sabato 12 settembre 2020

Moso, la popolazione delle donne senza marito


La popolazione dei MOSO

All’interno dello Yunnan in Cina sopravvive una societa’ organizzata in modo molto diverso rispetto alla nostra. Cultura che e’ menzionata anche nel testo del Milione di Marco Polo del 1200.

«La società matriarcale dei Moso si distingue da altre società simili perché non pratica il matrimonio». La società occidentale ha affermato che la famiglia nucleare monogamica è l’unica istituzione universale. Alla base invece del sistema solidissimo dei Moso sta assoluta residualità del matrimonio e invece la prevalenza delle “unioni itineranti” relazioni si, ma limitata nel tempo basata principalmente sull’amore reciproco e sul desiderio sessuale fin quando dura. Un giorno o una vita. Dove la violenza coniugale e’ inesistente, la gelosia viene derisa e la relazione tra uomo e donna è puramente sentimentale sessuale e non legata alla classe sociale o la situazione economica e dove la separazione non costituisce un dramma.

Chi sono i Moso e dove vivono?

«I Moso sono una minoranza etnica matriarcale e matrilineare, che vive nello Yunnan» (yun = nuvola; nan = sud), provincia sudoccidentale della Cina situata ai piedi dell’ Himalaya, ai confini con il Tibet, in un paesaggio di valli e montagne attraversato dal fiume Yangtze. Un’unica strada conduce al lago Lugu, “lago Madre” nella lingua dei Moso, a 2.700 metri sul livello del mare.

La casa dei Moso

All’ingresso del villaggio principale campeggia la targa di benvenuto, che recita in cinese e in inglese: “Benvenuti nel Paese delle Donne”. Inizia da qui il viaggio nella vita quotidiana dei Moso. Le case sono costruite interamente in tronchi di legno e si compongono di una stanza comune, detta Meng Low, che è anche la stanza dove si ricevono le visite e dove dorme la “Dabu” la matriarca che tiene le redini dell’estesa famiglia. Comunicante con questa, c’è una terza stanza, la “camera dei misteri”, la cui porta è sempre chiusa: qui, si dà alla luce i figli e si onorano i defunti.
All’interno della casa matriarcale il fuoco resta sempre alimentato. C’e’ un altare davanti al quale si fanno le offerte degli antenati ed esistono due pilastri di legno che sostengono il tetto; quello di destra è simbolo femminile è quello di sinistra e simbolo maschile, quello che simbolo femminile è fatto con la parte bassa dell’albero quello che simbolo maschile è fatto con la parte alta dell’albero.
Nella Meng Low ci sono panche basse tutt’intorno che a sera diventano letti per i bambini che vivono nella casa. Al centro della stanza c’è un focolare costantemente acceso con sopra una marmitta piena di acqua, per avere sempre acqua calda per cucinare, per il tè e da bere, poiché i Moso non bevono acqua fredda. La famiglia moso è una famiglia estesa a discendenza matrilineare: i figli vivono della famiglia della madre. Nonostante le donne Moso possano avere due bambini ciascuna (in casi rari, è concesso loro di averne fino a 3), l’indice di natalità resta basso, circa lo 0,8%: in una famiglia moso ci potrebbero essere più donne in età di procreare e se ognuna decidesse di avere due figli, come consentito dal regolamento vigente, ci sarebbero troppi bambini di cui occuparsi. La maternità è estesa anche ai figli delle altre donne: i bambini infatti considerano le altre donne della famiglia come “madri”, anche se distinguono la madre naturale da queste. In netta controtendenza rispetto alla politica nazionale del figlio unico maschio, nascere bambina non solo è consentito, ma è una benedizione in area moso.

La famiglia Moso

I Moso vivono nella stessa famiglia fino alla quarta generazione, insieme alla Dabu, la donna più anziana che ricopre il ruolo di capofamiglia. La sua autorità è riconosciuta da tutti i membri del nucleo familiare e la sua elezione è regolata da criteri di meritocrazia: al momento della successione, infatti, la Dabu in carica sceglie colei che prenderà il suo posto tra le donne della sua famiglia più meritevoli per imparzialità, capacità della gestione domestica e dei beni, moralità e rispetto per la persona.
Questi elementi determinano l’autorità della Dabu, che non abusa mai del suo potere: le decisioni sono condivise, ma lei ha l’ultima parola, e possono coesistere due Dabu senza che vi sia competizione tra di loro. L’uomo non è oggetto di oppressione da parte delle donne: sa occuparsi molto bene dei figli delle sorelle, costruisce e ripara la casa. Una siffatta distribuzione dei ruoli ne fa una società democratica ed egualitaria. Il matriarcato moso, infatti, non è l’equivalente del patriarcato.

