uguali, si è rifiutato di sottomettersi al mio potere psichico, e non ha subito alcuna tentazione di fronte alle manifestazioni della mia arrendevolezza. Era una creatura molto misteriosa – non ho mai incontrato nessuno simile a lui”.

La vecchia gatta rispose: “Quello che tu definisci spirito arrendevole non è in armonia con la natura, è coltivato, è un atteggiamento che ti sei costruito interiormente. Se cerchi di utilizzarlo per sconfiggere lo spirito impavido e aggressivo del tuo avversario, questi sarà abbastanza sveglio da individuare anche il più piccolo segnale di titubanza che ti sfiori la mente, e che inevitabilmente andrà a interferire con l’acutezza di percezione e l’agilità di movimento, perché in quel frangente la natura si sente impedita nel perseguire il suo corso originale e spontaneo. Per lasciare che la natura dispieghi il suo modo misterioso di compiere la sua azione, occorre rinunciare a qualunque forma di pensiero, strategia, e azione. Lascia che la natura faccia il suo corso, lasciala agire in te così come sente, e non ci saranno ombre, segni o tracce che ti tradiranno, e a quel punto nessuno potrà resisterti. 

Non voglio tuttavia dire che le discipline a cui vi siete sottoposti finora siano inutili. Dopotutto la Via si manifesta attraverso i suoi contenitori. L’abilità tecnica contiene la ragione (ri, li), il potere spirituale è operativo nel corpo, e quando è in armonia con la natura agisce in perfetto accordo con i mutamenti della situazione esterna. Quando uno spirito arrendevole viene utilizzato in questo modo, mette fine alla lotta sul piano fisico ed è in grado di fermare persino le rocce. Ma esiste una considerazione ancora più essenziale che, se trascurata, manderà tutto all’aria. È questa: non nutrire neppure un granello di pensiero autocosciente. Se questo è presente nella tua mente, tutti i tuoi atti diventano trucchi della volontà personale, strategie costruite, e non sono in conformità con la Via. In quel caso le persone si rifiutano di arrendersi e costruiscono dentro di sé uno spirito di antagonismo. 

Quando sei in uno stato mentale noto come ‘assenza di mente’ (mushin), agisci in unisono con la natura senza alcun bisogno di affidarti a strategie artificiali. La Via, comunque, è al di sopra di ogni limite, e tutto questo mio parlare è ben lontano dall’essere esaustivo, per quanto concerne la Via.

Tanti anni fa, vicino a me viveva una gatta che passava tutto il tempo dormendo, senza mostrare alcun segno di potere spirituale; assomigliava a una statua di legno. Nessuno l’aveva mai vista acchiappare un topo, eppure nel suo territorio non c’era un solo topo che osava passarle vicino. Un giorno andai a trovarla e gliene chiesi il motivo. Non mi rispose. Per quattro volte le feci la stessa domanda, ma lei rimase in silenzio. Non è che non volesse rispondermi, semplicemente non sapeva cosa dirmi. Così notiamo che colui che sa, non dice una parola, mentre chi parla, in realtà non sa. 

Quella vecchia gatta era dimentica non solo di se stessa, ma anche di quanto la circondava; era nello stato spirituale più elevato, in cui non esiste più alcuno scopo. Aveva raggiunto lo stato supremo nell’arte della caccia e non uccideva. Non mi si può paragonare a lei neppure lontanamente. Ma anche se non mi disse una sola parola, io ho capito il suo segreto manifesto. Sono riuscita ad avvertire nella sua presenza il semplice fenomeno di un’ordinarietà assolutamente straordinaria. Non c’era bisogno di altro. Se uno vive la sua realtà ordinaria, uno vive il tao e tutto è possibile. Da allora ho vissuto in maniera molto ordinaria. Ho dimenticato tutto quello che avevo imparato. In realtà, sto cominciando a svanire in quanto entità separata e la natura ha cominciato a lavorare senza interferenze. Questa è per me wei-wu-wei – azione attraverso la non-azione, questo è il mio segreto.”

