Qual è il fattore essenziale nella ricerca della verità?
Io dico che è il coraggio: il coraggio di scoprire il
proprio sé autentico. Conoscere se stessi per ciò che si è, questa è la cosa
più essenziale! È difficilissimo, ma senza quello non potrà mai esserci alcuna
comprensione della verità.
Quale impresa più ardua potrà mai esserci dell’arrivare a
conoscere se stessi, liberi da qualsiasi velo, nella nostra più completa
nudità? D’altra parte, questo è il prezzo che si deve pagare per conseguire il
Vero. Solo a quel punto nell’uomo ha inizio l’aspirazione alla verità.
Essere veri rispetto al proprio essere è in sé una
manifestazione di un’intensa sete di verità. Come potrà mai chi è fortemente
aggrappato alla sponda della menzogna guidare la propria barca nell’oceano
della verità? La sponda della menzogna dovrà essere lasciata alle proprie
spalle; proprio quella sponda è un ostacolo al viaggio verso il Vero. È proprio
quella sponda il legame, la schiavitù che vincola. Certo, esiste una sicurezza
su quella sponda, ed è quel desiderio di sicurezza che lega saldamente alla
falsità.
Nel nostro viaggio verso la verità non dovrebbe esistere
alcuna propensione, nessun amore per la sicurezza. Anzi, dev’esserci un
coraggio indomito per l’avventura, la determinazione ad addentrarsi
nell’ignoto; chi non possiede il coraggio dell’insicurezza non potrà mai
scoprire l’ignoto. Se non si accetta la sfida data dal vivere nell’insicurezza,
nessuno potrà mai togliere e gettar via le proprie maschere false e le proprie
finzioni, né potrà essere libero dai pregiudizi che ha adottato per sentirsi
più sicuro.
Non è forse in nome della sicurezza che ci presentiamo per
ciò che non siamo? Tutte le nostre qualifiche non sono forse strategie che
aiutano a sentirsi sicuri? E cosa sono mai le nostre civiltà e le nostre
culture? La persona tronfia si atteggia a umile, la persona avida si veste come
chi ha rinunciato a tutto, chi sfrutta si compiace nel fare la carità,
l’assassino si abbandona alla retorica della pace, e le menti cariche di odio
parlano il linguaggio dell’amore.
Questo autoinganno è cosa facilissima: quando mai recitare
in uno spettacolo teatrale è stato difficile? Al mercato delle contraffazioni
giocattoli attraenti sono stati sempre venduti a buon prezzo; ma ricorda: ciò
che a prima vista sembra conveniente si rivela costosissimo sulle lunghe distanze.
Infatti, chi si nasconde dietro simili trastulli si allontana sempre di più
dalla realtà; tra quella persona e la realtà si crea un baratro incolmabile,
perché la sua identità vive nella perenne paura di perdere la propria facciata.
Quella persona continua a nascondersi senza sosta dietro a un numero sempre più
grande di maschere e di orpelli.
La falsità non si muove mai da sola: è affiancata dai suoi
eserciti che la proteggono; la rete dell’autoinganno è talmente fitta e la
paura che l’avvolge così stringente che diventa impossibile levare gli occhi
verso ciò che è al di là di noi. E come potrà mai una persona che soffre per la
paura di perdere la propria maschera falsa, raccogliere forza a sufficienza per
sollevare il velo della verità? Una simile forza si trova solo se si ha il
coraggio di abbandonare tutte le nostre illusioni: una mente intimorita è
nemica della percezione del Vero.
Ebbene, chi è il vero amico in questa situazione? L’assenza
di paura è l’amico, e una mente impavida è ottenuta solo da chi si può ergere
nudo di fronte alla verità di se stesso, e che diventa così libero dalla paura.
Se continui a nascondere dietro a delle maschere la verità di ciò che sei, la
paura continua ad aumentare e l’essere interiore diventa del tutto impotente.
D’altra parte, se sveli te stesso e osservi, ecco che la paura è dissolta nella
luce di quella comprensione e tu scopri una sorgente di energia nuova e
diversa.
È questo ciò che io chiamo coraggio: il potere di svelare il
sé e di riconoscerlo. Questo è coraggio, ed è qualcosa di inevitabile nel
conseguimento della verità. Questo è il primo passo verso l’essenza divina.
Si narra una storia molto interessante...
Un giovane raggiunse la dimora del rishi Haridrumat Gautama.
Voleva conoscere la verità; desiderava ardentemente conoscere il Brahman,
l’Assoluto. Appoggiò la testa ai piedi del rishi e disse: “O Maestro, sono
venuto alla ricerca della verità; sii generoso con me e insegnami questa
conoscenza: sono cieco e desidero la luce”.
Il nome di quel giovane era Satyakama.
Il veggente gli chiese: “Figlio mio, qual è la tua
discendenza? Chi è tuo padre, come si chiama?”.
Questo giovane non conosceva suo padre, né sapeva qualcosa
del suo lignaggio, per cui tornò dalla madre e glielo chiese; poi si ripresentò
e ripeté al veggente ciò che la madre gli aveva detto. Queste furono le sue parole: “O Maestro, non conosco il
mio lignaggio; né conosco
mio padre. Neppure mia madre ha
saputo dirmi chi era mio padre; quando gliel’ho chiesto, mi ha detto che in
gioventù si è unita a moltissime persone rispettabili, ed era solita fare tutto
ciò che poteva per dare loro
piacere. Dunque, non sa
da chi discendo. Il nome di mia
madre è Jabali; dunque, io sono Satyakama Jabal. Ecco cosa mi ha chiesto di riferirti”.
Haridrumat fu profondamente colpito dalla semplice sincerità
di questo racconto. Abbracciò il giovane e disse: “Figlio mio carissimo, tu sei
definitivamente un brahmano. Una simile fiducia nella verità è l’essenza di ciò
che significa essere un saggio. Anche tu di certo scoprirai il Brahman, perché
sarà la verità a bussare alla porta di chiunque abbia il coraggio di
fronteggiare la verità di ciò che egli è”.
Osho: Crea il tuo destino
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