Osho,
che
bisogno abbiamo di Dio visto che possiamo star seduti ai piedi di un Maestro
meraviglioso?
Sheela,
sciocchina!
Questo è il modo più sicuro per trovare Dio, non bisogna lasciarselo sfuggire.
Il Maestro è solo una finestra. Il Maestro si affaccia semplicemente su Dio,
proprio come la finestra si affaccia sul cielo. Ciò che vedi nel Maestro non
appartiene propriamente al Maestro, Egli non esiste più. Ciò che vedi
attraverso la finestra non le appartiene: appartiene al cielo, alle stelle, al
sole nascente, al volo di un uccello, ai fiori. La finestra è solo un’apertura:
ciò che si vede attraverso di essa è un’altra cosa. Il Maestro è solo un
tramite.
Se
riesci ad arrenderti, se riesci ad aver fiducia nel Maestro, ti sei arreso a
Dio, hai dato fiducia a Dio. E prima o poi è inevitabile che si esca sotto il
cielo aperto. Si dovrebbe essere eternamente riconoscenti al Maestro, perché
senza la finestra non sarebbe esistito il cielo, ma solo un muro. Ma si deve
passare attraverso il Maestro e andare oltre. Non ci si dovrebbe aggrappare
alla finestra, la cornice della finestra non dovrebbe diventare un ostacolo.
Per
cui, il Maestro perfetto è quello che ti aiuta ad arrenderti a Dio attraverso
di lui, e non ad arrenderti a lui. Ovviamente all’inizio sembrerà che ti
stia arrendendo alla finestra, perché non hai nessun’altra comprensione del
cielo, e puoi addirittura arrivare ad adorare la cornice della finestra. Nella
storia della consapevolezza umana è successo ripetutamente.
Buddha
è una finestra, come pure lo sono Mahavira, Cristo, Maometto. Ma poi ti
dimentichi del cielo. Chiudi gli occhi e inizi ad adorare la finestra. Ti è
sfuggito l’essenziale!
Non
devi adorare me.
Il
compito del vero Maestro è diventare gradualmente inutile al discepolo. Buddha
dice: Se mi incontri sul tuo cammino, uccidimi immediatamente. Al Maestro non
piace frapporsi fra te ed il divino, e se gli piacesse non sarebbe affatto un
Maestro. Se ti insegna ad aggrapparti a qualcosa, ti sta insegnando cose di
questo mondo; se invece ti insegna a staccarti dalle cose, ti sta insegnando il
divino.
La
funzione del Maestro è estremamente delicata. All’inizio, pur conoscendo i
rischi che ciò comporta, deve aiutarti ad arrenderti a lui; poi, man mano che
ti avvicini e diventi un devoto, il Maestro ti aiuta a comprendere l’essenziale.
L’inizio
dell’essere discepolo non ne è la fine. È inevitabile che l’inizio sia un po’
falso, semplicemente perché vivi in un mondo di bugie. Capisci solo il
linguaggio, non capisci ciò che è al di là delle parole, per questo ti si deve
parlare con parole. E parlarti per persuaderti a essere silente, è un lavoro
assolutamente paradossale! Tu capisci cosa sia il rapporto, non capisci cos’è l’amore.
Come
prima cosa il Maestro ti aiuta a creare una relazione tra di voi, poi man mano
che tu acquisti abilità, lui pian piano si ritira. Ti aiuta a liberarti di lui.
Ma ci
possono essere due fonti di malinteso. Nel primo caso ti puoi aggrappare al
Maestro, puoi iniziare ad adorarlo, dimenticando completamente che era solo un
dito puntato alla luna. Non si deve adorare il dito. Bisogna capire che il dito
era solo un dito per poter arrivare a vedere la luna. Se ti aggrappi al
dito, chi guarderà mai la luna? Se ti lasci ossessionare dal dito, come potrai
arrivare a guardare la luna?
