Ero seduto insieme a un gruppo di persone anziane. Erano
tutti pensionati e parlavano con foga tra di loro, ma ovviamente non facevano
che discutere su questo mondo e sull’aldilà: si poteva dire che discutessero di
religione.
In un certo senso era vero, perché quelli che definiamo
testi sacri sono anch’essi pieni di questo tipo di pettegolezzi senza valore, a
tal punto che, a volte, ho la sensazione che le cosiddette sacre scritture
siano state scritte proprio da quei vecchietti!
Se mai la religione può essere qualcosa, è la vita stessa; ma
che connessione potrà mai avere tutto questo con delle teorie inutili? Se mai
la religione può essere qualcosa, è la scoperta della propria vera essenza; ma
che connessione potrà mai esserci con questi inutili pettegolezzi?
Eppure le scritture sono tutte piene di parole, e le menti
delle cosiddette persone religiose non fanno che arrampicarsi sui vetri con i
loro sogni. I testi sacri e i loro insegnamenti non permettono alla vera
religione alcun passaggio, le impediscono di entrare nelle loro menti.
In cosa consiste una mente religiosa?
La mia definizione di una mente religiosa è questa: una
mente libera da ogni sorta di parole, insegnamenti e pensieri. Una mente
religiosa non è una mente immaginifica; al contrario, non esiste nessun’altra
forma di comprensione che sia più terrena e che abbia una base altrettanto
solida nella verità.
Mentre mi divertivo ad ascoltare la conversazione di quei
vecchietti, un santo passò di lì. In quel momento quegli uomini stavano
discutendo su come una persona può ottenere la salvezza: quali sono gli sforzi
che deve compiere, e quante incarnazioni occorrono. Anche il santo si buttò a
capofitto in questa discussione: senza dubbio, nessuno più di lui aveva maggior
diritto a dire la sua, pertanto la sua voce si levò alta, sopra tutte le altre.
Ciascuno cercava sostegno nei testi sacri per rafforzare la
propria opinione, ma nessuno era pronto ad ascoltare o ad accettare il punto di
vista di qualcun altro. Un vecchio era dell’opinione che la salvezza si
conquisti dopo aver vissuto centinaia di incarnazioni all’insegna della
penitenza più severa. Un altro pensava che non fosse affatto necessario, visto
che la salvezza giunge unicamente per grazia divina. Un terzo disse che non si
poneva il problema di trascendere il proprio essere indegni, poiché quello
stato di indegnità era un’illusione: bastava un lampo di vera comprensione per
farlo semplicemente dissolvere, così come accade quando ci si immagina un
serpente, vedendo una corda.
A un certo punto, qualcuno mi chiese: “Cosa ne pensi, tu?”.
Cosa avrei potuto dire? Mi ero tenuto nascosto in un angolo,
per evitare che qualcuno si accorgesse di me. Fino a quel momento non avevo
alcuna conoscenza dei testi sacri, fortunatamente: non avevo mai fatto l’errore
di percorrere quella strada; pertanto, anche quando mi fu chiesto, rimasi
zitto. Ma, poco dopo, qualcun altro tornò a chiedermi: “Perché non dici
qualcosa?”.
Anche se avessi voluto dire qualcosa, che cosa avrei potuto
dire? Erano così in tanti a parlare, io ero l’unico che ascoltava; dunque,
anche allora rimasi zitto. Forse fu proprio il mio silenzio che iniziò a
parlare, perché alla fine l’attenzione di tutte quelle persone si focalizzò su
di me. Forse erano tutti stanchi e cercavano una pausa.
Fui preso in trappola e dovetti dire qualcosa. Per cui
raccontai loro una storia...
In un villaggio c’era questa usanza: quando un giovane si
sposava, lui o la sua famiglia doveva spendere come minimo cinquemila rupie
nella festa di nozze. Il villaggio era molto ricco e nessun matrimonio era mai
stato celebrato al di sotto di quella somma; la cosa era addirittura riportata
nei loro testi sacri: nessuno aveva mai letto quelle scritture, ma questo era
ciò che il prete del villaggio aveva detto loro. E chi poteva mai mettere in
dubbio il prete? Quei testi erano stati scritti in un dialetto locale del
passato, e lui li ricordava tutti a memoria; inoltre, nessuno li aveva mai
messi in discussione o confutati. Ciò che vi era scritto era la verità: quale
autorità superiore poteva mai esistere? Se qualcosa è racchiuso nei testi
sacri, è una garanzia che si tratta di verità.
Ma accadde che in un’occasione un giovane e sua moglie
celebrassero un matrimonio pagando solo cinquecento rupie. Di certo questo
giovane doveva essere un vero rivoluzionario, altrimenti come avrebbe mai
potuto osare tanto?
Gli abitanti del villaggio gli chiesero quante rupie aveva
speso, e lui rispose: “Cinquecento!”.
Al che il gruppo di anziani che governava il villaggio, il
panchayat, si riunì e gli disse: “La cosa è fondamentalmente sbagliata, un
matrimonio non si può celebrare al di sotto delle cinquemila rupie”. Il giovane
rise e disse: “La cosa per me non significa nulla... voi potete continuare a
discutere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Io ho ormai sposato mia moglie e
sono felice così!”. E dopo aver detto queste parole, il giovane se ne tornò a
casa sua.
Anch’io mi alzai e dissi a quei vecchietti: “Addio, amici
miei, continuate pure a discutere... adesso per me è tempo di andarmene!”.
Osho: Crea il tuo destino
Nessun commento :
Posta un commento