Nello Zen lo chiamano segreto manifesto. Diventare divino è la tua natura, diventare dio è la natura di ognuno. Se non lo realizziamo, è perché ci stiamo preparando per questo. È un fenomeno spontaneo e naturale. E io sto cercando in tutti i modi di aiutarti a capire che non è c’è qualcosa da fare: è qualcosa a cui devi aprirti. E di sicuro riuscirai ad acchiappare il topo!

tratto da: Osho, The Open Secret #18



mercoledì 26 febbraio 2020

Le tre dimensioni della libertà

Honey B's Hive — Artist: Justin Copeland
Osho,
che cosa è la libertà  individuale e quella collettiva?
La libertà è un fenomeno tridimensionale. Il primo è la dimensione fisica: puoi essere reso schiavo fisicamente. E per migliaia di anni l'uomo è stato venduto nella piazza del mercato proprio come una qualsiasi altra merce.
Tutta la gente di colore che venne in America fu acquistata come una merce. Gli schiavi sono esistiti in tutto il mondo. A loro non furono riconosciuti i diritti umani; in effetti, non furono accettati come esseri umani, erano sub-umani. E sono ancora trattati come sub-umani.
In India ci sono i sudra, gli intoccabili. Un quarto dell'India vive ancora in schiavitù: queste persone non possono essere istruite, queste persone non possono spostarsi fuori da quei mestieri decisi dalla tradizione cinquemila anni fa, e pensare a loro come persone umane è impossibile... Perfino toccarle ti rende impuro: devi farti immediatamente un bagno! Perfino se non tocchi l'uomo, ma solo la sua ombra anche allora devi farti un bagno.
Ebbene c'è una schiavitù fisica e c'è una libertà fisica: il tuo corpo non è incatenato, non è classificato come inferiore a quello di chiunque altro; esiste un'uguaglianza per ciò che riguarda il corpo. Ma perfino oggi questo non è vero: il corpo della donna non è considerato uguale a quello dell'uomo. Lei non è tanto libera quanto lo è l'uomo.
In Cina, per secoli, il marito aveva il diritto di uccidere sua moglie senza essere punito, perché la moglie era una sua proprietà. Allo stesso modo in cui puoi distruggere la tua sedia, o puoi incendiare la tua casa, perché è la tua sedia, la tua casa, lei è tua moglie. In Cina la legge non dava nessuna condanna al marito, se uccideva la propria moglie, perché lei era considerata priva dell'anima; era solo una riproduttrice meccanica, una fabbrica per produrre bambini.
I musulmani hanno quattro mogli, il che è del tutto sgradevole in quanto la natura mantiene un equilibrio nel mondo. Ci sono lo stesso numero di uomini e di donne, e se un uomo si sposa con quattro donne, allora cosa ne sarà degli altri tre uomini? Ma questo è niente! Soltanto quarant'anni fa, quando l'India ottenne l'indipendenza, in uno degli stati musulmani in India, nell'Hyderabad, il nizam aveva cinquecento mogli!
Ma neanche questo è il limite. L'incarnazione hindu di Dio, Krishna, aveva sessantamila mogli. Quantomeno le mogli del nizam erano sue, le aveva sposate. Krishna aveva sottratto a chiunque la moglie che a lui piaceva... senza nessuna considerazione se avesse dei figli, se avesse un marito di cui lei doveva prendersi cura, nessuna considerazione. Lui aveva il potere. Ma avere sessantamila mogli è così stupido: non puoi nemmeno ricordarti i loro nomi! Ma si pensava che solo perché in India la donna è una proprietà, più ne hai e meglio è. E naturalmente a un'incarnazione di Dio deve essere concesso di avere il maggior numero di mogli possibile, per dimostrare di avere più proprietà di qualsiasi altro.
Ebbene c'è una schiavitù del corpo che si perpetua in modi diversi. Diminuisce sempre di più, ma non è del tutto scomparsa. Libertà del corpo significa che non c'è distinzione tra nero e bianco, che non c'è nessuna distinzione tra uomo e donna, che non c'è distinzione di nessun tipo per quanto riguarda i corpi. Nessuno è puro, nessuno è impuro: tutti i corpi sono uguali. Questa è la base stessa della libertà.
