Definisco “inferno” la ruota della vita: girare
continuamente in tondo lungo l’asse dell’ambizione. È la febbre dell’ambizione
che avvelena la vita; tra le malattie più serie e i disordini mentali che
l’uomo ha conosciuto non esiste malattia più grave dell’ambizione. Infatti, una
mente disturbata dai venti dell’ambizione è destinata a non avere pace, armonia
e beatitudine. Una persona simile non è a casa dentro di sé; e la pace,
l’armonia e la beatitudine sono frutti dell’essere a casa in se stessi.
Una persona che non è a casa nel proprio essere è malata;
tornerà a essere sana solo quando si sentirà a casa in se stessa.
Una giovane donna mi ha chiesto: “Qual è la causa primaria
di questa ambizione?”.
Le ho risposto: “Un complesso di inferiorità, una sensazione
di miseria”.
Di certo, un complesso di inferiorità e l’ambizione sembrano
qualcosa di opposto... ma queste cose sono davvero in contraddizione? Niente
affatto! Non sono in contraddizione; anzi, sono due estremi dello stesso
sentire: ciò che da un lato è un complesso d’inferiorità è ambizione all’altro
estremo. L’inferiorità diventa ambizione nel suo tentativo di liberarsi dal
sentirsi inferiore: è inferiorità vestita a festa! Ma anche dopo aver indossato
i suoi abiti migliori, non è eliminata, né tantomeno distrutta; forse, potrà
non essere più visibile agli altri, ma il sé non smette mai di percepirla.
Quando una persona è rivestita di indumenti, non è nuda agli occhi altrui, ma
lo resta sempre al proprio sguardo.
Ecco il motivo per cui coloro le cui conquiste ambiziose
abbagliano gli occhi della gente rimarranno comunque preoccupati dentro di sé e
continueranno a progettare successi sempre più grandi: il successo non ha
affatto distrutto il loro complesso d’inferiorità interiore. In verità, ogni
nuovo successo giunge a loro come un’altra sfida a ottenere successi ulteriori.
In questo modo, i successi che pensavano essere risolutivi si rivelano soltanto
forieri di nuovi problemi.
Questo accade sempre, ogni volta che i problemi della vita
vengono gestiti nel modo sbagliato: le soluzioni a quei problemi diventano, di
per sé, problemi più grandi.
È importante ricordare che occultare una malattia non è il
modo per sfuggirla; così i malanni non se ne vanno, vengono semplicemente
alimentati. La mente, nel suo tentativo di nascondere un complesso
d’inferiorità che inquieta, si riempie di ambizione e se ne dimentica.
È davvero facile dimenticarsi di sé nell’impeto
dell’ambizione; ragion per cui, non fa alcuna differenza che l’ambizione sia
per cose di questo mondo o per l’illuminazione: comunque l’ambizione è qualcosa
che intossica e ubriaca; quell’eccitazione porta a un profondo dimenticarsi di
se stessi.
D’altra parte, quando una persona è assuefatta a
quell’eccitazione, o a una certa dose di quella droga, non si esalta più
altrettanto facilmente; e la mente avrà bisogno di dosi sempre più forti di
eccitazione oltre che di nuovi stimolanti. Ragion per cui le ambizioni
continueranno ad aumentare: non ci sarà mai una fine a quell’orizzonte. Le
ambizioni hanno un inizio, ma non hanno alcuna fine!
E quando una persona si annoia con le ambizioni di questo
mondo, o quando la sua morte si avvicina, ecco che inizieranno ad animarsi le
cosiddette ambizioni religiose. Anche queste sono illusorie, e la realtà è che
quelle persone saranno ancor più profondamente inebriate, perché non è così
facile vedere quando si è conseguita una meta religiosa, ragion per cui si
ridurrà anche la paura di fallire.
Finché una persona cerca di tenere se stessa separata dal
suo sé autentico, soffrirà a causa della febbre dell’ambizione in un modo o
nell’altro. Nel suo lottare per essere qualcosa di diverso dal proprio sé
autentico, cercherà di coprirlo e di dimenticarlo; ma questo occultarlo potrà mai
essere un modo per liberarsene? Dimenticare qualcosa e lasciarlo perdere sono
forse la stessa cosa? No! Dimenticare un complesso d’inferiorità ed esserne
liberi non sono la stessa cosa. Dunque, questa attitudine è una risposta poco
saggia; infatti, via via che si continuerà a curare la malattia in questo modo,
il male continuerà a crescere.
Qualsiasi successo della mente ambiziosa è autodistruttivo,
perché serve come combustibile che alimenta il fuoco dell’ambizione. Si
consegue il successo, ma l’inferiorità non diminuisce; ragion per cui diventano
necessari e inevitabili successi sempre più grandi. Di fondo, questo è
l’equivalente dell’aumentare il proprio complesso d’inferiorità.
L’intera storia del genere umano è piena di simili menti
malate. Cos’altro hanno fatto Tamerlano, Alessandro Magno e Adolf Hitler? E per
favore, non sorridete a questo accenno; perché non è gentile ridere di chi è
malato. Inoltre, è sconsigliato ridere anche per un altro motivo; ovvero,
perché i germi della loro malattia sono presenti in ciascuno di noi. Noi siamo
i loro eredi: non solo gli individui, ma l’intero genere umano è malato di
ambizione; ecco perché questa malattia pandemica di proporzioni colossali
sfugge alla nostra attenzione.