Questo
è uno dei possibili inconvenienti. È successo cosi tante volte che persino un
uomo come J. Krishnamurti è andato all’estremo opposto. Persone simili vivono
in una paura continua che ciò si verifichi perché è accaduto così tante volte
da fargli temere che possa succedere anche a lui. Per cui dice sin dal
principio che non è affatto necessario avere un Maestro, né essere un
discepolo. E ora egli viene frainteso, perché solo gli egoisti si interessano a
lui, solo egoisti incapaci di arrendersi, incapaci di fidarsi, persone
assolutamente ossessionate dal proprio ego. Queste persone trovano Krishnamurti
molto attraente. Si dicono: «Ecco la persona giusta! Non è necessario
arrendersi, non occorre aver fiducia, non si deve seguire nessuno. Sei
assolutamente libero. Non occorre affatto preoccuparsi di lasciar cadere
qualcosa, si resta se stessi». E così restano attaccati alloro ego.
Questo
è un altro pericolo. E Krishnamurti ha talmente insistito su questo punto che
la gente ha iniziato ad aggrapparsi all’idea del non essere aggrappati. Ha
spaventato la gente.
Se non
si è discepoli, non si pone affatto il problema di uccidere il Maestro o di
andare oltre il Maestro, perché non c’è mai stato un Maestro.
Chi
ascolta Krishnamurti non riuscirà mai ad andare oltre il Maestro perché non è
mai passato attraverso di lui. Queste persone resteranno avvolte dalle mura del
loro ego, resteranno imprigionate nel loro ego.
E
molti seguaci di Krishnamurti sono venuti da me, chiedendomi: «Cosa fare? Lo
abbiamo ascoltato per anni, e non è successo nulla! Pur essendo convinti che
tutto ciò che dice è vero, noi siamo sempre gli stessi». Non accadrà nulla,
perché un evento è possibile solo se si è pronti ad affrontare questo
paradosso. Si deve iniziare col Maestro, ma non finire col Maestro.
Il
Maestro è simile a una scala: la usi, ma quando viene il momento in cui la si
deve lasciare, non ci resti aggrappato.
Il
Maestro, come ha detto Buddha, è simile a una barca. Si passa da una sponda all’altra,
ma poi si deve. scendere dalla barca. Sei riconoscente alla barca, la puoi
perfino ringraziare, ma non te la porti appresso sulle spalle.
Buddha
ha ripetuto parecchie volte la storia di cinque sciocchi che si portavano una
pesante barca sulle spalle. Nel loro incontro con Buddha, intorno a loro si
radunò una folla. E Buddha chiese a quegli uomini sudati e stanchi: «Cosa
succede? Perché portate in spalla questa barca?».
«Questa
barca ci ha aiutati» fu la risposta. «Eravamo sull’altra sponda. Se questa
barca non fosse stata presente, le fiere ci avrebbero divorati, ma questa barca
ci ha salvati. E ora come potremmo abbandonarla? La dobbiamo portare con noi. È
la nostra stessa vita.»
Ma
quella barca, a quel punto, era diventata un pericolo.
Se
avessero ascoltato Krishnamurti, non sarebbero mai entrati in quella barca. E
le fiere ne sarebbero state felici. Gli uomini, usando la barca, hanno fatto
una cosa più che giusta, ma non è necessario che trasportino quella barca sulle
spalle per tutta la vita.
In
passato si è verificato questo primo eccesso: le dita che indicavano la luna
sono diventate oggetti di adorazione. I musulmani, i cristiani, gli indù, i
giainisti, i buddhisti, hanno tutti fatto la cosa sbagliata. Ora ci sono statue
ovunque e la gente le adora. Krishnamurti si è spostato all’estremo opposto.
Il mio
approccio è esattamente nel mezzo. Io ti insegno ad arrenderti e poi ad
andare oltre lo stesso arrendersi. Caduto l’ego, puoi essere te stesso, non prima.
Quando non sei più, puoi essere te stesso. Ricorda: essere se stessi non ha
nulla a che vedere con l’idea del sé, essere se stessi è molto più vicino al
non-sé che al sé. È uno stato di nullità, shunyata. È assolutamente
svuotato dell’ego.
Usa la
scala, ma non tirartela dietro. Usa la barca. E, quando hai raggiunto l’altra
sponda, scendine.
È
bello, Sheela, che tu dica: Che bisogno abbiamo di Dio visto che possiamo
star seduti ai piedi di un Maestro meraviglioso?
