06/10/2018
In un’epoca in cui è la fretta a
governare i ritmi di vita collettivi, Osho non si è
però impuntato su regole e
strategie di millenaria efficacia. E a chi gli chiedeva
qualcosa di rapido e immediato,
proprio perché la quotidianità impediva di trovare
tempi specifici per meditare – per
non parlare di ore! –, suggeriva di godersi “una
tazza di meditazione” ogni tanto,
utilizzando questo metodo:
Una soluzione è necessaria, perché
qualsiasi meditazione disturbata in
continuazione perde di efficacia.
Inoltre, non è necessario
praticare la meditazione continuamente: farla
alcune volte nell’arco della
giornata, anche solo per qualche minuto,
andrà benissimo. Ci sono cose che,
praticate in modo eccessivo, possono
essere dannose.
Per esempio, studi recenti
rivelano che puoi fare alcuni esercizi fisici
per venti minuti, se però raddoppi
il tempo e li fai per quaranta minuti,
quei benefici non raddoppieranno.
E se li fai per sessanta minuti, la ruota
girerà in senso inverso: quei benefici si
trasformeranno in un danno.
La stessa cosa accade se mangi
qualcosa di nutriente e sostanzioso: se
ne mangi in eccesso, qualsiasi
beneficio si annullerà; quel cibo diventerà
dannoso.
Dunque, la comune logica
matematica non funziona…
Ogni volta che ne hai il tempo,
rilassa la respirazione per qualche
minuto, non devi fare altro – non
è necessario rilassare tutto il corpo.
Mentre sei seduto in treno, in
aereo, in macchina, nessuno si renderà
conto che stai facendo qualcosa.
Rilassa semplicemente il sistema
respiratorio. Lascia che operi nel
modo in cui funziona naturalmente.
Poi chiudi gli occhi e osserva il
respiro che entra ed esce; che entra ed
esce… Ricorda: non ti devi
concentrare. Se ti concentri, ti creerai delle
complicazioni. Infatti, in quel
caso ogni cosa diventa un disturbo: se ti
concentri mentre sei seduto in
macchina, ogni rumore dell’auto, la
persona seduta di fianco a te…
tutto diventerà un fattore disturbante.
Meditazione non è concentrazione.
È semplice presenza consapevole:
semplicemente ti rilassi e osservi
il respiro. In quell’osservazione nulla
viene escluso: il ronzio del
motore della macchina – va benissimo,
accettalo. Il rumore del traffico
– benissimo, è parte della vita. Il tuo
compagno di viaggio che sta
russando, accettalo. Nulla viene respinto…
non devi affatto restringere o
limitare la tua consapevolezza.
La concentrazione è circoscrivere
la consapevolezza così che diventi
ristretta su un unico punto; ma in
questo caso ogni altra cosa genera un
conflitto: stai lottando contro
tutto ciò che escludi, perché temi di poter
perdere quell’unico punto.
Potresti distrarti, e ciò che accade intorno a te
potrebbe diventare un elemento di
disturbo. In quel caso, avrai bisogno di
ritirarti sull’Himalaya, avrai
bisogno di venire in India, ti servirà una
stanza in cui puoi stare seduto in
silenzio, senza che qualcuno ti
disturbi…
No, questa non è la cosa giusta –
una simile meditazione non può
trasformarsi in un processo di
vita. È un isolarsi che dà alcuni risultati
ottimi – ti sentirai più
tranquillo, più quieto – ma saranno temporanei.
Ecco perché si avverte sempre una
perdita di sintonia con la vita: ogni
volta che decadono le condizioni
su cui si basa quella meditazione, quella
quiete si perde.
Una meditazione in cui siano
richiesti particolari prerequisiti, in cui si
debbano soddisfare specifiche
condizioni, non è affatto una meditazione –
perché non la potrai praticare,
quando starai morendo. La morte sarà una
distrazione davvero travolgente…
se la vita ti distrae, prova a pensare alla
morte!
Se pratichi la concentrazione, non
potrai morire in modo meditativo; e
in quel caso ogni tuo sforzo
risulterà inutile, tutto andrà perduto. Di
nuovo morirai in tensione,
ansioso, infelice, soffrendo… e
immediatamente ricreerai la tua
nascita successiva: una vita del tutto
simile a quella che stai vivendo.
Lascia che la morte sia il
criterio di riferimento. Qualsiasi cosa tu
possa fare anche mentre stai
morendo è qualcosa di reale – e quel metodo
può essere praticato ovunque;
davvero dappertutto, e senza condizioni da
rispettare. Se a volte ti ritrovi
ad avere a disposizione delle condizioni
favorevoli, benissimo; godi
quell’opportunità. Altrimenti, la situazione
all’esterno non fa la differenza.
