09/10/2018
Un
prezioso approfondimento di Osho sul significato e valore di un
elemento fondamentale del suo approccio alla meditazione e alla vita
Un raro brano di Osho apparso su Osho Times n. 251
Domanda: Osho, puoi parlare della celebrazione? È possibile celebrare l’infelicità?
Osho: È
possibile, perché la celebrazione è un atteggiamento, quindi anche
verso l’infelicità puoi assumere un atteggiamento di celebrazione. Ad
esempio, se sei triste, non identificarti con la tristezza. Osservala,
diventa un testimone e goditi i momenti di tristezza: ha anche lei la
sua bellezza. Non osservi mai, ma ti identifichi così totalmente da non
penetrare mai le meraviglie di un istante di tristezza.
Se
osservi, rimarrai sorpreso nel vedere quali tesori ti sei lasciato
sfuggire. Notalo: quando sei felice non sei mai così profondo come
quando sei triste. La tristezza ha in sé una certa profondità, la
felicità è superficiale.
Osserva
le persone felici, le cosiddette persone felici. Le trovi nei club, nei
ristoranti, a teatro... Sorridono sempre e sprizzano felicità da tutti i
pori. Ma le troverai sempre poco profonde, superficiali, non hanno
alcuna profondità.
La
felicità, come le onde, è solo sulla superficie: ha una vita
superficiale. Al contrario, la tristezza ha profondità. Quando sei
triste, non è un’onda di superficie, è come la fossa oceanica del
Pacifico, che si inabissa per chilometri e chilometri.
Entra
nell’abisso, osservalo. La felicità è rumorosa, la tristezza contiene
un suo silenzio. La felicità può essere paragonata al giorno, la
tristezza alla notte. La felicità è simile alla luce, la tristezza
all’oscurità. La luce va e viene, il buio rimane, è eterno. La luce
arriva a volte, l’oscurità è sempre presente.
Se
entri nella tristezza, tutte queste cose saranno percepibili.
All’improvviso ti accorgerai che la tristezza è presente, come un
oggetto. Tu la osservi, diventi un testimone e, all’improvviso, inizi a
sentirti felice. Una tristezza così bella! Un fiore dell’oscurità, un
fiore di eterna profondità!
È
come un abisso senza fondo, così silenziosa, così musicale. Non c’è
rumore, nessun fastidio. Puoi sprofondarci dentro all’infinito e uscirne
totalmente rinvigorito. È riposante.
Dipende
dall’atteggiamento: quando diventi triste, pensi che ti sia accaduto
qualcosa di brutto. È solo una tua interpretazione che ti è accaduto
qualcosa di brutto, perciò cerchi di evitarlo, vuoi sfuggirlo. Non ci
mediti mai su. E allora ti viene voglia di vedere qualcuno, vai a una
festa, in un locale; oppure accendi la televisione, la radio, o ti metti
a leggere il giornale... Qualcosa che ti aiuti a dimenticare.
Questo
è l’atteggiamento errato che ti è stato inculcato: che c’è qualcosa di
sbagliato nella tristezza. Non c’è nulla di male nella tristezza, è solo
un’altra polarità della vita.
La
felicità è un polo, la tristezza è l’altro polo. La beatitudine è un
polo, la sofferenza è l’altro polo. La vita è fatta di entrambi: una
vita di sola beatitudine ha estensione, ma non ha profondità; una vita
di sola tristezza ha profondità, ma nessuna estensione. Una vita fatta
sia di tristezza che di beatitudine è multidimensionale: si dispiega
contemporaneamente in tutte le dimensioni.
Osserva
la statua del Buddha, oppure, qualche volta, guarda nei miei occhi e
troverai le due cose insieme: beatitudine, pace, ma anche tristezza.
Troverai una beatitudine che contiene in sé anche la tristezza, perché
quella tristezza dà profondità alla beatitudine. Osserva le statue del
Buddha: è estatico, eppure triste. Per te la parola “triste” ha una
connotazione negativa: qualcosa non va. Questa è una tua
interpretazione.
Per
me la vita è bella nella sua totalità. E quando comprendi l’esistenza
nella sua totalità, riesci a celebrare, altrimenti non ce la fai.
Celebrazione
significa che ciò che accade è irrilevante: io celebro. La celebrazione
non dipende da determinate cose: “Celebro quando sono felice”, oppure:
“Se sono triste, non celebro”. La celebrazione è incondizionata: io
celebro la vita! Se porta infelicità, va benissimo: la celebro. Se porta
felicità, va benissimo: celebro anche lei. La celebrazione è il mio
atteggiamento, indipendentemente da ciò che la vita porta.
Ma
il problema si pone, perché quando uso le parole, nella tua mente hanno
una certa connotazione. Quando dico: “Celebra” tu pensi che si debba
essere felici. Come si può celebrare, quando si è tristi? Ma io non sto
dicendo che si deve essere felici per celebrare: la celebrazione è
gratitudine per tutto ciò che la vita ti offre. Qualsiasi cosa il divino
ti offra, celebrazione è esserne grato.
Questa storia l’ho già raccontata, ma ve la racconto di nuovo…
Un
mistico Sufi molto povero, affamato e stanco del viaggio arrivò una
sera in un villaggio e fu scacciato. Era un villaggio di musulmani
ortodossi, persone molto difficili da convincere: non gli permisero di
entrare in città.
La
notte era fredda, l’uomo aveva fame, era stanco, aveva abiti leggeri e
tremava dal freddo. Si sedette sotto un albero, fuori dal paese. Si
sedettero anche i suoi discepoli. Erano depressi, tristi e persino
arrabbiati.
Il mistico si mise a pregare e disse a dio: “Sei magnifico! Mi dai sempre ciò di cui ho bisogno!”.
Questo
era troppo! Un discepolo disse: “Aspetta un attimo, ora stai veramente
esagerando! Queste parole sono false in una notte così: siamo affamati,
stanchi, vestiti poco e la notte si fa sempre più fredda. Siamo
circondati da animali selvatici, il villaggio ci ha buttato fuori e
siamo senza un tetto. Per quale motivo ringrazi dio? Cosa intendi dire con quelle parole?”.
Il
mistico rispose: “È vero, lo ripeto: dio mi dà quello di cui ho
bisogno. Questa notte ho bisogno di povertà, questa notte ho bisogno di
essere scacciato, di avere fame, di essere in pericolo. Altrimenti,
perché mi avrebbe dato tutto ciò? Dev’essere ciò di cui ho bisogno! È
necessario e io devo esserne grato. Si prende cura dei miei bisogni in
modo così bello: è veramente meraviglioso!”.
Questo è un atteggiamento che non si preoccupa della situazione in sé: la situazione non è rilevante.
Celebra,
in qualsiasi caso. Se sei triste, celebra il fatto che sei triste.
Prova! Se farai un tentativo rimarrai sorpreso, succede. Sei triste?
Mettiti a ballare, perché la tristezza è così bella, è un silenzioso
fiore dell’essere. Danza, gioisci e, all’improvviso, sentirai che la
tristezza sta scomparendo, che si crea una distanza. Un po’ alla volta
ti dimenticherai della tristezza e ti ritroverai a celebrare: hai
trasformato l’energia.
Questa è alchimia: trasformare il metallo comune in oro puro...
Continua su Osho Times n. 251
Tratto da: Osho, Yoga: Potenza e libertà, Oscar Mondadori
https://www.oshoba.it//index.php?id=articoli_view_x&xna=314
Non diventare mai vittima delle aspettative degli altri e non rendere nessuno vittima delle tue...Osho
martedì 9 ottobre 2018
La celebrazione... è un atteggiamento
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