15/07/2018
“Un po’ di follia, quel tanto che basta per godersi la vita,
e
un po’ di saggezza per evitare gli errori: questo basta.”
A more, meditazione, sonno: nulla per te è totale. Mentre
svolgi le tue
attività non sei totale, perché se lo fossi, arriverebbe un
momento in cui
perderesti te stesso. Perdere te stesso è diventato il
problema; non riesci a
perderti, non riesci a rilassarti, devi fare per forza
qualcosa. Così vai nell’orto
a scavare una buca, ma non lo fai con totalità. Se fossi
davvero totale,
dimenticheresti completamente te stesso, la tua percezione
di te svanirebbe.
Mentre scavi sei cosciente di ogni cosa, degli alberi, dei
raggi del sole, della
brezza che soffia, degli uccelli che cantano, della tua
attività – scavare la
buca, la terra – di tutto sei consapevole, tranne che di te
stesso. Se diventassi
consapevole di te stesso, in quel preciso momento avresti
una sensazione
orgasmica: è come l’amore profondo, è come il sonno, è come
la morte. Ne
uscirai totalmente diverso e nuovo.
Se non ti lasci andare, la vita non ti può accadere perché
accade attraverso
quel passaggio in cui tu non esisti. Quando non sei
d’intralcio, allora la vita
accade e ti senti appagato.
Se sei appagato, non hai alcuna paura della morte. Se hai
conosciuto
realmente la vita e l’hai goduta, la morte non è la fine di
tutto; la morte è il
culmine, la vetta, il picco del lasciarsi andare. Se hai
vissuto nel modo giusto
e pienamente, la morte è la più grande delle beatitudini,
perché è il lasciarsi
andare più profondo. Più intenso e totale è il tuo
abbandono, maggiore è la
beatitudine. Questa è la regola, questa è la legge.
Che fare dunque? Se vuoi vivere, permetti anche la morte.
La morte non è qualcosa che succede alla fine della vita; è
un processo.
Hai cominciato a morire il giorno in cui sei nato. Non ci
sono la vita da una
parte e la morte dall’altra, la vita adesso e la morte in
futuro, no. Non le puoi
dividere, vanno insieme, è inevitabile. La vita è morte: nel
giorno in cui sei
nato, in quello stesso giorno hai cominciato a morire. E se
eviti la morte, eviti
anche la vita.
Inspiri, è la vita; espiri, è la morte. La mattina ti alzi,
è la vita; la sera vai
a dormire, è la morte. Lavori, agisci, è la vita; ti
rilassi, è la morte. È un
processo continuo, è presente in ogni momento. E se eviti la
morte eviterai
anche la vita. Se non vuoi espirare profondamente, quanto
profondamente
potrai inspirare? Se non ti vuoi rilassare, quanto attivo
potrai essere? Non
avrai l’energia necessaria per farlo.
Quando comprendi che la vita implica la morte, che ogni atto
di vita è
anche un atto di morte, la vita perde la sua seriosità,
diventa puro
divertimento, perché è seriosa a causa della paura della
morte. A causa di
questa paura non puoi ridere a crepapelle, non puoi godere
la vita, non puoi
fare niente. La morte è sempre dietro l’angolo, simile a
un’ombra nera che ti
segue e non ti lascia fare nulla. Così diventi serio, ti
metti a pensare come
diventare immortale, ti metti alla ricerca dell’immortalità,
del segreto
dell’elisir di lunga vita.
Sono tutte ricerche insulse, non sono ricerche autentiche.
Non esistono
elisir chimici, alchemici, ambrosia, no. Il segreto sta nel
vedere che vita e
morte sono un unico processo. Lo sono, sono un unico
fenomeno. E allora
non proverai più paura, anzi, sarai grato alla morte perché
la vita diventa
possibile solo grazie alla morte. Attraverso la morte tutto
si rinnova.
Osserva il fiore che è sbocciato stamattina… è proprio
accanto a una
pietra. Stasera il fiore non ci sarà più, ma la pietra sarà
ancora lì, perché il
fiore ha più vitalità della pietra. Cosa ti piacerebbe?
Essere simile alla pietra o
simile al fiore?
Come mai il fiore muore tanto in fretta? Perché vive con
intensità e la
morte arriva in fretta, non si attarda. Il fiore ha danzato
sotto il cielo, si è
goduto i raggi del sole e la brezza, ha fatto tutto quel che
andava fatto e la
sera è pronto a morire, senza una lacrima, senza piangere o
lagnarsi. Il fiore è
appagato, e finalmente arriva il momento di riposare. E
quando il riposo sarà
terminato, il fiore ritornerà, volta dopo volta…
La vita è un eterno ritorno, la morte è solo un riposo. Non
devi
preoccupartene; tu vivi e basta.
Se vivi non sarai serioso. Se temi la morte, allora diventi
serio. Un uomo
che ama la vita è sincero, autentico, mai serioso. La vita
non è una malattia.
Se pensi alla morte e ne sei ossessionato, la vita diventa
seria e avrai la faccia
triste. Puoi andare in un monastero, in un tempio o
sull’Himalaya, rimarrai
triste comunque e sarà la paura a portarti al monastero.
Ricorda, una persona autenticamente religiosa non vive di
paura, ma
d’amore. Una persona autenticamente religiosa si gode la
vita in maniera
profonda e totale. Non ha paura. Un uomo davvero religioso
considera la vita
come un gioco. Non è un lavoro, è un gioco.
La vita è un momento per celebrare, per gioire. Osservala.
Noti della
tristezza da qualche parte? Hai mai visto un albero
depresso? Hai mai visto
un uccello angosciato? Hai mai incontrato un animale
nevrotico? Soltanto
l’uomo ha imboccato la strada sbagliata e l’ha fatto perché
si crede saggio e
intelligente.
La tua intelligenza è la tua malattia. Non essere troppo
saggio. Ricordati
sempre di fermarti, di non spingerti fino al limite. Un po’
di stupidità e un po’
di saggezza vanno bene, è la combinazione dei due che fa di
te un Buddha.
Non limitarti al solo essere saggio o finirai con l’essere
sempre triste; e non
essere solo folle, o finirai con il deprimerti. Un po’ di
follia, quel tanto che
basta per godersi la vita, e un po’ di saggezza per evitare
gli errori: questo
basta.
Si deve conoscere la combinazione giusta e la combinazione
giusta è
sempre diversa, da individuo a individuo. La combinazione
giusta per me può
non esserlo per te, nessuno è un modello per qualcun altro.
Devi trovare il tuo
equilibrio perché ognuno è unico.
Ma ricorda sempre di non distruggere del tutto la tua
follia, perché in
alcuni momenti essere folli significa essere saggi.
Osho: Returning
to the Source, CAP. 10
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