Il Commissario prefettizio, a causa di un aumento dei positivi al
virus, ha ordinato la chiusura di tutti i negozi, ad eccezione di quelli
di generi di prima necessità.
Immediatamente è scattata la rivolta di tutti gli altri
commercianti, con due blocchi stradali delle due vie d’accesso alla
cittadina.
Degno di nota che alla protesta hanno aderito, per solidarietà, anche i negozianti che possono stare aperti.
Questa rivolta pone una domanda e si presta ad alcune considerazioni.
E’ giusta la rivolta?
Si lo è, e per due ragioni.
Come hanno detto i commercianti in lotta, non ha alcun senso, nessuna efficacia nel contrastare il “contagio”.
Mentre tutti i negozi vengono chiusi, i cittadini di Arzano possono
infatti liberamente uscire dal comune per recarsi al lavoro o andare a
fare compere in quelli adiacenti. “Se siamo davvero infetti, perché ci
consentono di diffondere il virus a Casoria, Scampia o Afragola? Non
solo possiamo esportare il virus ma possiamo anche importarlo”,
dichiarano i commercianti.
Ma c’è una seconda ragione per cui la protesta è legittima.
Le autorità commissariali hanno agito d’imperio, senza minimamente consultare o confrontarsi coi cittadini.
Un caso esemplare di gestione unilaterale e autoritaria.
Riguardo alle considerazioni.
La prima è che la rivolta è scattata
spontaneamente, frutto del tam tam tra gli stessi commercianti, senza
attendere le colluse (con le autorità) associazioni e i sindacati di
categoria.
La seconda è che l’importanza simbolica e politica
di questa rivolta è inversamente proporzionale alle sue modeste
dimensioni: è il segno di una strisciante ma diffusa insofferenza verso
la gestione sicuritaria della pandemia.
La gente è stanca del terrorismo delle autorità e del circo
mediatico, della martellante campagna finalizzata a instillare paura ed a
criminalizzare i cittadini — di cui il presidente De Luca è uno dei più
accaniti promotori.
La terza considerazione tira in ballo la drammatica situazione economica aggravata dalla gestione politica della crisi sanitaria.
Il lockdown della primavera scorsa ha messo in ginocchio anzitutto milioni di esercenti, patite iva, artigiani.
In tanti hanno già chiuso i battenti, coloro che hanno riaperto
hanno visto dimezzare i loro fatturati, mentre non sono diminuite le
tasse e incombe la minaccia di milioni di cartelle esattoriali in
arrivo.
Chi non paga è sotto la mannaia di pignoramenti a tappeto.
Infine la rivolta chiama in causa direttamente il governo: mentre
impone di abbassare le saracinesche, rifiuta di adottare serie misure di
sostegno al reddito alle micro-aziende ed alle famiglie gettate sul
lastrico, né concede alcuna moratoria fiscale.
In poche parole i commercianti di Arzano ci dicono non solo che la
situazione è intollerabile, ma che non accetteranno un secondo lockdown.
Nel ribellarsi essi mostrano che i cittadini non sono dei servi, ma dei cittadini.
Non solo la rivolta dei commercianti di Arzano è giusta, essi ci
indicano che quella della disobbedienza civile è la sola via contro un
potere autoritario e antipopolare, insensibile al grido di chi sta in
basso e prono agli interessi del grande capitalismo.
Coordinamento nazionale Liberiamo l’Italia
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