Religione, religione, religione! Si parla così tanto di
religione, ma che dire dei risultati?
Non faccio che sentire gente che cita i testi sacri, ma con
quali risultati? L’essere umano è ancora immerso nella sofferenza e
nell’infelicità e noi non facciamo che ripetere i dogmi che ci sono stati
insegnati. La vita non fa che degradarsi sempre di più verso qualcosa di
animale; eppure, eccoci qui a pregare come sempre, in templi fatti di pietra.
Forse siamo così coinvolti nelle parole, in parole del tutto
prive di vita, che abbiamo perso ogni potere di vedere la verità. Le nostre
menti sono così invischiate nei testi sacri che abbiamo perso il potere di
scoprire noi stessi. E forse è questo il motivo per cui esiste un abisso
incolmabile tra il pensiero e l’azione. E forse, per lo stesso motivo,
continuiamo a vivere in modo esattamente opposto a ciò che diciamo di volere
fermamente. E la cosa sorprendente è che questa contraddizione non è neppure
notata, da nessuno di noi!
Non siamo forse diventati ciechi, sebbene i nostri occhi non
soffrano di alcuna menomazione?
Ho riflettuto su
questo stato di
cose e ho scoperto che sono proprio quelle stesse
verità – verità che non sono state scoperte in prima persona – che ci stanno
trascinando in un simile stato confusionale. La verità, se viene scoperta
individualmente, conduce alla libertà; se non è frutto del proprio sé, non fa
che legare in vincoli ancora più stretti.
Non esiste falsità maggiore delle verità che vengono
insegnate dagli altri. Simili verità prese in prestito non faranno che produrre
serie complicazioni foriere di guai nella vita della gente.
C’era una volta un pappagallo ammaestrato che viveva in una
taverna sulla collina.
Quel pappagallo non faceva che ripetere, giorno e notte, ciò
che il padrone gli aveva insegnato; per cui gracchiava incessantemente:
“Libertà, libertà, libertà!”.
Un viandante arrivò a quella taverna per la prima volta, e
si fermò per la notte. Le parole del pappagallo lo toccarono profondamente:
diverse volte era stato arrestato nella sua lotta per conquistare la libertà
del suo Paese, e quando il pappagallo, rompendo il silenzio perenne di quelle
colline, strillava: “Libertà, libertà, libertà!”, un’eco profonda risuonava nel
cuore di quell’uomo.
Si ricordava i giorni della sua prigionia, e si rammentava
che anche il suo essere interiore era solito urlare proprio nello stesso modo:
“Libertà, libertà, libertà!”.
Al calar della notte, il viaggiatore si alzò e cercò di
liberare il pappagallo, che ancora ripeteva il suo richiamo: lo fece uscire
dalla gabbia, ma l’animale oppose una strenua resistenza. Stranamente, non fece
che aggrapparsi saldamente alle sbarre della gabbia; pur continuando a urlare
con voce sempre più alta: “Libertà, libertà, libertà!”.
Con gran difficoltà, il viaggiatore alla fine riuscì a tirar
fuori il pappagallo. E dopo averlo lasciato volare libero nell’aria, finalmente
si addormentò.
Ma il mattino dopo, quando si svegliò, vide che il
pappagallo era felicemente appollaiato dentro la gabbia, e strillava: “Libertà,
libertà, libertà!”.
Osho: Crea il tuo destino
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