mercoledì 27 febbraio 2019

LA TERAPIA CHIAMATA COMPASSIONE

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Una volta ti ho sentito dire: "Solo la compassione è terapeutica". Per favore, parla della compassione.

Sì, solo la compassione è terapeutica, perché tutto ciò che è malato nell’uomo nasce dalla mancanza d’amore. Tutto ciò che non va nell’uomo è in qualche maniera collegato con l’amore: o non è stato capace d'amare oppure non è stato capace di ricevere amore. Non è riuscito a condividere il suo essere. Da qui la sofferenza che crea complessi d'ogni genere.

Queste ferite interne possono venire a galla in molti modi: possono diventare disturbi fisici o malattie mentali – ma, di base, ciò di cui l’uomo soffre è la mancanza d’amore. Proprio come il cibo è necessario per il corpo, l’amore lo è per l’anima. Il corpo non può vivere senza nutrimento e l’anima non può vivere senza amore. In realtà, senza amore l’anima non nasce nemmeno – non arrivi nemmeno al punto di pensare alla sopravvivenza.

Tu credi di avere un’anima perché hai paura della morte. In realtà, se non hai amato, non hai mai conosciuto la tua anima. Solo nell’amore arrivi a comprendere che sei più del corpo, più della mente.

Ecco perché sostengo che la compassione è terapeutica. Ma che cos’è la compassione? È la forma più pura d’amore. Il sesso è la forma più bassa dell’amore, la compassione la più alta. Nel sesso il contatto è soprattutto fisico, nella compassione è soprattutto spirituale. Nell’amore, sesso e compassione sono mescolati, fisico e spirituale sono mescolati. L’amore è a metà strada tra il sesso e la compassione.

Puoi anche chiamare la compassione preghiera, oppure meditazione. È in ogni caso la forma più alta dell’energia. La parola compassione è molto bella: comprende in sé passione — la passione dev’essere raffinata al punto da non essere più passione ma diventare compassione.

Nel sesso, usi l’altro, lo riduci a un mezzo, a un oggetto. Ecco perché nella relazione sessuale ti senti in colpa. Questo senso di colpa non ha nulla a che fare con gli insegnamenti religiosi; va molto più in profondità di questo. In una relazione puramente sessuale ti senti in colpa perché stai riducendo la persona a oggetto, a un qualcosa che puoi usare e poi gettare via.

Ecco perché nel sesso percepisci una sorta di schiavitù; anche tu sei stato ridotto a una cosa. E quando sei una cosa, non sei più libero, perché la libertà esiste solo per una persona. Più sei una persona, e più sei libero; più sei un oggetto e meno sei libero. I mobili della tua stanza non sono liberi. Se chiudi a chiave la stanza e torni solo dopo molti anni, i mobili saranno ancora allo stesso posto, non si saranno spostati; non hanno alcuna libertà. Ma se lasci una persona nella stanza, non la ritroverai uguale – nemmeno il giorno dopo o persino un istante dopo. Non puoi rincontrare la stessa persona.

Eraclito diceva anticamente: non puoi bagnarti due volte nello stesso fiume. Non puoi imbatterti due volte nello stesso uomo, è impossibile, perché l’uomo è un fiume, che fluisce continuamente. Non sai mai cosa potrà accadere; il futuro resta aperto. Per un oggetto, il futuro è prefissato. Un sasso rimarrà un sasso, per sempre. Non ha alcuna potenzialità di crescita, non può cambiare, non può evolversi. Una persona non rimane mai la stessa. Può tornare indietro o andare avanti; può andare all’inferno o in paradiso, ma non sarà mai lo stesso. Continua a muoversi, in una direzione o nell’altra.

Quando hai una relazione sessuale con qualcuno, lo riduci a un oggetto. E, nel far questo, riduci anche te stesso a un oggetto; è un compromesso reciproco: “Io ti permetto di ridurmi a una cosa e tu permetti a me di ridurti a una cosa. Io ti permetto di usarmi e tu mi permetti di usare te. Ci usiamo a vicenda; siamo entrambi diventati oggetti”.

Osserva due amanti: quando ancora la situazione non è stabile, quando il romanticismo è ancora vivo e la luna di miele non è finita, vedrai due persone vibranti di vita, pronte a esplorare l’ignoto. Poi osserva una coppia sposata, marito e moglie, e vedrai due cose morte, due cimiteri, fianco a fianco – che si aiutano a rimanere morti, che si costringono a vicenda a rimanere morti. Questo è il conflitto costante del matrimonio: nessuno vuole essere ridotto a un oggetto.

Il sesso è la forma più bassa dell’energia “X.” Se sei religioso, la chiami “Dio”; se sei scientifico, la chiami semplicemente “X.” Quest’energia, X, può diventare amore. Quando diventa amore, inizi a rispettare l’altra persona. Certo, a volte la usi, ma le sei riconoscente per questo. A un oggetto non dici mai grazie. Quando ami una donna e fai l’amore con lei, la ringrazi.