Le attività lavorative dei Moso

I Moso sono una società contadina, uomini e donne lavorano indistintamente la terra servendosi di una tecnologia semplice: aratro a trazione animale, per l’aratura, bastone da scavo, per la semina e raccolta manuale del prodotto finale. Coltivano principalmente cereali, prodotti orticoli ma non il riso: le risaie non rientrano nella cultura moso, essendo la loro una comunità montana. Si praticano anche la pesca e la raccolta di una particolare pianta lacustre, e del suo fiore, che mangiano insieme alla carne o in zuppe: per queste attività, i Moso si servono di imbarcazioni scavate a mano da tronchi d’albero (attività di competenza degli uomini), senza motore. L’unica imbarcazione a motore presente sul lago è un natante con funzione di ambulanza, data l’impraticabilità della strada in determinati periodi dell’anno. La tessitura, praticata dalle donne, e l’oreficeria, praticata dagli uomini, sono tra le attività più diffuse. Negli ultimi anni, però, l’incremento del turismo ha permesso lo svilupparsi di altre attività commerciali. Principalmente sono sorti piccoli ristoranti e pensioncine a conduzione familiare, nei villaggi più facilmente raggiungibili. Il turismo porta benessere ma anche le prime avvisaglie di un divario economico tra le famiglie, prima inesistente. I Moso non lo incoraggiano, però va da sé che se una casa o un ristorante si affacciano sul lago, questi sono maggiormente richiesti dai turisti. Lo stesso dicasi per i villaggi: quelli prospicienti il lago sono preferiti a quelli situati più all’interno.

Il matrimonio e usi sessuali dei Moso

«I Moso si amano, ma non si sposano. Considerano il matrimonio come un attacco alla famiglia stessa». Con questa affermazione lapidaria, per il pubblico “occidentale”, ci conduce al centro della cultura moso, e della sua peculiarità principale. La cultura moso fa della separazione tra vita sentimentale e vita famigliare un principio irriducibile. Le relazioni tra uomo e donna avvengono nella più totale libertà sessuale, soprattutto da parte della donna: non esiste il concetto di proprietà della persona. I Moso dicono “ Tu non sei mio e io non ti appertengo”. Le loro relazioni affettive si basano sull’amore, sono disinteressate, non sono vincolate né da legame economico, né giuridico, nella totale convinzione che non si costruisce su un sentimento così fragile come l’amore.

All’età di 13 anni avviene il passaggio alla vita adulta: la ragazza riceve il costume tradizionale tessuto da tutte le donne del villaggio, che indosserà da quel momento in ogni occasione di festa comunitaria. Riceve inoltre la chiave della “camera dei fiori”, dove porterà il suo innamorato. La camera dei fiori viene costruita dagli uomini allargando la casa e donata alla giovinetta.

Anche il ragazzo riceve il costume tradizionale, ma non la chiave. Nessun membro della comunità oserà infrangere la privatezza degli incontri amorosi: il rispetto della privacy è osservato da tutti. Quando due persone si piacciono, la donna conduce l’uomo nelle sua stanza dei fiori dalla quale, passata la notte, l’uomo se ne va.

Per farvi ritorno il giorno dopo e quello dopo ancora. La segretezza accompagna la relazione fin quando non diventa stabile; a quel punto, la donna ne parla alla Dabu che per l’occasione prepara una cena a cui parteciperanno le donne anziane più vicine alla famiglia. Il legame tra i due innamorati è detto “unione itinerante” proprio per il suo carattere non fisso: è l’uomo a spostarsi nella casa della compagna e vi continua ad andare ogni notte, finché c’è amore tra i due. Quando il sentimento si esaurisce, l’uomo torna a dormire nella sua casa materna e la separazione avviene senza drammi ne’ strepiti, ne’ conflitti.

Le coppie abitano separatamente. Ciascuno abita nella propria dimora della propria famiglia materna e passano insieme la notte per separarsi all’alba.
L’assenza del matrimonio non ha conseguenze sulla comunità: non vivendo insieme, non ci sono contrasti. Le donne hanno il controllo del proprio corpo e della propria sessualità. I figli appartengono alla famiglia della madre, la loro educazione è affidata alla famiglia, i beni non sono in comune. I bambini non crescono con il padre biologico, anche se egli può vederli e stare con loro quanto vuole, ma spesso le donne avendo relazioni multiple non sanno bene di chi e’ il padre. Ma questo non costituisce un problema perche’ i figli sono considerati bene condiviso comune.

