21 MARZO 2016
Verso mezzanotte gli occhi si aprirono all’improvviso. Non
li aprii io, il sonno fu rotto da qualcos’altro. Intorno a me, nella stanza,
sentii una presenza imponente. La stanza era piccolissima. Sentii tutt’intorno
a me una pulsazione di vita, una vibrazione assordante, simile a un uragano:
una tempesta incredibile di luce, gioia ed estasi.
Ero sommerso: era tanto reale che ogni altra cosa divenne
irreale. I muri della stanza divennero irreali, la casa divenne irreale, il mio
stesso corpo divenne irreale. Ogni cosa era irreale perché ora, per la prima
volta, la realtà era presente. …
Quella notte un’altra realtà aprì la sua porta, un’altra
dimensione divenne disponibile. All’improvviso era presente, quella realtà
«altra», una realtà separata: la realtà vera, o in qualsiasi modo tu voglia
chiamarla. Chiamala Dio, verità, dhamma, Tao, o come meglio preferisci. Era
senza nome. Ma era presente, così opaca, così trasparente, e tuttavia tanto
evidente che chiunque avrebbe potuto toccarla. Nella stanza mi stava
soffocando: era troppo intensa e io ero incapace di assorbirla.
Sorse in me il bisogno spasmodico di precipitarmi fuori da
quella stanza, uscire sotto il cielo. Se fossi rimasto pochi minuti ancora,
sarei soffocato. Così mi sembrava.
Corsi fuori, uscii all’aperto. Sentivo la necessità di
essere semplicemente sotto il cielo, con le stelle, con gli alberi, con la
terra, essere con la natura. E subito dopo essere uscito, il senso di
soffocamento scomparve: il luogo era troppo piccolo per contenere un fenomeno
simile. È più grande del cielo! Il cielo stesso non lo delimita: ma così mi
sentivo più a mio agio.
Mi incamminai verso il giardino più vicino. Era una
camminata totalmente diversa, come se la forza di gravità fosse scomparsa.
Camminavo, o correvo, o semplicemente volavo; era difficile da decidere. La
gravità era assente. Mi sentivo senza peso, come se una forza mi trasportasse:
ero nelle mani di un’altra energia.
Per la prima volta non ero solo, per la
prima volta non ero più un individuo, per la prima volta la goccia era caduta
nell’oceano; ora l’intero oceano era mio, io ero l’oceano. Non c’erano più
limiti. Un potere tremendo sorse dentro di me, come se io avessi potuto fare
qualsiasi cosa, in qualunque situazione… io non ero presente, esisteva solo
quel potere.
Raggiunsi il parco dove andavo ogni giorno. Era chiuso: era
troppo tardi, era all’incirca l’una di notte. I giardinieri erano profondamente
addormentati: dovetti entrare come un ladro, scalando il cancello. Ma qualcosa
mi spingeva verso il parco. Non era in mio potere frenare me stesso.
Semplicemente fluivo.
Quando entrai nel parco, ogni cosa divenne luminosa. Ovunque
era benedizione, beatitudine. Per la prima volta potei vedere gli alberi… il
loro verde, la loro vita, la loro linfa scorrere. L’intero giardino era addormentato, gli alberi erano addormentati, ma io potevo
vedere il giardino vivo. Perfino le piccole foglie d’erba splendevano di luce.
Mi guardai intorno: un albero era terribilmente luminoso, il
Maulshri. Mi attirò, mi trascinò verso di lui. Io non l’avevo scelto. Dio
stesso lo aveva scelto. Andai verso l’albero; mi ci sedetti sotto: come mi
sedetti là, tutte le cose iniziarono a sedersi con me, l’intero universo
divenne una benedizione.
È difficile dire per quanto tempo rimasi in quello stato.
Quando tornai a casa, erano le quattro del mattino, per cui, secondo
l’orologio, ero rimasto là perlomeno tre ore: ma fu un’infinità. Non aveva
nulla a che vedere con l’orologio, era senza tempo. Quelle tre ore divennero
un’eternità, senza fine. Non c’era tempo, non esisteva lo scorrere del tempo.
Era la realtà vergine, incorrotta, intatta, incommensurabile.
E quel giorno è successo qualcosa, che è continuato, non
come ripetizione, ma come corrente sotterranea, come una cosa permanente. In
ogni momento continua ad accadere di nuovo: ogni momento avviene il miracolo.
Quella notte, e da quella notte in poi, non sono più stato
nel corpo. Mi muovo intorno a lui. Divenni terribilmente potente, e allo stesso
tempo molto fragile, divenni molto forte, ma quella forza non è la forza di una
roccia, è la forza di una rosa…
OSHO: UNA VERTIGINE CHIAMATA VITA
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