Una storia di samurai e di gatti che seguono “la Via”.
Un apologo che ci rivela un segreto… talmente evidente!
C’è una storiella
Zen molto famosa su un samurai. C’era una volta un samurai di nome Shoken.
L’uomo si trovava nei guai a causa di un topo malefico che gli girava per casa.
Il ratto era così sfrontato che usciva dal suo nascondiglio anche di giorno,
mettendo allo scompiglio ogni cosa. Shoken gli mandò contro la sua gatta, ma la
poverina non era all’altezza e, morsa dal ratto, filò via miagolando. Il
samurai si fece prestare i gatti dai vicini, felini famosi per essere
coraggiosi e abili cacciatori di topi. Lasciato in loro compagnia, il topo si
acquattò in un angolo, li osservò avvicinarsi e si scagliò furioso contro di
loro, uno dopo l’altro. I gatti, terrorizzati, batterono in ritirata.
Il padrone di casa, disperato, tentò di uccidere il topo con
le proprie mani. Gli si avvicinò brandendo la sua spada di legno, ma ogni sua
mossa, benché fosse abilissimo con la spada, si rivelò inutile. Il topo evitava
ogni colpo in maniera così perfetta che sembrava volare come un uccello o
muoversi con la rapidità del lampo. Shoken non era neppure riuscito a seguire
il suo movimento, e il topo gli era già saltato in testa. Madido di sudore e
stremato, l’uomo alla fine si arrese. Come ultima risorsa chiese a un vicino di
prestargli la sua gatta, famosa in tutto il vicinato per la sua misteriosa
virtù di abilissima cacciatrice. La gatta non aveva nulla di diverso rispetto
agli altri gatti che erano stati invitati a combattere con il ratto. In realtà
era una gatta davvero qualsiasi. Il samurai non aveva una grande opinione di
lei, ma la fece entrare nella stanza dove si trovava il topo. La gatta entrò
lenta e tranquilla, come se non vedesse nulla di strano nella stanza. Il ratto
invece, a vederla venire verso di lui, si spaventò e rimase immobile, quasi
paralizzato, in un angolo. La gatta gli si avvicinò con grande nonchalance e uscì dalla stanza
tenendolo per il collo.
Quella sera, tutti i gatti che avevano partecipato alla
caccia al topo si riunirono nella casa di Shoken e, pieni di rispetto, chiesero
all’incredibile gatta di mettersi al posto d’onore. Le fecero grandi inchini e
dissero: “Siamo tutti famosi per il nostro valore e la nostra astuzia, ma non
avevamo mai immaginato che al mondo esisteva un ratto così straordinario.
Nessuno di noi è riuscito a fargli qualcosa, finché non sei arrivata tu; e
com’è stato facile per te riuscire nell’impresa! Vorremmo tanto che ci svelassi
i tuoi segreti, ma prima lascia che ti mostriamo tutto quello che sappiamo
sull’arte di acchiappare i topi”.
Il gatto nero si fece avanti e disse: “Sono nato in una
famiglia nota per la sua abilità in quest’arte. Fin da piccolo mi sono allenato
per diventare un grande cacciatore di topi. Sono in grado di saltare ostacoli
alti più di due metri, e di farmi così piccolo da riuscire a infilarmi nelle
tane dei topi. Sono abilissimo in ogni genere di acrobazia. E anche così furbo
da far credere al topo di essere profondamente addormentato, quando invece sono
pronto a colpirlo non appena si avvicina. Anche quelli che si arrampicano sulle
travi del soffitto non riescono a sfuggirmi. La mia ritirata davanti al topo,
oggi, è stata una grande vergogna”.
La vecchia gatta disse: “Tu hai imparato le tecniche
dell’arte della caccia. La tua mente è sempre occupata a fare piani di
combattimento contro l’avversario. Gli antichi maestri hanno ideato la tecnica
per farci conoscere il metodo appropriato per compiere l’opera. Il metodo è
davvero semplice ed efficace, e riassume in sé i punti essenziali dell’arte
della caccia. Quelli che seguono il maestro non riescono a cogliere il
principio, e si preoccupano troppo di migliorare la loro abilità tecnica e
l’astuzia nel metterla in atto. Il fine viene raggiunto e l’astuzia si rivela
pienamente efficace, ma è tutto qui? L’astuzia è un’attività della mente, non
c’è dubbio, ma deve essere in armonia con la Via: quando questa viene ignorata
e lo scopo è la sola astuzia, ci si allontana dallo scopo originale… e diventa
così quasi inevitabile usare male l’astuzia. Occorre ricordarsene sempre
nell’arte della caccia”.