Ma quando fai l’amore con tua moglie, le dici mai grazie? No, lo dai per scontato. E tua moglie ti dice mai grazie? Magari tanti anni fa, quando vi facevate la corte, cercavate di sedurvi a vicenda – forse allora l’avete fatto. Ma una volta che la situazione è diventata stabile, ti ha mai ringraziato? Tu hai fatto tante cose per lei, lei ne ha fatte tante per te, vivete l’uno per l’altro, ma la gratitudine è scomparsa.

Nell’amore c’è gratitudine, una riconoscenza profonda. Sai che l’altro non è una cosa, sai che possiede una sua grandezza, una personalità, un’anima, una sua individualità. Nell’amore dai totale libertà all’altro. Certo, dai e prendi; è una relazione di dare e ricevere, ma sempre con rispetto.

Nel sesso è una relazione di dare e ricevere, ma senza rispetto. Nella compassione, dai solamente; nella tua mente non hai l'idea di ricevere qualcosa in cambio - condividi. Non che non ti arrivi nulla in cambio! Ricevi milioni di volte ciò che hai dato, ma solo come effetto collaterale, come conseguenza naturale. Non è una cosa che desideri e che insegui.

Nell’amore, se dai qualcosa, nel profondo ti aspetti anche che ti venga reso qualcosa. Se non accade, ti lamenti. Puoi anche non esprimerlo a parole, ma si potrà capire da mille dettagli che stai brontolando, che senti di essere stato imbrogliato. L’amore sembra essere una sottile contrattazione.

Nella compassione dai solamente; nell’amore sei grato perché l’altro ti ha dato qualcosa. Nella compassione, sei grato che l’altro abbia accettato qualcosa da te; sei grato perché l’altro non ti ha rifiutato. Eri venuto con dell’energia da dare, con tanti fiori da condividere, e l’altro te l’ha permesso, è stato ricettivo. Sei grato perché l’altro è stato ricettivo.

La compassione è la forma più alta dell’amore. Riceverai in cambio moltissimo – ti dico, milioni di volte quello che hai dato – ma non è quello il punto, non sei lì ad aspettare. Se non ricevi nulla, non ti lamenti. Se ricevi, ne rimani sorpreso! Se arriva qualcosa, è un fatto quasi incredibile. Se non ricevi nulla, non è un problema – non avevi dato il tuo cuore a qualcuno con l’idea di fare un baratto. Elargisci ciò che hai perché ce l’hai, perché possiedi così tanto che se non ne dai un po’ ti sentirai oppresso, proprio come una nuvola carica d’acqua deve esprimersi nella pioggia. La prossima volta, quando una nuvola ha distribuito la sua pioggia e la terra l’ha assorbita, osserva in silenzio, e sentirai la nuvola che dice alla terra: “Grazie”. La terra l’ha aiutata a scaricarsi del suo fardello.

Quando un fiore sboccia, deve condividere la sua fragranza con i venti. È naturale! Non è una contrattazione, un affare; è naturale! Il fiore è colmo di fragranza, cosa può farne? Se tenesse per sé tutto il suo profumo si sentirebbe molto teso e angosciato. L’angoscia più grande nella vita è quella di non riuscire a comunicare, a condividere. L’uomo più povero è colui che non ha nulla da condividere, o che, pur avendo qualcosa, ha perso la capacità, l’arte di condividerla – allora è veramente povero.

L’uomo sessuale è veramente povero; al confronto l’uomo che ama è più ricco. L’uomo di compassione è il più ricco di tutti: è in cima al mondo. Non ha né confini, né limiti. Dà, e poi va per la sua strada. Non aspetta neppure che tu gli dica grazie; condivide la sua energia con grandissimo amore. Questo è ciò che chiamo terapeutico.

Buddha diceva ai suoi discepoli: “Dopo ogni meditazione, sii compassionevole – immediatamente dopo – perché, quando mediti, l’amore cresce e il cuore è colmo. Dopo ogni meditazione, prova compassione per il mondo intero; in questo modo potrai condividere il tuo amore e irradiare quest’energia nell’atmosfera dove potrà essere usata da altri”.

Anch’io vorrei dirvi: dopo ogni meditazione, mentre celebri, prova compassione. Senti che la tua energia sta andando ad aiutare la gente, in qualunque modo ne abbia bisogno. Esprimila! Ti sentirai più leggero, rilassato, molto più calmo e tranquillo, e le vibrazioni che hai espresso saranno di aiuto a molti. Termina la tua meditazione sempre con la compassione.

La compassione è incondizionata. Non puoi avere compassione solo per chi è amichevole con te, o solo per chi è in relazione con te. La compassione, di per sé, è onnicomprensiva. Se non riesci a provare compassione per il tuo vicino, la tua meditazione non ha alcun senso, perché la compassione non ha nulla a che fare con una persona in particolare, ma piuttosto con il tuo stato interiore. Devi diventare tu stesso compassione! Una compassione incondizionata, non indirizzata a qualcuno in particolare. Allora potrai essere una forza di guarigione in questo mondo così tribolato.


Osho, A Sudden Clash of Thunder



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