venerdì 3 maggio 2019

UNO


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All’esterno siamo separati l’uno dall’altro; all’interno siamo una cosa sola. La consapevolezza è universale perché esiste solo la consapevolezza, senza alcuna distinzione tra esterno e interno.

La distinzione tra interno ed esterno appare perché esiste una mente che divide, che crea un interno e un esterno. Nella consapevolezza la mente scompare, e con essa se ne va anche la divisione tra interno ed esterno. C’è solo un’unità, senza divisioni.

Per migliaia di anni i pensatori in India hanno riflettuto su questo problema. Non affermano nemmeno: “Rimane solo l’unità”, perché così si crea già una difficoltà logica: se c’è l’uno, ci devono essere il due o il tre – non puoi esistere al di fuori della serie completa dei numeri. Che significato avrà l’uno senza due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove e dieci? Nessuno.

Per questo in India non sostengono: “Rimane solo l’unità”, ma piuttosto: “Ciò che rimane è non-dualistico”, che è un modo un po’ contorto per cercare di non rimanere intrappolati nella difficoltà logica. Ciò che rimane è un fenomeno non dualistico. Non è due, ma non affermano che è uno; dicono invece che non è più diviso. E io penso che questa sia una buona intuizione.

Quando dici ‘uno’, gli altri numeri sono implicati, quando dici ‘non-dualistico’, no. Ma non diventare matto: resta consapevole, e non preoccuparti di cosa è dentro e cosa è fuori. La tua consapevolezza renderà chiaro il fatto che si tratta di un’esistenza non dualistica: nulla è dentro e nulla è fuori.

A Jaipur, in India, c’è un palazzo fatto costruire da un re e mistico. Era un grande architetto, colui che ha progettato la città di Jaipur. Si chiamava Jai Singh, e la città prese il nome da lui. Jaipur è l’unica città in India nata da un progetto, ed è bellissima! La sua idea era quella di superare Parigi, e ci sarebbe riuscito se non fosse morto. La città rimase incompleta, ma persino così ti dà la sensazione che il re fosse sulla strada giusta per superare Parigi.

È tutta costruita in un solo colore, il colore rosso del sannyasin — tutta una città di pietra rossa. Tutte le case, i negozi, sono fatti esattamente allo stesso modo, per darti la sensazione che tutto è uno – non c’è alcuna possibilità per il due. Le strade sono bellissime: nel mezzo ci sono alberi dalla grande chioma ombrosa – le strade sono larghe a sufficienza – e da entrambi i lati i marciapiedi sono coperti, in modo che nella stagione delle piogge non hai nemmeno bisogno dell’ombrello… e neppure quando il sole è molto forte. A Jaipur gli ombrelli non servono. Tutto è identico, costruito con la stessa pietra rossa.

Quest’uomo aveva cercato di creare una città in cui non ci fossero differenze di alcun tipo. In tutte le strade adoperarono la stessa varietà di alberi, per chilometri e chilometri. Usarono un solo colore, un solo tipo di pietra, e la stessa struttura, bellissima.

Il re creò un tempio fatto di pietra rossa all’esterno, mentre all’interno è tutto fatto di piccoli specchi… milioni di specchi. Quando vai all’interno, ti vedi riflesso in milioni di specchi. Sei uno, ma i tuoi riflessi sono milioni.

Si racconta che una volta entrò in questo tempio un cane e che rimase ucciso durante la notte. Non c’era nessuno: il guardiano se n’era andato, chiudendo il tempio a chiave, e il cane era rimasto all’interno. Si mise ad abbaiare a tutti i cani… e ce n’erano milioni. Saltava da una parte all’altra e andava a sbattere contro le pareti. E gli altri cani abbaiavano anche loro… Puoi comprendere cosa accadde a quel povero cane: abbaiò e lottò per tutta la notte e rimase ucciso sbattendo la testa contro le pareti.

La mattina dopo, quando aprirono la porta, trovarono il cane morto e c’era sangue dappertutto. Gli abitanti della zona dissero: “Per tutta la notte non riuscivamo a capire cosa stesse succedendo. Il cane non ha mai smesso di abbaiare”.

Quel cane doveva essere un intellettuale. Deve aver pensato: “Quanti cani, mio Dio! E io sono solo, è notte, le porte sono chiuse e sono circondato da tutti questi cani… mi uccideranno!”. Così si uccise da solo; non c’erano altri cani.

Questa è una delle intuizioni essenziali del misticismo: che le persone che vediamo intorno a noi sono solo il nostro riflesso. Abbaiamo l’uno contro l’altro senza alcun motivo, e abbiamo paura l’uno dell’altro senza alcun motivo. La paura è tanta che stiamo raccogliendo armi nucleari da usare uno contro l’altro – e c’è solo un cane, tutti gli altri sono solo riflessi.

Il cane morì, e c’è ogni possibilità che l’uomo muoia allo stesso modo. E con chi combatte? Con il suo stesso riflesso.

Osho, The Path of the Mystic

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