Il gatto tigrato si fece avanti e spiegò il suo punto di
vista come segue: “Per me, nell’arte della caccia quello che conta è lo spirito
(ki, ch’i in cinese); ho lavorato a lungo per coltivarlo e svilupparlo.
Ora posseggo uno spirito potente, capace di riempire il cielo e la terra.
Quando affronto il mio avversario, il mio spirito ardito è già sopra di lui, e
la mia vittoria è certa, prima ancora dello scontro reale. Non ho uno schema
mentale sull’uso delle tecniche, esso si dipana in maniera spontanea secondo la
situazione. Se un topo dovesse correre sulle travi del soffitto, mi limiterei a
osservarlo intensamente con tutta la forza del mio spirito e lui sicuramente
finirebbe con il cadere da quell’altezza finendo nelle mie grinfie. Ma quel
vecchio topo misterioso si muoveva senza lasciare alcuna ombra. Non riesco a
spiegarmene il perché”.
La risposta della vecchia gatta fu: “Tu sai come sfruttare
al massimo i tuoi poteri psichici, ma il fatto stesso che te ne rendi conto
lavora contro di te; la tua forte presenza psichica si oppone all’avversario,
ma tu non puoi mai essere sicuro che la tua sia più forte della sua… la
possibilità di essere battuto esiste sempre. Tu puoi sentire che la tua psiche
attiva e vigorosa può riempire l’universo, ma non è lo spirito in sé, si tratta
solo di una sua debole ombra. Può ricordare il kozen no ki di Mencius (haojan
chi ch’i), ma in realtà non è così. Il ch’i di Mencius, come sappiamo,
brilla di luce propria, e per questo motivo è pieno di vigore, mentre il tuo
acquista vigore a seconda delle condizioni. A causa di questa differenza
d’origine, si crea una differenza anche nei suoi effetti. Uno è come il grande
fiume che scorre senza sosta, l’altro è un’inondazione improvvisa dopo pesanti
piogge, che si esaurisce presto nell’incontro con un flusso più potente. Un
topo disperato spesso si rivela più forte di un gatto all’attacco. È messo alle
strette, la lotta è mortale, e la vittima disperata non riesce neppure a
desiderare di venirne fuori illesa. Il suo atteggiamento mentale gli fa
superare qualunque pericolo debba incontrare. Il suo intero essere incarna il
ch’i combattente (spirito o psiche) e nessun gatto è in grado di sconfiggere la
sua resistenza d’acciaio”.
Poi venne il turno del gatto grigio, che disse: “Come ci hai
spiegato, uno spirito, per quanto forte, è sempre accompagnato dalla sua ombra,
e il nemico approfitterà senz’altro di questa ombra, per quanto inconsistente
sia. Mi sono allenato a lungo in questo modo: non sopraffare il nemico, non
forzare la lotta, ma assumere un atteggiamento arrendevole e conciliante. Se il
nemico si rivela forte, io divento arrendevole e mi limito a seguire i suoi
movimenti. Mi muovo come una tenda che cede alla pressione di una pietra
gettatale contro. Neppure un topo molto forte riesce a trovare un modo per
sconfiggermi. Ma quello che abbiamo affrontato oggi non ha uguali, si è
rifiutato di sottomettersi al mio potere psichico, e non ha subito alcuna
tentazione di fronte alle manifestazioni della mia arrendevolezza. Era una
creatura molto misteriosa – non ho mai incontrato nessuno simile a lui”.
