giovedì 9 aprile 2020

Fatemi una sorpresa!


See more


Osho,
che bisogno abbiamo di Dio visto che possiamo star seduti ai piedi di un Maestro meraviglioso?

Sheela,
sciocchina! Questo è il modo più sicuro per trovare Dio, non bisogna lasciarselo sfuggire. Il Maestro è solo una finestra. Il Maestro si affaccia semplicemente su Dio, proprio come la finestra si affaccia sul cielo. Ciò che vedi nel Maestro non appartiene propriamente al Maestro, Egli non esiste più. Ciò che vedi attraverso la finestra non le appartiene: appartiene al cielo, alle stelle, al sole nascente, al volo di un uccello, ai fiori. La finestra è solo un’apertura: ciò che si vede attraverso di essa è un’altra cosa. Il Maestro è solo un tramite.
Se riesci ad arrenderti, se riesci ad aver fiducia nel Maestro, ti sei arreso a Dio, hai dato fiducia a Dio. E prima o poi è inevitabile che si esca sotto il cielo aperto. Si dovrebbe essere eternamente riconoscenti al Maestro, perché senza la finestra non sarebbe esistito il cielo, ma solo un muro. Ma si deve passare attraverso il Maestro e andare oltre. Non ci si dovrebbe aggrappare alla finestra, la cornice della finestra non dovrebbe diventare un ostacolo.
Per cui, il Maestro perfetto è quello che ti aiuta ad arrenderti a Dio attraverso di lui, e non ad arrenderti a lui. Ovviamente all’inizio sembrerà che ti stia arrendendo alla finestra, perché non hai nessun’altra comprensione del cielo, e puoi addirittura arrivare ad adorare la cornice della finestra. Nella storia della consapevolezza umana è successo ripetutamente.
Buddha è una finestra, come pure lo sono Mahavira, Cristo, Maometto. Ma poi ti dimentichi del cielo. Chiudi gli occhi e inizi ad adorare la finestra. Ti è sfuggito l’essenziale!
Non devi adorare me.
Il compito del vero Maestro è diventare gradualmente inutile al discepolo. Buddha dice: Se mi incontri sul tuo cammino, uccidimi immediatamente. Al Maestro non piace frapporsi fra te ed il divino, e se gli piacesse non sarebbe affatto un Maestro. Se ti insegna ad aggrapparti a qualcosa, ti sta insegnando cose di questo mondo; se invece ti insegna a staccarti dalle cose, ti sta insegnando il divino.
La funzione del Maestro è estremamente delicata. All’inizio, pur conoscendo i rischi che ciò comporta, deve aiutarti ad arrenderti a lui; poi, man mano che ti avvicini e diventi un devoto, il Maestro ti aiuta a comprendere l’essenziale.
L’inizio dell’essere discepolo non ne è la fine. È inevitabile che l’inizio sia un po’ falso, semplicemente perché vivi in un mondo di bugie. Capisci solo il linguaggio, non capisci ciò che è al di là delle parole, per questo ti si deve parlare con parole. E parlarti per persuaderti a essere silente, è un lavoro assolutamente paradossale! Tu capisci cosa sia il rapporto, non capisci cos’è l’amore.
Come prima cosa il Maestro ti aiuta a creare una relazione tra di voi, poi man mano che tu acquisti abilità, lui pian piano si ritira. Ti aiuta a liberarti di lui.
Ma ci possono essere due fonti di malinteso. Nel primo caso ti puoi aggrappare al Maestro, puoi iniziare ad adorarlo, dimenticando completamente che era solo un dito puntato alla luna. Non si deve adorare il dito. Bisogna capire che il dito era solo un dito per poter arrivare a vedere la luna. Se ti aggrappi al dito, chi guarderà mai la luna? Se ti lasci ossessionare dal dito, come potrai arrivare a guardare la luna?
Questo è uno dei possibili inconvenienti. È successo cosi tante volte che persino un uomo come J. Krishnamurti è andato all’estremo opposto. Persone simili vivono in una paura continua che ciò si verifichi perché è accaduto così tante volte da fargli temere che possa succedere anche a lui. Per cui dice sin dal principio che non è affatto necessario avere un Maestro, né essere un discepolo. E ora egli viene frainteso, perché solo gli egoisti si interessano a lui, solo egoisti incapaci di arrendersi, incapaci di fidarsi, persone assolutamente ossessionate dal proprio ego. Queste persone trovano Krishnamurti molto attraente. Si dicono: «Ecco la persona giusta! Non è necessario arrendersi, non occorre aver fiducia, non si deve seguire nessuno. Sei assolutamente libero. Non occorre affatto preoccuparsi di lasciar cadere qualcosa, si resta se stessi». E così restano attaccati alloro ego.