Potrai meditare perfino sulla piazza del
mercato.
Per ciò che concerne la pratica,
siediti in una posizione rilassata e
osserva il tuo respiro… ma non
cambiarne il ritmo: respira
semplicemente, come fai
normalmente. Osserva semplicemente,
accompagnati al respiro:
l’inspirazione scende fino alla pancia… e la
pancia si solleva. Accompagnati a
quell’inspirazione. Poi, per qualche
secondo si ferma… fermati lì! Poi
la pancia rientra, inizia il viaggio di
ritorno, ritorna… il respiro esce…
aspetta lì per un secondo.
Non è affatto necessario forzarlo
in alcun modo. Non devi fare nulla:
devi semplicemente osservare. Se
subentra anche il minimo fare,
l’osservazione sarà disturbata;
dunque, non fare assolutamente nulla… e
il respiro scorre spontaneamente.
A te non è richiesto di fare proprio
niente!
Questa è la differenza tra la
respirazione buddhista e quella dello
Yoga. La respirazione buddhista è
davvero meravigliosa, qualcosa di
incredibile. È il respiro di chi è
un testimone – non richiede di fare nulla.
La respirazione dello Yoga implica
chi la fa. Devi fare qualcosa:
inspirare profondamente, espirare
profondamente, contare; usare un
tempo specifico nell’inspirazione,
raddoppiare il tempo
dell’espirazione… in questo modo
diventa un’azione che viene eseguita.
La respirazione buddhista è
semplicemente qualcosa che si osserva. E
nella semplice osservazione il
respiro tranquillizza l’intera mente e
l’essere.
Prova a praticarlo… è molto
semplice. Chiudi gli occhi, rilassati e
dimentica completamente il mondo
esteriore.
Ricorda, però, se arrivi a praticarlo
per un’ora, smetti per quindici
minuti. E in quei quindici minuti
puoi fare qualsiasi cosa: puoi cantare,
mormorare o fare qualcos’altro, ma
devi fare qualcosa. Osservare il
respiro per più di un’ora può
diventare qualcosa di pesante.
Si può praticare questa
osservazione per tutto il tempo che si vuole,
ma introducendo pause di quindici
minuti. Se non fai delle pause – ed è
un metodo che può davvero
coinvolgerti, va davvero in profondità… è
come se scavassi una buca dentro
di te –, può diventare eccessivo.
Potresti andare fuori di testa e,
se lo pratichi in situazioni particolari – in
aereo, per esempio –, non sarebbe
una buona cosa.
Inoltre ricorda: non cercare di
controllare il respiro. Infatti qualsiasi
forma di controllo è frutto della
mente; dunque, la meditazione non può
mai essere qualcosa di
controllato.
La mente non è in grado di
meditare. La meditazione è qualcosa al di
là della mente – oppure di al di
sotto della mente – ma non è mai
confinata alla mente. Pertanto, se
la mente rimane al comando,
governando e controllando, non si
tratta di meditazione: è concentrazione.
La concentrazione è uno sforzo
della mente. Porta le qualità della
mente al massimo: uno scienziato,
un soldato si concentrano; un
cacciatore, un ricercatore, uno
studioso… tutti costoro si concentrano. Ma
quelle sono attività della mente.
Puoi praticare questo rilassamento
del respiro in qualsiasi momento.
Non è necessario fissare un tempo
specifico. Utilizza qualsiasi momento
che hai a disposizione: in bagno,
quando hai dieci minuti, siediti
semplicemente sotto la doccia e
medita. Al mattino, al pomeriggio, ogni
volta che hai quattro o cinque
minuti, semplici e piccoli lassi di tempo –
cinque minuti bastano – medita, e
vedrai che diverrà un nutrimento
regolare e costante.
Non è affatto necessario praticare
questo metodo ventiquattr’ore su
ventiquattro.
Una tazza di meditazione è
sufficiente… non occorre bere l’intero
fiume! Una tazza di tè servirà
allo scopo. E ricorda di rendere questo
metodo il più facile e semplice
possibile: ciò che è facile è la cosa giusta!
Rendilo il più naturale possibile;
e non esserne ossessionato: praticalo
soltanto ogni volta che trovi il
tempo. Non farne un’abitudine, perché
qualsiasi abitudine appartiene
alla mente, e una persona reale di fatto non
ha alcun comportamento abitudinario.
Osho: Nothing to Lose But Your Head, CAP. 5
E Above All, Don’t Wobble, CAP. 3
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