Poi c'è la seconda dimensione: la libertà psicologica. Ci sono pochissimi individui al mondo che sono psicologicamente liberi... infatti, se sei un musulmano non sei psicologicamente libero; se sei un hindu non sei psicologicamente libero. Tutto il nostro modo di crescere i figli è renderli schiavi, schiavi di ideologie politiche, ideologie sociali, ideologie religiose. Non diamo loro una possibilità di pensare in modo indipendente, di ricercare da soli. Noi forziamo le loro menti... ingolfiamo le loro menti con cose che, anche noi sappiamo, ma non sono sperimentate. I genitori insegnano ai figli che c'è un Dio e loro stessi non sanno niente di Dio. Dicono ai loro figli che c'è il paradiso e l'inferno e non sanno niente del paradiso e dell'inferno.
Ho sentito: è accaduto un giorno a New York, nella più grande chiesa di New York, che quando il cardinale arrivò, trovò un giovane, e si chiedeva, perplesso, se fosse un hippy o Gesù Cristo. Assomigliava a Gesù Cristo, ma Gesù Cristo non può comparire così all'improvviso! Doveva essere un hippy. Il cardinale aveva paura perché Gesù non era una sua esperienza vissuta, non poteva riconoscerlo. Si avvicinò al giovane e chiese: "Chi sei?" E il giovane disse: "Non mi riconosci? Eppure tutti i giorni mi preghi: 'Mio Signore, Gesù Cristo', e ora sono venuto e tu hai il coraggio di chiedermi: 'Chi sei?' " Il cardinale ebbe davvero Paura che forse era proprio il Signore, Gesù Cristo; assomigliava proprio a Gesù Cristo.  Ma cosa poteva fare, adesso? Non gli era mai stato insegnato, nel seminario dove aveva studiato ed era diventato cardinale, come bisognava comportarsi se Gesù Cristo fosse entrato in chiesa. Non era mai successo! Telefonò al Vaticano e chiese al papa: "Puoi consigliarmi cosa posso fare? Qui c'è un uomo; Immaginavo che fosse un hippy, ma assomiglia anche a Gesù Cristo. Gliel'ho chiesto e lui ha detto: 'Io sono il Signore Gesù Cristo'. Adesso che cosa dovrei fare?" E il papa disse: "Che cosa? Un caso del genere non è mai successo prima d'ora! Fai una cosa: prima di tutto, fai finta di essere occupato! Seconda cosa, chiama la polizia!"
Voi insegnate ai vostri figli delle cose che non conoscete. State solo condizionando le loro menti, poiché le vostre menti sono state condizionate dai vostri genitori. In questo modo la malattia continua di generazione in generazione.                                                                                                                                             La libertà psicologica sarà possibile quando ai figli verrà permesso di crescere, quando saranno aiutati a crescere con più intelletto, con più intelligenza, con più consapevolezza, con più presenza. Non deve essere dato loro alcun credo. Non deve essere insegnato alcun tipo di fede, ma occorre dare loro il maggior numero di stimoli possibile per la ricerca della verità. E bisogna ricordare ai figli, fin dall'inizio: la vostra verità, la vostra ricerca, vi libererà sicuramente; nessun'altra cosa può farlo al vostro posto. La verità non può essere presa in prestito, non può essere studiata sui libri; nessuno può darvi informazioni su di essa. Dovete acuire da soli la vostra intelligenza, in modo che possiate scrutare nell'esistenza e trovarla.
Se un bambino fosse lasciato aperto, ricettivo, vigile, e gli venisse dato lo stimolo per la ricerca, conseguirebbe la libertà psicologica. E con la libertà psicologica giunge un'immensa responsabilità. Non dovete insegnargliela; arriva come l'ombra della libertà psicologica: e lui vi ringrazierà. Altrimenti ogni figlio è arrabbiato con i suoi genitori poiché lo hanno rovinato: hanno distrutto la sua libertà, hanno condizionato la sua mente. Perfino prima che lui formulasse una qualsiasi domanda, i genitori avevano riempito la sua mente con delle risposte, che sono tutte fasulle poiché non sono basate sulla propria esperienza. Il mondo vive in una schiavitù psicologica.
 E la terza dimensione è il culmine della libertà: sapere che non sei il corpo, sapere che non sei la mente, sapere che sei solo pura consapevolezza. Questa conoscenza giunge attraverso la meditazione. Essa ti separa dal corpo, ti separa dalla mente, e al culmine ci sei solo tu come pura coscienza, come pura consapevolezza. Questa è la libertà spirituale. Queste sono le tre dimensioni base della libertà per l'individuo.
