Un bambino mi ha chiesto: “Voglio diventare come il Buddha;
puoi mostrarmi in che modo posso raggiungere il mio ideale?”. Quel bambino era
molto vecchio... quantomeno aveva visto sessanta primavere! Ma chiunque voglia
diventa come qualcun altro è ancora un bambino, ancora non è maturato.
Non è forse un segno di maturità il fatto che una persona
desideri diventare se stessa, anziché voler diventare come gli altri? E se
qualcuno vuole diventare come qualcun altro, riuscirà mai nel suo intento?
Una persona può solo essere se stessa: è del tutto
impossibile diventare come qualcun altro.
Quando definisco quel vecchio “un bambino”, tu ridi. Ma se
analizzi un po’ più a fondo, non riderai più; anzi, piangerai, poiché scoprirai
che quella stessa mentalità infantile esiste anche dentro di te. Non vuoi forse
diventare come qualcun altro? Hai in te il coraggio e la maturità di diventare
te stesso?
Se tutti fossero maturi, il problema di tentare di seguire
qualcuno non si porrebbe. Non è forse a causa di questa mentalità infantile che
sono nati i seguaci e il leader, il discepolo e l’insegnante? E ricorda: la
mente che vuole seguire non è soltanto immatura, è anche cieca.
Ebbene, cos’ho detto a quel vecchio bambino? Gli ho detto:
“Amico, la persona che vuol diventare come qualcun altro perde se stessa. Ogni
seme contiene dentro di sé il proprio albero, ed è lo stesso in ciascun
individuo. Si può solo diventare se stessi: se una persona cerca di diventare
una qualsiasi altra cosa, è possibile che non riuscirà mai neppure a diventare
ciò che era racchiuso nel suo potenziale”.
Ricerca ciò che sei. Lì resta racchiusa la crescita in ciò
che puoi diventare! All’infuori di questo, non esiste un altro ideale
applicabile a nessuno. In nome degli ideali la gente viene deviata dal sentiero
della propria autorealizzazione, senza arrivare da nessuna parte. Dietro alle
imitazioni di questi ideali non vedo altro che suicidi, e non potrebbe essere
altrimenti!
Cosa sto facendo, quando cerco di essere come qualcun altro?
Sto uccidendo il mio stesso sé, non faccio che reprimere me stesso; e alla fine
arriverò a odiarmi. Dunque, il risultato sarà un suicidio e l’ipocrisia;
infatti, fingerò di essere ciò che non sono: sembrerò, mi atteggerò, mi
comporterò per ciò che non sono.
Non appena la dualità prende piede all’interno di una
persona, subentra anche l’ipocrisia. Ogni volta che all’interno esiste
un’autocontraddizione, quando c’è falsità, esiste qualcosa di irreligioso; ed è
più che naturale che un simile sforzo innaturale porti sofferenza, ansia e
rimorso. Perpetrate in modo strenuo, simili tensioni diventano un inferno per
le persone!
A meno che un ideale non scaturisca da una verità
autorealizzata, non sia frutto di potenzialità autorealizzate, e se quella
disciplina non segua tutto ciò come un’ombra, qualsiasi altra cosa renderà
quella persona brutta e deforme. Qualsiasi schema di comportamento, qualsiasi
disciplina o tutti gli ideali che vengano acquisiti dall’esterno, potranno solo
essere suicidi.
Pertanto ti invito a cercare in prima persona, direttamente,
e a trovare te stesso. Questa è la soglia che si apre sull’esistenza, là dove
solo coloro che trovano se stessi sono i benvenuti. Attraverso quella soglia il
divino potrà passare, ma il personaggio di Rama – colui che va in scena in una
commedia su Rama – non potrà mai entrare.
Ogni volta che qualcuno, ispirato da ideali esteriori, vuole
modellare se stesso, si comporta come il Dio Rama, rappresentato in una
commedia che narra le sue gesta: che sia un bravo o un pessimo attore, è
un’altra storia; comunque, in ultima analisi, più quella persona avrà successo,
più si ritroverà lontana da se stessa. Il successo della sua rappresentazione,
di fatto, è il fallimento del proprio essere!
Si può utilizzare Rama, il Buddha o Mahavira come maschera;
in ogni caso, chiunque si nasconda a quel modo non ha alcuna musica, né
indipendenza, bellezza o verità nella propria individualità. E l’esistenza lo
tratterà nello stesso modo in cui il re di Sparta trattò l’uomo che era
diventato così abile nell’imitare la voce dell’usignolo, al punto da
dimenticare la sua voce di uomo...
Quest’uomo era diventato famosissimo e la gente veniva da
molto lontano per ascoltarlo. Alla fine, questo cantore volle dimostrare la sua
bravura perfino di fronte al re e, dopo sforzi immani, riuscì a ottenere il
permesso di comparire davanti a lui.
Pensava che il re l’avrebbe elogiato, onorandolo con una
ricompensa. Questa sua aspettativa non era priva di fondamento, visti gli elogi
e le offerte di doni che aveva ottenuto fino a quel momento dalle altre
persone.
Ma cosa gli disse il re? Gli parlò così: “Amico mio, ho
sentito l’usignolo cantare, ma mi aspetto che tu non canti come un usignolo:
devi cantare la canzone per la quale sei venuto al mondo. Ci sono già
abbastanza usignoli che cantano le loro canzoni! Va’ ed esercitati nella tua
canzone, e quando sarai pronto, torna a trovarmi. Sarò ben contento di
accoglierti; e allora ci sarà per te anche una ricompensa ad attenderti”.
Di certo la vita non ci viene data per imitare qualcun
altro, ma per far evolvere l’albero che è nascosto all’interno del seme che
caratterizza il nostro essere. La vita non è un’imitazione, è una creazione del
tutto originale.
Osho: Crea il tuo destino
Nessun commento :
Posta un commento