Fino a poco tempo fa, i bambini potevano anche non sapere il nome del loro padre, ma con l’istruzione obbligatoria cinese si è resa necessaria la paternità manifesta per poterli iscrivere a scuola. Questo fatto tuttavia, non è fonte di frustrazione nei bambini, che crescono nell’amore dei famigliari e in serenità.
L’infedeltà è anacronistica, dal momento che le coppie non si promettono mai niente a lungo. La violenza domestica non esiste, nessuno è proprietà di nessuno, si appartiene solo alla famiglia materna. La gelosia è derisa, anche pubblicamente: è un fattore culturale, non naturale. Ciò non vuol dire che tra i Moso non c’è violenza, ma questa è sporadica: si ha solo dove le coppie si sposano e coabitano.
La rara violenza non viene occultata, ma è resa pubblica e la gestione del conflitto è regolata da una donna saggia: i Moso sono tolleranti. Sono gelosia e violenza che generano disordine, nella visione Moso.

I Moso non hanno bisogno della matrimonio per riprodursi, dal punto di vista economico, come da quello biologico. L’unione Itinerante e’ un’unione soltanto affettiva e sessuale. Il passaggio della proprietà segue invece strada del tutto diverso all’interno della famiglia composto dalla madre da fratelli, sorelle ,figli maschili e femminili, ma tutti discendenti dal ramo femminile.

Per i Moso una famiglia nucleare monogamica tipica occidentale, è molto complessa, perché ti deve occupare di tutto il carico di lavoro molto intenso, mentre nella famiglia matriarcale il carico di lavoro è condiviso.
I bambini prendono i nomi dalle madri e l’asse ereditario è esclusivamente femminile (si eredita dalle madri).

Le madri sono il capo del nucleo familiare. I maschi adulti e le figlie femmine nascono, crescono e restano nella casa di famiglia con le madri. I bambini sono allevati dalle madri in una situazione di famiglia allargata che comprende zie e zii, cugini e cugine, e naturalmente, la nonna.

I Moso sono un popolo pacifico. Sono persone molto miti ed educate.
Non esiste il vincolo di matrimonio. Nella loro comunità è sconosciuta la gelosia, la violenza sessuale e l’omicidio. Credono che le donne portino il semi dei loro figli dentro di sè fin dal momento della nascita e per loro ‘non importa chi irriga il seme’.
Quando le ragazze raggiungono la pubertà, l’intero paese festeggia con la “Cerimonia della Gonna”.
Questa è una occasione molto gioiosa, si mangia tutti insieme, si beve e la ragazza riceve doni.

La cerimonia indica alla comunità che la giovane donna è pronta per prendersi tutti gli amanti che vuole. Una volta che una figlia è diventata donna la madre le ricava una sua stanza personale nella casa di famiglia. La stanza serve alla ragazza per intrattenere i suoi amanti davanti al calore di un fuoco.
I Moso sono un popolo modesto, hanno un forte senso di umiltà e riservatezza. Il comportamento sessuale è per loro una condotta completamente privata.
Il potenziale amante bussa alla finestra della stanza di una giovane donna che, in precedenza, lo ha avvertito di essere stato scelto attraverso una serie di ritualita’, nelle danze serali.
Uomini e Donne possono accettare o rifiutare il corteggiamento, mentre l’insistenza è considerata di cattivo gusto.
Sono sempre comunque le donne ad avere l’ultima parola e quindi il controllo la situazione, anche perché sono le sole disporre della propria camera, mentre gli uomini dormono in una stanza comune con fratelli e zii.

Il modo più tradizionale per corteggiare una donna quello di improvvisare una canzone che tesse le Grazie e la bellezza, se la donna rispondeva al controcanto a sua volta la canzone e’ chiaro che stava accettando la corte avrebbe aspettato l’amante nella sua camera.
Un’altra strategia di corteggiamento consiste nella appropriarsi di un oggetto che apparteneva alla persona desiderata, se questo non veniva reclamato significato da che i due avrebbero passato la notte insieme.

In alcuni villaggi uomo regala una cintura alla donna se lei non gradisce compagnia gliela restituisci va in caso contrario la teneva e lo aspettava la camera dei fiori. Una donna che collezionava molte cinture e’ una donna dai parecchi pretendenti e vengono portate con fierezza legate alla vita.
In altri casi durante le danze la donna stringe tre volte la mano all’uomo se lo vuole incontrare nella camera dei fiori.
Ciò accade di sera, dopo che tutta la famiglia si è ritirata nelle sue stanze per la notte. Se la giovane donna è disposta, gli apre la porta. Passano la notte insieme e lui lascia la casa al mattino prima che la famiglia si alzi. In questo modo le storie d’amore sono vissute in modo da non interferire con le abitudini della famiglia, che è il fondamento della comunità Moso.

