Le qualità di una persona matura sono molto strane.
Prima di tutto, non è una persona. Non è più un ‘sé’; ha una
presenza, ma non è una persona.
In secondo luogo, è come un bambino, semplice e innocente.
Ecco perché ho detto che le qualità di una persona matura
sono molto strane: grazie alla sua maturità questa persona dà la sensazione di
essere ricca di esperienza, di avere già una certa età. In realtà anche se
fisicamente può essere anziana, spiritualmente è come un bambino innocente. La
sua maturità non è solo l’esperienza che si ottiene nel corso della vita. In
quel caso non sarebbe come un bambino e non avrebbe una presenza; sarebbe solo
una persona di esperienza, una persona che sa, non una matura.
La maturità non ha nulla a che fare con le esperienze della
vita. Ha invece una relazione con il tuo viaggio interiore, con le esperienze
della tua interiorità.
Più vai all’interno di te stesso, e più sei maturo. Quando
hai raggiunto il centro stesso del tuo essere, sei perfettamente maturo. Ma in
quel momento la persona scompare e rimane solo la presenza.
Il sé scompare, e resta solo il silenzio.
La conoscenza scompare, e resta solo l’innocenza.
Per me, maturità è un altro nome per realizzazione: sei
arrivato alla piena attuazione del tuo potenziale, esso si è concretizzato. Il
seme ha percorso un lungo cammino, e ora è arrivato a fioritura.
La maturità dà all’individuo una fragranza e una bellezza
straordinarie. Gli dà intelligenza, la più acuta possibile. Egli diventa tutto
amore: il suo agire è amore, il suo non agire è amore; la sua vita è amore e
così anche la sua morte. È la fioritura dell’amore.
La definizione occidentale di maturità è infantile. Con
maturità in Occidente s’intende che non sei più innocente, che sei passato
attraverso le varie esperienze della vita, che non puoi essere facilmente
imbrogliato o sfruttato, che dentro di te c’è qualcosa che assomiglia a una
solida roccia – una protezione, una sicurezza.
Questa definizione è molto banale, mondana. Certo, al mondo
trovi persone mature di questo tipo. Ma io vedo la maturità in un modo
completamente diverso, anzi diametralmente opposto a questo: la maturità non ti
farà diventare una roccia; ti renderà vulnerabile, tenero, semplice.
Mi viene in mente una storia… Un ladro entrò nella capanna
di un maestro. Era una notte di luna piena, ed era entrato in questa capanna
per errore – infatti, cosa puoi trovare nella casa di un maestro? Il ladro si
mise a cercare, sorpreso di non trovare nulla. Poi all’improvviso vide un uomo
che stava arrivando con in mano una candela.
L’uomo disse: “Cosa cerchi al buio? Perché non mi hai
svegliato? Stavo dormendo vicino alla porta d’ingresso, e ti avrei potuto
mostrare tutta la casa”. Quest’uomo aveva un’aria semplice e innocente, come se
non potesse nemmeno concepire che qualcuno potesse essere un ladro.
Davanti a questa semplicità e innocenza, il ladro dovette
confessare: “Forse non sai che sono un ladro”.
Il maestro replicò: “Non importa, uno deve pur essere
qualcosa. Il punto è che io ho vissuto in questa casa per trent’anni e non ho
trovato nulla, quindi cerchiamo insieme! E se troviamo qualcosa, possiamo
essere soci. Io non ho trovato nulla in questa casa – è completamente vuota.”.
Il ladro era un po’ spaventato – quest’uomo sembra essere
proprio strano. Sarà matto o… chissà che tipo d’uomo è? Pensò di scappar via,
perché aveva con sé cose prese in altre due case, e che aveva lasciato
all’esterno di questa casa.
Il maestro aveva una coperta – era tutto ciò che possedeva –
ed era una notte fredda, così disse al ladro: “Non andare via così, non
insultarmi a questo modo, altrimenti non potrò mai perdonarmelo: un pover’uomo
viene a casa mia nel cuore della notte e se ne va via a mani vuote. Prendi
questa coperta, fuori è così freddo. Io sono dentro la casa e qui è più caldo”.
Avvolse il ladro nella coperta. Il ladro era sul punto di
perdere la testa! Disse: “Ma che fai? Sono un ladro!”
Il maestro disse: “Non importa. A questo mondo tutti devono
essere qualcuno, fare qualcosa: tu rubi; non importa, un mestiere è un
mestiere. Fallo bene, e con la mia benedizione. Fallo in modo perfetto, senza
farti prendere; altrimenti ti troverai nei pasticci”.
Il ladro replicò: “Sei proprio strano. Sei nudo e non hai
nulla!”
Il maestro disse: “Non preoccuparti, perché io verrò con te!
Era solo per via di questa coperta che restavo nella casa, altrimenti in questa
casa non c’è nulla – e la coperta l’ho data a te. Verrò con te, e vivremo
insieme. Mi sembra che tu abbia molte cose; sarà una buona alleanza. Io ti ho
dato tutto ciò che avevo. Tu puoi darmi qualcosa; è giusto”.
Il ladro non poteva crederci! Voleva solo scappare da quel
posto e da quell’uomo. Disse: “No, non posso portarti con me. Ho una moglie,
dei bambini, e i vicini diranno: ‘Hai portato qui un uomo nudo!’”.
