sabato 28 maggio 2016

Osho: La soglia della vita attraverso il processo della morte



28 MAGGIO 2016
 
  Cosa dovrei dire sulla religione? La religione è la soglia della vita attraverso il processo della morte.

Una notte ero su una barca. La barca era grande e molti amici erano con me. Chiesi loro: “Questo fiume scorre veloce, ma dove va?”.

Qualcuno rispose: “Verso l’oceano”.

È vero che tutti i fiumi scorrono verso l’oceano; ma correndo in quella direzione non è forse vero che tutti corrono verso la propria morte? Dopotutto, i fiumi si perderanno nell’oceano. Forse è proprio per questo motivo che gli stagni non si muovono mai verso l’oceano: quale uomo saggio vorrebbe mai avvicinarsi alla propria morte? Ed è per questo stesso motivo che i cosiddetti saggi non si avvicinano alla religione: l’oceano è per il fiume ciò che la religione è per l’uomo. La spiritualità presuppone la completa perdita di se stessi nell’esistenza: quella sarà per l’ego una morte estrema. Coloro che si vogliono salvare diventano degli stagni di ego, riuscendo così a non dissolversi nell’oceano dell’essenza divina. L’inevitabile conseguenza di una fusione con l’oceano è l’assoluto annientamento del proprio sé. Ma quella morte non è una vera morte; infatti, paragonata alla vita che si ottiene come risultato dell’unione, la vita che conosciamo adesso assomiglia a una morte. E lo dico dopo essere morto io stesso!

Perché la vita Reale possa iniziare, si deve morire a questa vita fasulla.

Per armonizzarsi con l’universo sconfinato, la nostra realtà atomica deve dissolversi.

Ciò che è morte da un lato diventerà vita dall’altro.

La morte dell’ego è la nascita dell’anima: questo non è un annichilirsi, questa è la vera essenza. Chi non riesce a comprendere questa verità rimarrà deprivato della vita.

Un lago per un fiume non è vita: è la sua morte, sebbene diventando un lago potrebbe sembrare al fiume una sorta di sicurezza. E l’oceano non è la morte del fiume, è la sua stessa vita, sebbene sembri che l’oceano l’abbia inghiottito.

Un giorno Radha chiese a Krishna: “Mio Signore, questo flauto è sempre sulle tue labbra, ne sono davvero gelosa. Questo flauto di bambù riceve così tanto dal tocco sublime delle tue labbra che mi sento morire dalla gelosia. Perché è così vicino a te? Perché ti è così caro? Non faccio che pensare: vorrei essere il flauto di Krishna. E nelle prossime incarnazioni desidero soltanto essere il flauto che riposa sulle tue labbra”.

Sentendo quelle parole, Krishna rise a crepapelle e disse: “Mia amata, è difficilissimo essere un flauto. Forse non c’è nulla di più difficile; solo colui che riesce ad annullare totalmente se stesso può diventare un flauto. Questo flauto non è solo un pezzo di bambù; in realtà, è il cuore di un amante: di per sé non ha alcuna nota, ha fatto delle tonalità dell’amante la propria musica. Io canto, lui canta; se io sono in silenzio, lui è in silenzio... ragion per cui la mia vita è diventata la sua stessa vita”.

Inavvertitamente passavo di lì e per caso ho sentito questa conversazione tra Radha e Krishna. Il mistero della musica è rivelato nel mistero dell’essere un flauto: la chiave per trovare l’essere è nell’estinguersi dell’ego.

Cosa significa essere religiosi? La religiosità è la soglia della vita attraverso il processo della morte.

Osho: Crea il tuo destino

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