lunedì 17 dicembre 2018

COS’È QUESTO AGGRAPPARSI ALLA SOFFERENZA?


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Esistono dei motivi. Guarda  nella tua infelicità, osservala e sarai in grado di scoprire quali siano questi motivi. E poi scruta in quei momenti in cui, di tanto in tanto, ti permetti la felicità e di essere gioioso e vedrai quali sono le differenze, che consistono in questi pochi aspetti:

Quando sei infelice, sei un conformista.

La società ama il conformismo, la gente ti rispetta, ottieni una grande rispettabilità – potresti perfino diventare un santo – ecco perché i vostri santi sono tutti infelici. L’infelicità è scritta a lettere maiuscole sulle loro facce e nei loro occhi, e siccome sono infelici, si sentono contrari a qualsiasi gioia. Condannano ogni forma di gioia, definendola edonismo; condannano qualsiasi possibilità di gioire, definendolo peccato. Sono infelici e vorrebbero vedere il mondo intero infelice. Infatti possono essere stimati come santi solo in un mondo infelice. In un mondo felice sarebbero ricoverati in ospedale e sottoposti a cure mentali. Sono casi patologici.

Scruta nella tua infelicità e vi troverai certamente alcune cose fondamentali. Una: ti avvolge in un’aureola di rispetto. La gente prova più amicizia e più simpatia per te. Se sei infelice, hai più amici.

Questo è un mondo davvero strano, ha qualcosa di fondamentalmente sbagliato. Non dovrebbe essere così: la persona felice dovrebbe avere più amici; ma prova a diventare felice e coloro che ti circondano diventeranno gelosi di te – non saranno più tuoi amici. Si sentiranno imbrogliati: hai qualcosa che loro non riescono ad avere. Perché sei felice? Perciò, nei secoli, abbiamo imparato il sottile meccanismo del saper reprimere la felicità ed esprimere l’infelicità. Questa è diventata la nostra seconda natura.
I miei sannyasin devono abbandonare del tutto questo meccanismo. Dovete imparare a essere felici e a rispettare le persone felici, prestare più attenzione alle persone felici, ricordatelo. Questo significa rendere un grande servizio all’umanità.

Non dimostrare troppa simpatia alle persone infelici.

Se qualcuno è infelice, aiutalo, ma non simpatizzare con lui. Non dargli l’impressione che l’infelicità sia qualcosa di meritorio. Fai in modo che comprenda bene che lo stai aiutando, ma afferma anche: “Ti aiuto perché rispetto la tua infelicità, solo perché sei infelice”. Cioè stai solo tentando di tirar fuori quell’uomo dalla sua infelicità, perché l’infelicità è brutta. Lascia che anche lui senta che l’infelicità è brutta, che sentirsi infelice non significa essere virtuoso – e che si convinca: “Non sto rendendo un grande servizio all’umanità!”


Siate felici, rispettate la felicità e aiutate la gente a comprendere che la felicità è lo scopo della vita – satchitanand.

I mistici orientali hanno detto che il divino ha tre qualità. Egli è sat – è la verità, l’essere. Egli è chit – la consapevolezza. L’ultima qualità, la vetta più alta è anand – la beatitudine. Dovunque esiste la beatitudine, là c’è il divino.

Ogni volta che incontrate una persona beata, rispettatela: è santa.

In qualsiasi luogo sentite l’unione e la presenza di beatitudine, di festosità, pensate che quello è un luogo sacro.

Dobbiamo apprendere un linguaggio totalmente nuovo, solo così questa vecchia umanità putrescente potrà cambiare. Dobbiamo apprendere il linguaggio della salute, della completezza, della felicità.

Sarà un compito difficile, perché i nostri investimenti nella miseria sono enormi.

Ecco perché è tanto difficile essere felici e tanto facile essere infelici.

Osho, The Book of Wisdom, # 20





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