Secondo me, una caratteristica imprescindibile di una buona
salute mentale è una vita libera dall’ambizione. L’ambizione è una malattia e,
pertanto, è distruttiva: le malattie si accompagnano sempre alla morte; e
l’ambizione è distruzione, è violenza, è odio che scaturisce da una mente malata;
è gelosia, è una lotta perenne che mette tutti contro tutti, è una guerra.
Perfino l’ambizione per l’illuminazione è distruttiva: è
violenza nei confronti del sé. Implica diventare nemici rispetto al proprio
stesso sé: le ambizioni mondane sono violenza contro gli altri, l’ambizione per
l’illuminazione è violenza contro se stessi. E là dove c’è ambizione, c’è
violenza; il fatto che sia estroversa o introversa è un’altra cosa. La
violenza, in qualsiasi forma o stato si presenti, è sempre distruttiva. Ecco perché
solo coloro, la cui comprensione ha origine in uno stato della mente sano e
quieto, possono essere creativi.
Una mente sana è centrata nel sé: l’impulso a essere
qualcosa di diverso non sarà presente. Nello sforzo di essere qualcosa di
diverso, l’individuo non potrà mai conoscere se stesso; e non conoscere il
proprio sé è la debolezza di fondo ed essenziale da cui nascono tutti i
complessi d’inferiorità.
Non esiste alcuna salvezza da questa debolezza, fatta
eccezione per la conoscenza di sé. E non è tramite l’ambizione, ma soltanto
attraverso la conoscenza del sé che si è liberi da questo desiderio; e perché
ciò accada, è assolutamente necessario eliminare qualsiasi ambizione dalla
mente.
Ricordo un aneddoto riferito a Tamerlano e Baizad...
Il re Baizad fu sconfitto in una battaglia e condotto di
fronte al conquistatore, Tamerlano. Vedendolo, Tamerlano scoppiò a ridere
fragorosamente; al che Baizad si sentì insultato, e con orgoglio sollevò la
testa e disse: “Tamerlano, non essere così arrogante solo perché hai vinto
questa battaglia. Ricorda: chi ride di fronte alla sconfitta altrui un giorno
dovrà piangere lacrime amare di fronte alla propria disfatta”.
Baizad aveva un solo occhio e Tamerlano aveva una sola
gamba. A quelle parole, dette da un uomo con un occhio solo, Tamerlano lo zoppo
rise di nuovo e con maggior fragore, dicendo: “Non sono così sciocco da ridere
di questa piccola vittoria. Rido delle nostre condizioni: la tua e la mia! Non
lo vedi: tu hai un occhio solo e io sono zoppo. Ridevo pensando a come mai Dio
ha concesso dei regni a te, che hai un occhio solo, e a me che ho solo una
gamba”.
Ebbene, vorrei dire a Tamerlano, che dorme nella sua tomba,
che quello non è un errore di Dio. In realtà nessuno, fatta eccezione per chi
ha un occhio solo o una sola gamba, brama tanto ardentemente un regno. E non è
forse vero che il giorno in cui la mente dell’uomo rinsavisce, non ci sono più
regni di sorta? Non è forse vero che quanti sono rinsaviti hanno sempre
rinunciato ai loro regni?
Ogni volta che l’uomo scorge dentro di sé il senso
d’inferiorità vuole scapparne via. Inizia a correre nell’esatta direzione
opposta, ed è qui che sta l’errore; infatti, quell’inferiorità non è altro che
un segno di povertà interiore.
In profondità, dentro di sé, tutti soffrono di povertà
interiore: quello stesso senso di vuoto è avvertito da chiunque. Vengono fatti
sforzi per riempire questo senso di vuoto con conquiste nel mondo esterno; ma
come si potrà mai riempire l’abisso del vuoto interiore con qualcosa accumulato
all’esterno? Ciò che è esteriore non ha la capacità di fare una cosa simile,
per la semplice ragione che si tratta di un vuoto interiore: l’esteriorità non
potrà mai colmare l’interiorità!
In fondo, tutto è all’esterno: la ricchezza, il prestigio, la
personalità, il potere, la religione, la carità, la rinuncia, il sapere, Dio,
la salvezza – ebbene, cosa c’è all’interno? All’infuori della povertà, del
vuoto e del nulla, all’interno non c’è niente. Dunque, se scappiamo per
rifuggire da quel nulla, non facciamo altro che correre lontano dal sé reale:
fuggire è scappare dall’essere essenziale, ovvero il sé.
La via non è correrne lontano, ma vivere con quel nulla.
Infatti, la persona che ha il coraggio di vivere ed essere attenta e presente
vede quel nulla colmarsi. Per costui, proprio quel vuoto si rivela
un’incredibile salvezza. In quel nulla essenziale tutto esiste. In quel vuoto
dimora l’esistenza, e quell’esistenza è divina.
Osho: Crea il tuo destino
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