All’esterno siamo separati l’uno dall’altro; all’interno
siamo una cosa sola. La consapevolezza è universale perché esiste solo la
consapevolezza, senza alcuna distinzione tra esterno e interno.
La distinzione tra interno ed esterno appare perché esiste
una mente che divide, che crea un interno e un esterno. Nella consapevolezza la
mente scompare, e con essa se ne va anche la divisione tra interno ed esterno.
C’è solo un’unità, senza divisioni.
Per migliaia di anni i pensatori in India hanno riflettuto
su questo problema. Non affermano nemmeno: “Rimane solo l’unità”, perché così
si crea già una difficoltà logica: se c’è l’uno, ci devono essere il due o il
tre – non puoi esistere al di fuori della serie completa dei numeri. Che
significato avrà l’uno senza due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove
e dieci? Nessuno.
Per questo in India non sostengono: “Rimane solo l’unità”,
ma piuttosto: “Ciò che rimane è non-dualistico”, che è un modo un po’ contorto
per cercare di non rimanere intrappolati nella difficoltà logica. Ciò che
rimane è un fenomeno non dualistico. Non è due, ma non affermano che è uno;
dicono invece che non è più diviso. E io penso che questa sia una buona
intuizione.
Quando dici ‘uno’, gli altri numeri sono implicati, quando
dici ‘non-dualistico’, no. Ma non diventare matto: resta consapevole, e non
preoccuparti di cosa è dentro e cosa è fuori. La tua consapevolezza renderà
chiaro il fatto che si tratta di un’esistenza non dualistica: nulla è dentro e
nulla è fuori.
A Jaipur, in India, c’è un palazzo fatto costruire da un re
e mistico. Era un grande architetto, colui che ha progettato la città di
Jaipur. Si chiamava Jai Singh, e la città prese il nome da lui. Jaipur è
l’unica città in India nata da un progetto, ed è bellissima! La sua idea era
quella di superare Parigi, e ci sarebbe riuscito se non fosse morto. La città
rimase incompleta, ma persino così ti dà la sensazione che il re fosse sulla
strada giusta per superare Parigi.
È tutta costruita in un solo colore, il colore rosso del
sannyasin — tutta una città di pietra rossa. Tutte le case, i negozi, sono
fatti esattamente allo stesso modo, per darti la sensazione che tutto è uno –
non c’è alcuna possibilità per il due. Le strade sono bellissime: nel mezzo ci
sono alberi dalla grande chioma ombrosa – le strade sono larghe a sufficienza –
e da entrambi i lati i marciapiedi sono coperti, in modo che nella stagione
delle piogge non hai nemmeno bisogno dell’ombrello… e neppure quando il sole è
molto forte. A Jaipur gli ombrelli non servono. Tutto è identico, costruito con
la stessa pietra rossa.
Quest’uomo aveva cercato di creare una città in cui non ci
fossero differenze di alcun tipo. In tutte le strade adoperarono la stessa
varietà di alberi, per chilometri e chilometri. Usarono un solo colore, un solo
tipo di pietra, e la stessa struttura, bellissima.
Il re creò un tempio fatto di pietra rossa all’esterno,
mentre all’interno è tutto fatto di piccoli specchi… milioni di specchi. Quando
vai all’interno, ti vedi riflesso in milioni di specchi. Sei uno, ma i tuoi
riflessi sono milioni.
Si racconta che una volta entrò in questo tempio un cane e
che rimase ucciso durante la notte. Non c’era nessuno: il guardiano se n’era
andato, chiudendo il tempio a chiave, e il cane era rimasto all’interno. Si
mise ad abbaiare a tutti i cani… e ce n’erano milioni. Saltava da una parte
all’altra e andava a sbattere contro le pareti. E gli altri cani abbaiavano
anche loro… Puoi comprendere cosa accadde a quel povero cane: abbaiò e lottò
per tutta la notte e rimase ucciso sbattendo la testa contro le pareti.
La mattina dopo, quando aprirono la porta, trovarono il cane
morto e c’era sangue dappertutto. Gli abitanti della zona dissero: “Per tutta
la notte non riuscivamo a capire cosa stesse succedendo. Il cane non ha mai
smesso di abbaiare”.
Quel cane doveva essere un intellettuale. Deve aver pensato:
“Quanti cani, mio Dio! E io sono solo, è notte, le porte sono chiuse e sono
circondato da tutti questi cani… mi uccideranno!”. Così si uccise da solo; non
c’erano altri cani.
Questa è una delle intuizioni essenziali del misticismo: che
le persone che vediamo intorno a noi sono solo il nostro riflesso. Abbaiamo
l’uno contro l’altro senza alcun motivo, e abbiamo paura l’uno dell’altro senza
alcun motivo. La paura è tanta che stiamo raccogliendo armi nucleari da usare
uno contro l’altro – e c’è solo un cane, tutti gli altri sono solo riflessi.
Il cane morì, e c’è ogni possibilità che l’uomo muoia allo
stesso modo. E con chi combatte? Con il suo stesso riflesso.
Osho, The
Path of the Mystic
Nessun commento :
Posta un commento