venerdì 20 aprile 2018

L'inizio della risata


20/4/2018
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La risata è iniziata con Mahakashyapa e ha poi continuato a esistere ininterrottamente nella tradizione Zen. Nessun’altra tradizione è veramente in grado di ridere. Ridere appare così irreligioso, profano, che è impossibile immaginare Gesù che ride, è impossibile pensare a Mahavira che ride. Non puoi proprio concepire Mahavira che si fa una bella risata di pancia, o Gesù che ride fragorosamente. No, la risata è stata sempre negata e la tristezza è diventata, in un certo senso, qualcosa di religioso. 

Un famoso pensatore tedesco, il conte Keyserling, ha scritto che la salute non è religiosa. La malattia ha delle qualità in sintonia con la religione, perché una persona malata è triste, priva di desideri: questo non perché si sia lasciata alle spalle tutti i desideri, ma solo perché è troppo debole. Una persona sana vuole ridere, vuole godersi la vita, vuole essere allegra, non può essere triste. Quindi le religioni hanno cercato in tanti modi di renderti malato: digiuna, reprimi il corpo, torturati. Diventi triste, pensi a suicidarti… ti crocifiggi da solo! Come farai a ridere? La risata nasce dalla salute, è energia che trabocca. Ecco perché i bambini possono ridere, e la loro è una risata totale. Tutto il corpo ne viene coinvolto, quando ridono ti sembra che ridano anche le dita dei piedi. Tutto il corpo, ogni cellula, ride e vibra. Sono così pieni di salute, così vitali: l’energia fluisce. 

Un uomo triste è un bambino malato, mentre un vecchio che ride è ancora giovane. Persino la morte non può invecchiarlo, nulla può renderlo vecchio. La sua energia fluisce ancora e trabocca, ne è sempre inondato. La risata è un diluvio di energia. Nei monasteri Zen hanno continuato a ridere e ridere e ridere. La risata diventa preghiera solo nello Zen, perché Mahakashyapa è stato il primo a iniziare. Venticinque secoli fa, in una mattina che era proprio uguale a questa, Mahakashyapa ha dato vita a una nuova tendenza, completamente nuova, sconosciuta alla mente religiosa del passato: si è messo a ridere. Si è messo a ridere di tutta l’idiozia, di tutta la stupidità. E Buddha non l’ha condannato; anzi, al contrario, gli ha detto di avvicinarsi e gli ha dato un fiore e ha parlato alla folla. 

Quando la folla ha sentito la risata, avrà pensato: “Quest’uomo è impazzito. Quest’uomo non ha rispetto per Buddha. Come puoi ridere in presenza di un buddha? Quando un buddha è seduto in silenzio, come puoi ridere? Quest’uomo non ha alcun rispetto”. La mente dirà che tutto questo è mancanza di rispetto. La mente ha le sue regole, che il cuore non conosce; il cuore ha le proprie regole, ma la mente non ne ha mai sentito parlare. Il cuore può ridere eppure continuare a essere rispettoso; la mente non può ridere, può solo essere triste ed essere molto rispettosa. Ma che genere di rispetto è quello che ti impedisce di ridere? Con la risata di Mahakashyapa, è iniziato qualcosa di nuovo e nel corso dei secoli questa risata è andata avanti. Solo i maestri Zen, e i discepoli dello Zen, ridono. 

Tutte le religioni sono diventate malate perché la tristezza è diventata sempre più importante. I templi e le chiese assomigliano a dei cimiteri: non hanno affatto un’aria di festa, non ti danno un senso di celebrazione. Cosa vedi se entri in una chiesa? Non la vita, ma la morte: Gesù crocifisso è l’ultimo tocco nel quadro della tristezza. Puoi forse ridere in chiesa, danzare, cantare in chiesa? È vero, ci sono dei canti, ma sono tristi, e la gente è seduta con la faccia lunga. Non è una sorpresa che nessuno voglia andare in chiesa: è solo un dovere sociale da adempiere. Non sorprende che nessuno si senta attratto dalla chiesa: è una formalità. La religione è diventata una cosa della domenica. Per un’ora puoi tollerare tutta quella tristezza. 

Mahakashyapa si mise a ridere davanti a Buddha, e da allora i monaci zen, i maestri, hanno fatto cose tali che le menti religiose – le cosiddette menti religiose – non riescono nemmeno a concepire. Se hai visto qualche libro Zen, forse hai visto anche qualche ritratto, qualche dipinto di un maestro Zen. Nessuno di questi ritratti è fedele all’originale. Se guardi il ritratto di Bodhidharma o quello di Mahakashyapa, non sono ritratti fedeli del loro viso, ma ti basta guardarli per avere la sensazione della risata. Sono spassosi, ti fanno ridere.
Osho


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