Questo
è l’inizio della devozione. Ma devo continuare a ricordarti che io sono solo
una finestra, una porta. Sii riconoscente, sii grata, ma va’ oltre. Il mio
lavoro è aiutarti a diventare parte della totalità.
Proprio
ieri ho ricevuto un’altra lettera di Somendra. Ha capito. Ha una notevole
intelligenza, e quindi speravo che prima o poi capisse. E proprio pochi giorni
fa parlavo di lui, visto che avevo ricevuto una sua lettera il giorno prima.
Questa lettera sarà utile a tutti voi. Somendra scrive:
Amato
Osho,
in
questi giorni ho ascoltato i tuoi discorsi registrati su nastro e mi sono
ritrovato in uno stato di shock. Immagino che questo accada quando si vive con
un Maestro. Ogni cosa sembrava fluire splendidamente, e mi sentivo così
innocente e cosi felice, perfettamente in grado di aiutare gli altri... e poi...
il crollo! Mi sento come un pallone sgonfiato, il che dimostra solo che ero
pieno d’aria! Ti sono riconoscente. Dopo tutto, è per questo che sei qui: per
mostrarci cosa abbiamo all’interno, nascosto.
Non ce
la faccio a lasciarti un’altra volta. È ovvio che posso essere veramente libero
solo attraverso di te e tramite il tuo amore. Per cui cerco di aprirti il mio
cuore e anche le mie orecchie a questa distanza, fiducioso che riuscirai a
farti strada attraverso questo mio essere assurdo, nascosto in profondità.
Non ho
mai coscientemente agito per un bisogno di grandezza personale, anche se questa
componente c’è stata. Sono stato portato fuori dalla retta via solo perché
ignoravo le verità più profonde e più sconosciute. Per favore, perdonami per
questo: so che lo puoi fare e che lo farai. Concluderò il programma in cui mi
sono impegnato e che è già organizzato fino al prossimo maggio, se questo ha un
valore anche minimo ai tuoi occhi, ma che non ha un’importanza reale: solo un
allegro leela. In qualunque momento mi chiamerai, verrò immediatamente.
Spero che nulla mi spinga di nuovo ad allontanarti dal mio cuore, anche se
esiste sempre il rischio che altri come me perdano il contatto col proprio
cuore. Se mi riconduci indietro, amato amico e Maestro, mi sforzerò di seguirti
come meglio potrò, come può fare un sannyasin che cammina a tentoni.
Ti amo
con tutto il mio cuore e cercherò di essere sempre più consapevole della paura
che mi tiene lontano da te e dall’unione dell’amore.
Namasté.
E tocco i tuoi dolci piedi.
Somendra
Si era
perso, ma ora è ritornato. E quando tornerà veramente indietro, anche
fisicamente, dategli un caloroso benvenuto. Celebrate il suo ritorno!
Gesù
parla del figliol prodigo. Un uomo aveva due figli. Uno era molto fedele al
padre, gli era profondamente devoto. L’altro rappresentava un problema.
Combinava guai in continuazione. Alla fine il padre, che stava ormai
invecchiando, decise di dividere i suoi averi tra i due figli. Il primogenito
rimase con lui mentre il giovane, nell’istante in cui ebbe i soldi, lasciò il
padre e il villaggio, andò in una grande città e spese tutto il denaro in
scommesse, sbornie e prostitute.
In
pochi anni, perso tutto ciò che aveva, divenne un mendicante. Aveva esordito
ricco e ora mendicava. Un giorno si disse: «Perché non posso tornare da mio
padre? Per lo meno mi potrebbe accogliere come suo servo. Lui ha molti servi, e
molti ne ha mio fratello. Non sono degno di essere trattato come un figlio, ma
posso supplicarlo di accettarmi come servo. Sarà preferibile al mendicare da
sconosciuti e ricevere in continuazione insulti su insulti, umiliazioni su
umiliazioni».
Mandò
un messaggio: «Torno a casa. Accettami solo come tuo servo. Non merito più di
essere accolto come un figlio».
Il
padre era felicissimo. Quando seppe che quella sera sarebbe arrivato, organizzò
una grande festa, una celebrazione immensa.