Il maestro replicò: “Hai ragione. Non voglio metterti in una
situazione imbarazzante. Puoi andare, io rimarrò in questa casa”. Ma mentre il
ladro se ne stava andando, il maestro gridò: “Ehi, torna indietro!”. Il ladro
non aveva mai sentito una voce così potente che penetrava in lui come una lama.
Dovette tornare indietro. Il maestro allora disse: “Impara un po’ di
educazione. Ti ho dato la coperta e tu non mi hai nemmeno ringraziato. Prima di
andare, ringraziami; ti sarà di grande aiuto. E poi quando esci – quando sei
entrato hai aperto la porta – chiudi la porta! La notte è fredda, e non vedi
che ti ho dato la coperta e sono nudo? Che sei un ladro va benissimo, ma
riguardo alle buone maniere, sono una persona difficile. Non posso tollerare un
comportamento di questo genere. Di’ grazie!”.
Il ladro fu costretto a ringraziarlo, e poi chiuse la porta
e fuggì. Non poteva crederci! Per tutta la notte non riuscì a dormire.
Continuava a ricordarsi di quella voce potente, una voce che non aveva mai
sentito prima. E quell’uomo non possedeva nulla!
Il giorno dopo chiese in giro e scoprì che quello era un
grande maestro. Ciò che aveva fatto era male; era una cosa davvero brutta
andare da quel pover’uomo che non aveva nulla; eppure era un grande maestro.
Il ladro disse: “Lo capisco anch’io che è un uomo molto
strano. In tutta la mia vita sono venuto a contatto con persone di ogni genere,
dai più poveri ai più ricchi, ma mai… anche solo pensando a lui, mi vengono i
brividi.
Quando mi ha richiamato, non sono riuscito a fuggire. Ero
libero, avrei potuto prendere le mie cose e andarmene, ma non ho potuto. C’era
qualcosa nella sua voce che mi ha fatto tornare indietro”.
Alcuni mesi dopo, il ladro fu catturato, e in tribunale il
magistrato gli chiese: “C’è qualcuno che ti conosce in questa zona?”
Rispose: “Sì, c’è una persona che mi conosce,” e diede il
nome del maestro.
Il magistrato affermò: “È sufficiente; chiamate il maestro.
La sua testimonianza vale quella di diecimila persone. Ciò che lui dirà,
deciderà il mio giudizio”.
E il magistrato chiese al maestro: “Conosci quest’uomo?”.
Il maestro rispose: “Se lo conosco? Siamo soci. È mio amico.
Una notte mi ha persino fatto visita nel cuore della notte. Faceva così freddo
che gli ho dato la mia coperta e come vedi, la usa ancora. Questa coperta è
famosa in tutto il paese; tutti sanno che è mia”.
Il magistrato chiese: “È un tuo amico? E sai se ruba?”.
Il maestro replicò: “Rubare, mai! È un gentiluomo; infatti
quando gli ho dato la coperta mi ha detto: ‘Grazie, signore’. E poi, uscendo da
casa mia, ha chiuso la porta silenziosamente. È una persona molto brava e
gentile”.
Allora il magistrato disse: “Se tu dici questo, allora tutte
le testimonianze di chi ha detto che è un ladro sono cancellate. È libero”. Il
maestro uscì e il ladro lo seguì.
Il maestro gli chiese: “Che fai? Perché mi vieni dietro?”.
Lui rispose: “Ora non posso più lasciarti. Mi hai chiamato
tuo amico, tuo socio. Nessuno mi ha mai dato tanto rispetto. Sei il primo a
dire che sono un gentiluomo, una brava persona. Mi voglio sedere ai tuoi piedi
e imparare a essere come te. Da dove ti arriva questa maturità, questo potere,
questa forza, questa capacità di vedere le cose in modo completamente
diverso?”.
Il maestro gli disse: “Sai come sono stato male quella
notte? Te ne eri andato; era così freddo e senza una coperta non riuscivo a
dormire. Ero seduto vicino alla finestra guardando la luna piena, e ho scritto
una poesia: ‘Se fossi stato tanto ricco avrei dato questa luna perfetta a quel
pover’uomo, che era venuto a cercare qualcosa al buio nella casa di un
poveretto. Gli avrei dato la luna, se fossi stato tanto ricco, ma anch’io sono
povero’. Vieni con me, e ti mostrerò la mia poesia.
Quella notte ho pianto, perché i ladri dovrebbero imparare
alcune cose. Almeno dovrebbero informarmi uno o due giorni prima di venire da
uno come me, in modo che io possa organizzare qualcosa e non debbano andar via
a mai vuote.
È un bene che ti sia ricordato di me in tribunale; quelle
sono persone pericolose e avebbero potuto trattarti male. La notte stessa in
cui eri venuto da me, ti avevo offerto di essere soci, ma tu hai rifiutato.
Adesso lo desideri… Non c’è problema, puoi venire. Dividerò con te ciò che ho;
ma è qualcosa di invisibile, non materiale”.
Il ladro replicò: “Sì, posso sentire che è una cosa
invisibile. Ma tu mi hai salvato la vita, e ora ti appartiene. Fanne quel che
vuoi. Io l’ho solo sprecata. Vedendoti, guardandoti negli occhi, sono certo di
una cosa: che puoi trasformarmi. Mi sono innamorato già da quella notte”.
Osho, Beyond Psychology # 37
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