Tu hai chiesto di entrambi: l'individuale e il collettivo. Per quanto riguarda il collettivo non è affatto una necessità: solo tutti gli individui dovrebbero essere liberi, e il collettivo sarà libero. Il collettivo non ha anima, il collettivo non ha mente, il collettivo non ha perfino il corpo: è solo un nome, è solo una parola. Ma noi siamo davvero molto impressionati dalle parole, al punto da dimenticare che le parole non hanno sostanza. Il collettivo, la società, la comunità, la religione, la chiesa, sono tutte parole; non c'è nulla di reale dietro di loro.
Mi ricordo un breve racconto. In "Alice nel paese delle meraviglie", Alice sta andando al palazzo della regina. Quando arriva la regina le chiede: "Hai incontrato un messaggero sulla strada che porta al palazzo?" E la ragazzina dice: "Nessuno. Non ho incontrato nessuno". E la regina pensò a "nessuno" come a "qualcuno" pertanto chiese: "Ma allora perché questo nessuno non è ancora arrivato?" La ragazzina disse: Signora, nessuno è nessuno!" E la regina disse: "Non essere stupida! Lo capisco: nessuno deve essere nessuno, ma sarebbe dovuto arrivare prima di te. Sembra che nessuno cammini più lento di te". E Alice disse: "Questo è del tutto sbagliato: nessuno cammina più veloce di me!" E il dialogo continua in questo modo. Questo "nessuno" Diventa qualcuno in tutto il dialogo, ed è impossibile per Alice convincere la regina che nessuno è nessuno. Come convincerla? Ci prova al massimo, e quando sente che la regina dice: "Nessuno cammina più lento di te", si arrabbia: questo è troppo! Allora lei sbotta: "Nessuno cammina più veloce di me!" La regina dice: "In questo caso allora dovrebbe essere già qui!"
Il collettivo, la società, tutte queste sono solo parole. Quello che esiste davvero è l'individuo; altrimenti il Rotary Club, il Lions Club... in quel caso ci sarà un problema: quale è la libertà di un Rotary Club? Quale è la libertà del Lions Club? Questi sono solo nomi. Il collettivo è una parola molto pericolosa. Nel nome del collettivo l'individuo, il reale, è stato sempre sacrificato; sono del tutto contro di esso. Le nazioni hanno sacrificato gli individui nel nome della nazione, e "nazione" è solo una parola.
Le linee che avete tracciato sulla mappa non si trovano da nessuna parte sulla terra; sono solo un vostro gioco. Ma su quelle linee che avete tracciato sulla mappa, milioni di persone sono morte – persone reali, morte per delle linee irreali; e li rendete eroi, eroi nazionali! L'idea del collettivo deve essere eliminata completamente; altrimenti, in un modo o nell'altro, continueremo a sacrificare l'individuo. Lo abbiamo sacrificato nel nome della religione, nelle guerre religiose. Un musulmano che muore in una guerra religiosa, sa che di sicuro andrà in paradiso. I preti hanno affermato: "Se morite per la religione musulmana, allora il vostro paradiso è assolutamente sicuro, inclusi tutti i piaceri che tu abbia mai immaginato o sognato. E la persona che hai ammazzato, anche lei andrà in paradiso, poiché è stata uccisa da un musulmano; è un privilegio per lei, pertanto non sentirti in colpa se hai ucciso un uomo".
 I cristiani hanno le crociate – una guerra santa, una guerra religiosa, e uccidono migliaia di persone, bruciano vivi degli esseri umani, per che cosa? Per qualche collettività... per il cristianesimo, per il buddhismo, per l'induismo, per il comunismo, per il fascismo – lo si farà per qualsiasi cosa. Per qualsiasi parola che rappresenti una collettività, l'individuo può essere sacrificato. Per la collettività non c'è nemmeno ragione di esistere: gli individui sono sufficienti. E se gli individui hanno la libertà, sono psicologicamente liberi, sono spiritualmente liberi, di conseguenza il collettivo sarà spiritualmente libero. Il collettivo è formato da individui, e non viceversa.
 È stato detto che l'individuo è solo una parte del collettivo; ciò non è vero. L'individuo non è soltanto una parte del collettivo; il collettivo è solo una simbolica parola per degli individui che si trovano insieme. Non fanno parte di nessuna cosa; restano indipendenti. Essi restano organicamente indipendenti, non diventano delle parti. Se davvero vogliamo un mondo libero, allora dobbiamo comprendere che nel nome della collettività, sono avvenuti così tanti massacri e che ora è tempo di fermarli. Tutti i nomi collettivi dovrebbero perdere la grandezza che hanno avuto in passato. Gli individui dovrebbero avere il valore più alto.
Osho: Path of the mystic # 1