Il
figlio maggiore era nei campi in cui lavorava tutto il giorno, e non sapeva cos’era
successo in casa. Qualcuno gli disse: «Che ingiustizia! Tu sei sempre stato
ubbidiente, hai sempre seguito le orme di tuo padre, hai aiutato questo vecchio
in mille modi, ma non sei mai stato festeggiato, non si è mai organizzato un
banchetto in tuo onore. Ed ora che torna tuo fratello - che ha perso tutti i
soldi in scommesse, con prostitute e sbornie - ora che quel vagabondo torna a
casa, tuo padre sta organizzando un banchetto. Si stanno preparando dolci, e l’intero
villaggio è stato invitato perché il figlio sta tornando indietro, ritorna a
casa».
Il
figlio maggiore, furibondo, corse a casa. Per la prima volta urlò a suo padre:
«Cosa succede? Io ti ho sempre ubbidito, ti ho sempre servito, ti ho sempre
seguito. Non ti ho mai detto di no, e in mio onore non è mai stato organizzato
un banchetto né una festa! Sei ingiusto! E per quell’altro fannullone stai
dando una festa? Sai ciò che ha fatto quand’era lontano da casa?».
Il
padre, con gli occhi colmi di lacrime, disse: «Non capisci. Tu sei stato vicino
a me. Conosco il tuo amore, la tua fiducia, la tua ubbidienza, e ho riversato
sempre su di te il mio amore. Ma lui si era perso. E ora che ritorna deve
essere ricevuto con tutti gli onori affinché possa riconquistare la sua
dignità, sentirsi di nuovo parte della famiglia, sentire di nuovo l’amore, non
si senta straniero, non senta di aver fatto qualcosa di sbagliato, non si senta
in colpa. Questa festa è stata organizzata per cancellare in lui ogni senso di
colpa. Tu non hai nessun senso di colpa, per cui non hai bisogno di una festa.
Per te ogni giorno è una festa! Ogni giorno ho riversato su di te il mio amore.
«Ma se
lui non è accolto bene, non si sente benvenuto, sentirà di essere ritornato in
una casa che non è più la sua. Mi ha mandato un messaggio: “Accettami solo come
un servo”. Ma lui deve essere accettato come un figlio, non come un servo. E
cosa importa se si è perso? Ciò che importa è che sia tornato a casa!»
In
India abbiamo un proverbio: Di un uomo che si perde al mattino e la sera torna
a casa, non si può dire che si sia perso.
È
naturale.
E il
padre disse: «Sai benissimo che se un pastore torna a casa con tutte le sue
pecore e contandole si accorge che erano cento mentre ora sono solo novantanove
- una pecora si è persa nella foresta - lascia tutte le altre pecore, torna nel
buio della notte, alla ricerca della pecora che manca. E quando la trova se ne
rallegra, e riporta quella pecorella smarrita sulle sue spalle, perché la
pecora che si era persa, che aveva corso mille pericoli, ora è ritornata. È
quasi una nuova nascita».
Per
questo vi dico, quando arriva Somendra... gli ho mandato un messaggio: «Finisci
tutti i programmi che hai fissato e poi ritorna a casa»... quando torna,
ricevetelo.
Questo
può succedere a tutti, perché la mente, l’ego funzionano così. Le vie dell’ego
sono molte e imprevedibili.
Il
Maestro deve in primo luogo distruggere il tuo ego, e il tuo inconscio cercherà
di proteggerlo. Quando il tuo ego sarà distrutto, inizia la seconda fase del
lavoro: aiutarti a camminare sulle tue gambe. La seconda fase non è molto difficile;
mentre la prima è difficilissima perché fa male lasciar cadere il proprio ego.
Te lo sei portato dietro per milioni di vite, è quasi diventato la tua
identità.
È così
che ti conosci. Funziona come il tuo essere. Non è un centro reale, è un falso
centro, ma è diventato così potente che il centro reale è ora nascosto dietro
quello falso.
Hai
scordato il tuo volto originale, e il Maestro deve toglierti la maschera. Fa
male, perché non è più una maschera, è quasi diventata una pelle. Non è più un
semplice vestito, non lo si può abbandonare facilmente. Fa male strappare via
la pelle! E tutti cercheranno di proteggersi in qualche modo.
Per
questo la fuga di Somendra sarà utilissima per tutti voi.
Può
succedere a tutti, è così che funziona il vostro ego.