La vecchia gatta rispose: “Quello che tu definisci spirito
arrendevole non è in armonia con la natura, è coltivato, è un atteggiamento che
ti sei costruito interiormente. Se cerchi di utilizzarlo per sconfiggere lo
spirito impavido e aggressivo del tuo avversario, questi sarà abbastanza
sveglio da individuare anche il più piccolo segnale di titubanza che ti sfiori
la mente, e che inevitabilmente andrà a interferire con l’acutezza di
percezione e l’agilità di movimento, perché in quel frangente la natura si
sente impedita nel perseguire il suo corso originale e spontaneo. Per lasciare
che la natura dispieghi il suo modo misterioso di compiere la sua azione,
occorre rinunciare a qualunque forma di pensiero, strategia, e azione. Lascia
che la natura faccia il suo corso, lasciala agire in te così come sente, e non
ci saranno ombre, segni o tracce che ti tradiranno, e a quel punto nessuno
potrà resisterti.
Non voglio tuttavia dire che le discipline a cui vi siete
sottoposti finora siano inutili. Dopotutto la Via si manifesta attraverso i
suoi contenitori. L’abilità tecnica contiene la ragione (ri, li), il potere spirituale è operativo nel corpo, e quando è in
armonia con la natura agisce in perfetto accordo con i mutamenti della
situazione esterna. Quando uno spirito arrendevole viene utilizzato in questo
modo, mette fine alla lotta sul piano fisico ed è in grado di fermare persino
le rocce. Ma esiste una considerazione ancora più essenziale che, se
trascurata, manderà tutto all’aria. È questa: non nutrire neppure un granello
di pensiero autocosciente. Se questo è presente nella tua mente, tutti i tuoi
atti diventano trucchi della volontà personale, strategie costruite, e non sono
in conformità con la Via. In quel caso le persone si rifiutano di arrendersi e
costruiscono dentro di sé uno spirito di antagonismo.
Quando sei in uno stato
mentale noto come ‘assenza di mente’ (mushin),
agisci in unisono con la natura senza alcun bisogno di affidarti a strategie
artificiali. La Via, comunque, è al di sopra di ogni limite, e tutto questo mio
parlare è ben lontano dall’essere esaustivo, per quanto concerne la Via.
Tanti anni fa, vicino a me viveva una gatta che passava
tutto il tempo dormendo, senza mostrare alcun segno di potere spirituale;
assomigliava a una statua di legno. Nessuno l’aveva mai vista acchiappare un
topo, eppure nel suo territorio non c’era un solo topo che osava passarle
vicino. Un giorno andai a trovarla e gliene chiesi il motivo. Non mi rispose.
Per quattro volte le feci la stessa domanda, ma lei rimase in silenzio. Non è
che non volesse rispondermi, semplicemente non sapeva cosa dirmi. Così notiamo
che colui che sa, non dice una parola, mentre chi parla, in realtà non sa.
Quella vecchia gatta era dimentica non solo di se stessa, ma anche di quanto la
circondava; era nello stato spirituale più elevato, in cui non esiste più
alcuno scopo. Aveva raggiunto lo stato supremo nell’arte della caccia e non
uccideva. Non mi si può paragonare a lei neppure lontanamente. Ma anche se non
mi disse una sola parola, io ho capito il suo segreto manifesto. Sono riuscita
ad avvertire nella sua presenza il semplice fenomeno di un’ordinarietà
assolutamente straordinaria. Non c’era bisogno di altro. Se uno vive la sua
realtà ordinaria, uno vive il tao e tutto è possibile. Da allora ho vissuto in
maniera molto ordinaria. Ho dimenticato tutto quello che avevo imparato. In
realtà, sto cominciando a svanire in quanto entità separata e la natura ha
cominciato a lavorare senza interferenze. Questa è per me wei-wu-wei – azione attraverso la non-azione, questo è il mio
segreto.”
Nello Zen lo chiamano segreto manifesto. Diventare divino è
la tua natura, diventare dio è la natura di ognuno. Se non lo realizziamo, è
perché ci stiamo preparando per questo. È un fenomeno spontaneo e naturale. E
io sto cercando in tutti i modi di aiutarti a capire che non è c’è qualcosa da
fare: è qualcosa a cui devi aprirti. E di sicuro riuscirai ad acchiappare il
topo!
tratto da: Osho, The
Open Secret #18
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