L’uomo dello Zen è molto ordinario, straordinariamente
ordinario. È ordinario al punto che, incontrandolo, è assai probabile che tu
non sia in grado di riconoscerlo. Vive esattamente come te, mangia come te,
dorme come te. In ogni modo possibile, è proprio come te. Per quanto riguarda
l’aspetto esteriore, non è per nulla diverso da te.
Una differenza certamente esiste, ma è una differenza
interiore. Ha una visione interiore, ha chiarezza. Ci vede, mentre tu sei
cieco. È sveglio, e tu dormi. Tu sei ubriaco: ubriaco di avidità, ubriaco di
cupidigia, ubriaco di rabbia, ambizione, ego.
L’uomo dello Zen semplicemente non è ubriaco, è sobrio.
Cammina consapevolmente, siede consapevolmente: ‘Cammina nello Zen, siede nello
Zen’. Non è speciale, in alcun modo. Non assomiglia agli altri cosiddetti
santi. Non si stende su un letto di spine, o un letto di chiodi, non si mette a
testa in giù. Non è stupido, né esibizionista. Non va in giro nudo per la
strada. Non è matto, non è nevrotico! Vive in maniera molto ordinaria, molto
normale.
È per questo che riconoscere l’uomo dello Zen è la cosa più
difficile. Riconoscere un santo che cammina sull’acqua è facile: palesemente,
il suo essere speciale è ovvio. Ma l’uomo dello Zen non cammina sull’acqua. Non
fa miracoli. Non si dedica ai vani giochi dell’ego. Non è un ego, non è neppure
una persona. È solo una presenza, una non-entità. È un nulla assoluto. Solo
quando è un nulla assoluto, un individuo è ricco di consapevolezza. Qualunque
cosa faccia, la fa con totalità. Solo un uomo che non è ubriaco agisce con
totalità. In caso contrario, si rimane parziali, solo una parte si mette
all’opera e contemporaneamente altre parti possono esserle antagoniste, essere
distruttive. Puoi creare qualcosa con una mano e distruggerla con l’altra. Un
ubriaco non sa dove sta andando. Pensa di essere sulla via giusta, ma è
soltanto un sogno.
L’uomo dello Zen è consapevole in modo assoluto – senza
avidità, rabbia, gelosia, ambizione. Queste sono tutte droghe: ti mantengono in
uno stato di sonno. È un miracolo che tu riesca a barcamenarti con così tanti
veleni che ti scorrono nel sangue, e nel tuo stesso essere. Questa è l’unica
differenza, altrimenti, da fuori, non riuscirai a capirlo. Ci sono dei
cosiddetti santi che creano differenze esteriori perché interiormente non ci
sono differenze. Se ne stanno in piedi nudi, torturano i loro corpi, si mettono
a digiunare. Devono contorcere i loro corpi, maltrattarli. Devono fare qualcosa
che li rende speciali rispetto a te, ‘più santi di te’.
Un uomo dello Zen non è ‘più santo di te’. Non pensa
assolutamente di essere più evoluto di te. Vive la sua natura, in semplicità.
Yoka dice: “L’uomo dello Zen procede in solitudine”.
Questa è la sua prima caratteristica. Non appartiene a una
psicologia di massa. Non è indù, non è musulmano, non è cristiano, non è ebreo.
Non è indiano, non è giapponese, non è cinese – non può esserlo. Non appartiene
ad alcun gruppo. È solo. È un ribelle. Vive seguendo la propria luce. Non segue
né imita qualcuno. Ha raggiunto la sua meta.
Qual è la meta? La meta non è da qualche parte fuori di te.
Non è laggiù, remota come una stella: è dentro di te, è la tua interiorità.
Egli è entrato nella sua interiorità. E l’uomo che ha raggiunto la sua meta…
… può giocare lungo la via che conduce al Nirvana.
È giocoso, non è serio. Non può essere serio, la vita nel
suo complesso è un gioco divino, leela,
ed egli ne è una parte. Sta semplicemente recitando il suo ruolo. Recita il suo
ruolo nel migliore dei modi, nella maniera più perfetta possibile, ma sa che il
mondo è un grande palcoscenico, una grandiosa rappresentazione teatrale – ma
nulla più. Quindi non lo prende sul serio.
L’uomo dello Zen è gentile per natura e armonioso.
Non finge di essere speciale, è gentile per natura. È molto
umano, completamente umano. La sua umanità è magnifica, intensa, assoluta. Non
avanza pretese di sacralità – e poiché non ha pretese, è sacro. È armonioso.
Non è diviso interiormente, non è costantemente impegnato in una guerra civile.
È una melodia, una musica. Se siedi al suo fianco sarai in grado di sentire
quella musica.
Proprio l’altro giorno mi è stato chiesto: “Osho, ogni volta
che mi avvicino a te sento un profumo particolare. Che profumo è?”. Io non uso
profumi – non posso. Chi l’ha chiesto è un medico, lo sa che sono allergico… la
domanda per lui ha dunque maggiore pertinenza. E dice di sentire sempre lo
stesso profumo quando si trova vicino a me. Quella fragranza non ha nulla a che
vedere con un profumo. È la fragranza dell’armonia, è la musica. Si esprime in
molti modi. A volte la puoi udire come un suono silenzioso, un mormorio, il
vento che soffia tra i pini, o il suono dell’acqua che scorre. La sentirai
anche come una musica, e qualche altra volta ti arriverà come un odore, una
fragranza profumata. Oppure la vedrai nella forma di aura, una luce, molto
misteriosa.
Ma l’uomo dello Zen vive semplicemente in armonia, ed è
dall’armonia che prendono forma tutte queste cose. Il suo spirito è semplice,
pulito, puro e sincero. Il suo Zen, che nessuno vede, è un tesoro di
incommensurabile valore.
Puoi vedere il suo corpo, non puoi vedere il suo Zen. Non
puoi vedere la qualità meditativa del suo essere, non puoi vedere la sua
consapevolezza, a meno che anche tu non diventi consapevole. Puoi conoscere
solo quello di cui hai avuto esperienza.
È una benedizione per te l’essere in grado di sentire un
certo profumo. Significa che hai raggiunto una certa profondità, una certa
elevatezza nel tuo essere.
Il suo Zen, che nessuno vede, è un tesoro dal valore
incommensurabile. Il suo gioiello, unico e di incalcolabile valore, non cambia
mai, in qualunque modo lo si usi. E gli altri ne possono godere i benefici
liberamente, in tutte le occasioni.
L’uomo dello Zen trabocca sempre di gioia. Tu ne puoi
favorire. È uno che dà: dona letizia, dona gioia, dona bellezza, dona verità.
Irradia verità, irradia il divino, ma in profondo silenzio… senza alcuna
dichiarazione. Riversa incessantemente le sue benedizioni nell’esistenza. È una
benedizione per il mondo.
tratto da: Osho, Walking in Zen, Sitting in Zen # 4
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