Le donne Moso hanno di solito molti amanti e possono avere molti figli. Le loro famiglie sono orgoglioso di questo comportamento, perfettamente in accordo con la tradizione Moso. Avere molti amanti e molti figli è “adempiere alle aspettative dell’intera Comunità”.
In contrasto con la maggior parte delle società occidentali, non esiste vergogna o senso di colpa collegato alla condotta sessuale.
In realtà, il comportamento che ha la totale approvazione nella cultura Moso, ha prodotto disapprovazione e scandalo nella maggior parte delle altre culture occidentali.
Gli unici rapporti che sono proibiti fra i Moso, come nella maggior parte delle culture, sono le relazioni tra fratelli e consanguinei.

I Moso non hanno il concetto di matrimonio o dell’illegittimità dei bambini. Ogni neonato viene accolto, amato e celebrato con orgoglio, come evento gioioso, anche oltre la famiglia.
Nella società matriarcale la famiglia vive tutto sotto lo stesso tetto i suoi membri non si sposano. La cura degli anziani come quella dei bambini alla questione già risolta: tutti sono a carico di tutti. Tutti lavorano e la proprietà non viene mai divisa a causa dell’ eredità; il patrimonio familiare cresce costantemente all’interno del clan femminile.

I rapporti sono liberi

I rapporti sono liberi e se non funziona con una persona funziona sicuramente con un altro. In questa società non esiste l’omosessualità punto non sanno nemmeno che cosa significa. I Moso scoprono che esiste l’omosessualità quando vanno nei paesi occidentali nelle grandi città cinesi.

E’ evidente che in una societa’ dove i rapporti tra maschile e femminile funzionano la omosessualita’ diventa anacronistica.
Se una matriarca osserva un figlio o una figlia fannullona li minaccia di farli sposare in senso monogamico, perche’ non sanno stare nella collaborazione in gruppo e condividere i lavori. Solitamente questa minaccia risolve i contrasti e fa tornare la “voglia di condividere il lavoro.

La maternità.

Tutte le donne svolgono la funzione materna verso i figli delle sorelle. I bambini sono considerati la reincarnazione degli antenati, fino a tre anni stanno con la madre, poi si trasferiscono nella Meng Low e dormono con la Dabu fino ai 13 anni. La funzione di padre è svolta dallo zio materno. In una società matrilineare il padre naturale non ha alcun ruolo perché non è considerato consanguineo: la consanguineità ha valore sociale e culturale, più che biologico.
Ma in nessun caso i bambini sono privati dell’affetto dei padri, né i padri dei figli. Concetti come “figlio illegittimo”, “complesso di Edipo” non esistono presso i Moso; se non ci sono discendenti maschili, si adottano maschi adulti. Anche le donne sono adottabili, ma devono avere una relazione stabile e a differenza dell’uomo, la donna adottata può diventare capofamiglia, Dabu, della famiglia adottiva.

Le istituzioni.

Il capo villaggio è un uomo, il cui compito consiste nel coordinare le decisioni prese dalle Dabu. È un ruolo nominale. Nessun regolamento però impedisce alle donne di essere elette. È una donna ad aver meritato il titolo di “Regina dei Moso”. Proveniente da Chengdu e data in sposa al governatore locale si è adoperata per istruire i Moso e affiancando il marito nei vari incarichi governativi si è fatta portavoce dell’istanza della popolazione locale presso il governo centrale e ha continuato a farlo dopo la morte del marito fino all’età di 81 anni.

La religione e il culto dei morti.

I Moso praticano una forma sincretica di Buddismo tibetano e dabaismo. La natura è sacra ed è femminile: ovunque si incontrano le bandiere di preghiera colorate, soprattutto nei luoghi più elevati e ventilati. Gamu è la montagna sacra ed è oggetto di culto. I Daba, preti sciamanici maschili, sono i custodi della religione antica e hanno il potere di liberare le donne dagli spiriti maligni: in una prospettiva armonica, rappresentano nella religione quello che le Dabu sono nella società. Più volte al giorno girano attorno ad uno stupa (monumento funerario) in senso orario facendo ruotare il mulinello di preghiera. I Moso sono una società spirituale, spesso si incontrano donne recitanti preghiere mentre percorrono avanti e indietro le strade del loro villaggio.

In una una nicchia sulla montagna sacra di Shi Zhong Shan abitato dalla minoranza etnica dei Bai, dove la Yoni, una vulva gigante scolpita nella roccia su una base a forma di fiore di loto, è un luogo di culto antico, un inno all’origine della vita

Jose’&Resya – TantraLove

https://www.tantralove.biz/moso-la-popolazione-delle-donne-senza-marito/

 

Nessun commento :

Posta un commento