Amplesso tantrico su un tempio di Khajuraho. Foto di Marco Restelli.
Morbide, sensuali, eleganti e provocanti insieme:
le sculture erotiche dei templi di Khajuraho, in India,
suscitano stupore e un innegabile brivido erotico in chi le guarda. Si
resta ammirati perché osservando quelle coppie allacciate in vari
amplessi ci si dimentica che sono statue di pietra: i corpi degli amanti
sono così flessuosi, i loro abbracci così appassionati, da sembrare
vivi e veri. Merito dell’abilità degli
artisti che li scolpirono, negli anni fra il 950 e il 1050 dopo Cristo.
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Khajuraho è un villaggio dell’India
settentrionale ormai diventato una famosa meta turistica, proprio grazie
a questi templi (perfettamente conservati) che hanno portato fino a noi
l’essenza dell’arte erotica indiana. Perciò passeggiare nel bel
giardino che circonda i templi e soffermarsi davanti alle loro sculture è
un po’ come vedere “dal vivo” gli antichi trattati indiani sull’amore e
il sesso, quali il celebre
Kamasutra. La parola
Kama,
nelle lingue dell’India settentrionale, significa contemporaneamente
“amore” e “desiderio sessuale” e già il fatto che gli indiani usassero
una sola parola per i due concetti ci fa capire come li considerassero
inscindibili, e quale importanza attribuissero al sesso, vera e propria
arte da non trascurare mai per avere una felice vita di coppia.
Le sculture erotiche di Khajuraho raffigurano amanti in ogni genere
di atto sessuale – anche con più partner, con al centro una donna o un
uomo – e lasciano libero spazio alle fantasie sessuali. Fantasie che gli
antichi indù consideravano del tutto legittime, proprio perché la
sessualità era vissuta come fonte di estasi e anche di illuminazione
interiore, priva di ogni nesso col peccato. In un antico testo il dio
Shiva si rivolge così alla sua sposa Parvati: «Amata mia Signora, le
fantasie erotiche stimolano le emozioni e aiutano a elevare i sentimenti
al di sopra della mondanità. Sono d’aiuto per coloro che si sentono
incatenati dalle cose del mondo. Esplorando la coscienza, la fantasia
erotica può diventare un mezzo di Liberazione dai vincoli».
Le sculture di Khajuraho ci possono dunque insegnare a vedere le cose
da un punto di vista indù: la sensualità intesa come base dell’amore,
fonte di piacere ma anche di risveglio spirituale per la coppia, perché
il corpo del partner è come un tempio, degno di adorazione.
I libri tantrici indù insegnano che l’amplesso è uno strumento per
superare la separatezza fra il principio cosmico femminile e quello
maschile e raggiungere così, al culmine del piacere, l’Unità suprema. In
sostanza, una via che conduce a un’esperienza di estasi che è anche
mistica. Un punto di vista piuttosto difficile per noi occidentali
spesso animati da pregiudizi, come dimostra la reazione che ebbero i
primi esploratori inglesi quando nell’Ottocento scoprirono i templi di
Khajuraho: influenzati dalla propria morale puritana, gli inglesi
scrissero rapporti scandalizzatissimi, in cui bollarono come “oscena” e
“animalesca” quell’arte erotica.
Un’arte di cui è protagonista assoluta la donna, che a Khajuraho è
raffigurata ovunque e in mille modi anche al di là della vita sessuale:
ci sono sculture di donne che scrivono, che danzano, che si mettono il
kajal sugli occhi o
l’henné
sui piedi, si specchiano, cantano, ecc. La donna è protagonista di una
sensualità naturale, esibita con grazia e con malizia, ma sempre è
“soggetto”, mai “oggetto” sessuale. L’uguaglianza fra uomo e donna, nel
mondo del
kama, era un fatto assodato; benché discriminata in
altri aspetti della vita sociale, nel campo della sessualità e
dell’amore la donna indù aveva i medesimi diritti dell’uomo, e dunque lo
stesso diritto al piacere.
Scrive infatti il Kamasutra:
«Poiché la specie non è diversa, lo sposo e la sposa chiedono piacere
uguale. Perciò la donna è da vezzeggiare in modo che raggiunga il
piacere per prima».
Alcuni templi a Khajuraho, India. Foto di Marco Restelli
Quindi dal punto di vista dell’antico induismo – così bene espresso
nei templi di Khajuraho – l’atto sessuale non deve mai essere una cosa
superficiale o affrettata (come invece accade troppo spesso in
Occidente, con un atteggiamento “consumista”).
Nel Tantra l’unione sessuale è vista come un’esperienza totale, finalizzata all’espansione della coscienza degli amanti.
L’eccitazione dei due partner, intrecciata alla forza emotiva dell’
amore, genera un’enorme energia che cancella dalla coscienza degli
amanti ogni attività mentale estranea. L’unione fra uomo e donna insomma
può essere uno strumento evolutivo della coscienza dei partner: può
portarci a un punto dove maschile e femminile non sono più separati ma
fusi in una unità più alta, dove l’ego individuale si dissolve. L’atto
sessuale tantrico diventa così una forma di meditazione, come lo yoga.
Ed è anche una celebrazione del Femminile. Perché – come dice il dio
Shiva in un altro testo indù – «nemmeno noi Dei esisteremmo senza la
Shakti, l’energia femminile che muove e sorregge il mondo».
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I baci che risvegliano il desiderio
Un antico testo d’amore indù, lo Ananga Ranga, enumera dieci tipi di baci, ciascuno con una funzione diversa. Il bacio
Ghatika,
per esempio, è consigliato alle donne per suscitare la passione
maschile: «La donna, eccitata dal desiderio, ad occhi chiusi, coprendo
con le mani gli occhi del marito gli introduce in bocca la lingua e la
muove sinuosamente, in modo così dolce e cadenzato da dare subito l’idea
di un altro e più completo godimento». Il bacio
Pratibodha
invece è consigliato all’uomo: «Quando il marito dopo un’assenza torna a
casa e trova la moglie addormentata su un tappeto in una camera
solitaria, appoggi le labbra sulla sua bocca aumentando a poco a poco la
pressione fino a risvegliarla. E’ questo il bacio più gradito e che
lascia il più dolce ricordo».
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Avvolta come una liana all’albero
Una posizione erotica raffigurata sui templi indiani di Khajuraho è la
Vrikshadhirudha,
l’abbraccio che imita il gesto di chi si arrampica su un albero. Si
pratica così: l’uomo è in piedi e la donna pone un piede sul piede di
lui, poi alza e preme l’altra gamba sulla coscia di lui e circondandogli
la vita con le braccia lo stringe con forza, quindi lo bacia
appassionatamente e poi lo conduce all’atto amoroso.
http://www.milleorienti.com/2013/07/31/cosa-ci-insegnano-i-templi-erotici-di-khajuraho/