Quella
testa di legno che ieri ha chiesto: «Osho, sei sicuro di capire tutte le
barzellette che ci racconti?»... be’, questo può accadere anche a lui. Sembra
molto egotista. La sua domanda dimostra solo aggressività, ego, nient’altro.
Cerca di dimostrare che è intelligentissimo. Non sa quel che dice, non sa
quello che chiede.
Questo
può succedere a chiunque. Tutti si possono perdere per strada. E la prima parte
del compito del Maestro consiste nell’aiutarvi a non andare fuori strada, nel
riportarvi a casa ogni volta. E una volta che il tuo ego è esaurito, allora
inizia la seconda fase: aiutarvi a camminare sulle vostre gambe.
L’opera
di Krishnamurti non avrà un seguito perché ha saltato la prima fase per passare
subito alla seconda. Poi ci sono quelli che affrontano solo la prima fase e non
iniziano mai la seconda. Sri Aurobindo, per esempio, si occupa solo della prima
fase. E questo può essere pericoloso.
Krishnamurti
è consapevole di questo pericolo. Di fatto, lo è fin troppo, e inutilmente. Il
pericolo esiste, ma non ci si deve lasciare ossessionare. Lo si deve accettare
per poi andare oltre. Krishnamurti inizia con la seconda fase, un’impresa
impossibile. Se non si usa la barca, non si può passare all’altra sponda. Se
non usi la scala, non raggiungerai mai il livello superiore. Ma lui inizia
parlando del livello superiore. Ancora non sono state messe le fondamenta che
già si inizia a creare il tempio, quel tempio non potrà mai essere costruito.
E ci
sono persone come Sri Aurobindo che mettono le fondamenta, ma le fondamenta
diventano l’intero tempio.
Il mio
lavoro è totale, è organico. Metto le fondamenta e poi erigo anche il
tempio.
Krishnamurti
reagisce contro gli errori del passato. So cosa è successo a Buddha, a
Mahavira, a Krishna, a Maometto, e so anche cosa è successo a Krishnamurti. Per
questo io lavoro in modo diverso: cerco di restare esattamente nel mezzo, di
non raggiungere nessun estremo. Per questo sarò frainteso da tutti: coloro che
iniziano con la prima fase senza mai passare alla seconda mi fraintenderanno a
causa della mia seconda fase, e lo stesso faranno coloro che anziché partire
con la prima fase iniziano con la seconda.
Proprio
pochi giorni fa, Amrito è andato a vedere Krishnamurti e per un’ora e mezza
Krishnamurti ha continuato a ripetere: «Abbandona questa idea di essere un
discepolo, di avere un Maestro, lascia perdere questa idea. Abbandona il
sannyas. Sii libero!».
E
Amrito ha ascoltato con amore, ha sentito la compassione di quell’uomo - è un
uomo molto compassionevole, con un amore immenso - ma alla fine gli ha detto: «Hai
ragione, ma vorrei uscire da questa relazione senza fretta ma come una
foglia ormai secca che cade dall’albero senza far rumore, senza sforzo».
Krishnamurti
non lo volle ascoltare. Ha replicato: «Fallo immediatamente! ».
E Amrito
ha detto: «Non lo posso fare subito perché ancora non sono pronto. Se abbandono
il Maestro in questo momento, resterò col mio ego. Prima bisogna che il mio ego
scompaia grazie al Maestro e poi so che il mio Maestro è in grado di aiutarmi a
cadere come una foglia, in silenzio, senza neppure un sussurro».
E
quando questo accade, il miracolo è completo, il viaggio è ultimato.
Sheela,
è un bene che tu ami stare con me. Questa è la prima fase del lavoro. Per ora
non occorre preoccuparsi di Dio, per ora va bene cosi. Abbandonati totalmente a
me, e a me spetterà svolgere la seconda parte del lavoro. A quel punto io
inizierò ad aiutarti ad andare oltre la porta, ad entrare nell’aldilà.
Arrendersi è solo una via verso la libertà. Porta via solo ciò che di fatto non
hai mai avuto, e ti dà ciò che già possiedi, ma di cui ti sei completamente
scordata.
Osho: Guida spirituale
Nessun commento :
Posta un commento