Questo è un altro pericolo. E Krishnamurti ha talmente insistito su questo punto che la gente ha iniziato ad aggrapparsi all’idea del non essere aggrappati. Ha spaventato la gente.
Se non si è discepoli, non si pone affatto il problema di uccidere il Maestro o di andare oltre il Maestro, perché non c’è mai stato un Maestro.
Chi ascolta Krishnamurti non riuscirà mai ad andare oltre il Maestro perché non è mai passato attraverso di lui. Queste persone resteranno avvolte dalle mura del loro ego, resteranno imprigionate nel loro ego.
E molti seguaci di Krishnamurti sono venuti da me, chiedendomi: «Cosa fare? Lo abbiamo ascoltato per anni, e non è successo nulla! Pur essendo convinti che tutto ciò che dice è vero, noi siamo sempre gli stessi». Non accadrà nulla, perché un evento è possibile solo se si è pronti ad affrontare questo paradosso. Si deve iniziare col Maestro, ma non finire col Maestro.
Il Maestro è simile a una scala: la usi, ma quando viene il momento in cui la si deve lasciare, non ci resti aggrappato.
Il Maestro, come ha detto Buddha, è simile a una barca. Si passa da una sponda all’altra, ma poi si deve. scendere dalla barca. Sei riconoscente alla barca, la puoi perfino ringraziare, ma non te la porti appresso sulle spalle.
Buddha ha ripetuto parecchie volte la storia di cinque sciocchi che si portavano una pesante barca sulle spalle. Nel loro incontro con Buddha, intorno a loro si radunò una folla. E Buddha chiese a quegli uomini sudati e stanchi: «Cosa succede? Perché portate in spalla questa barca?».
«Questa barca ci ha aiutati» fu la risposta. «Eravamo sull’altra sponda. Se questa barca non fosse stata presente, le fiere ci avrebbero divorati, ma questa barca ci ha salvati. E ora come potremmo abbandonarla? La dobbiamo portare con noi. È la nostra stessa vita.»
Ma quella barca, a quel punto, era diventata un pericolo.
Se avessero ascoltato Krishnamurti, non sarebbero mai entrati in quella barca. E le fiere ne sarebbero state felici. Gli uomini, usando la barca, hanno fatto una cosa più che giusta, ma non è necessario che trasportino quella barca sulle spalle per tutta la vita.
In passato si è verificato questo primo eccesso: le dita che indicavano la luna sono diventate oggetti di adorazione. I musulmani, i cristiani, gli indù, i giainisti, i buddhisti, hanno tutti fatto la cosa sbagliata. Ora ci sono statue ovunque e la gente le adora. Krishnamurti si è spostato all’estremo opposto.
Il mio approccio è esattamente nel mezzo. Io ti insegno ad arrenderti e poi ad andare oltre lo stesso arrendersi. Caduto l’ego, puoi essere te stesso, non prima. Quando non sei più, puoi essere te stesso. Ricorda: essere se stessi non ha nulla a che vedere con l’idea del sé, essere se stessi è molto più vicino al non-sé che al sé. È uno stato di nullità, shunyata. È assolutamente svuotato dell’ego.
Usa la scala, ma non tirartela dietro. Usa la barca. E, quando hai raggiunto l’altra sponda, scendine.

È bello, Sheela, che tu dica: Che bisogno abbiamo di Dio visto che possiamo star seduti ai piedi di un Maestro meraviglioso?

Questo è l’inizio della devozione. Ma devo continuare a ricordarti che io sono solo una finestra, una porta. Sii riconoscente, sii grata, ma va’ oltre. Il mio lavoro è aiutarti a diventare parte della totalità.
Proprio ieri ho ricevuto un’altra lettera di Somendra. Ha capito. Ha una notevole intelligenza, e quindi speravo che prima o poi capisse. E proprio pochi giorni fa parlavo di lui, visto che avevo ricevuto una sua lettera il giorno prima. Questa lettera sarà utile a tutti voi. Somendra scrive:

Amato Osho,
in questi giorni ho ascoltato i tuoi discorsi registrati su nastro e mi sono ritrovato in uno stato di shock. Immagino che questo accada quando si vive con un Maestro. Ogni cosa sembrava fluire splendidamente, e mi sentivo così innocente e cosi felice, perfettamente in grado di aiutare gli altri... e poi... il crollo! Mi sento come un pallone sgonfiato, il che dimostra solo che ero pieno d’aria! Ti sono riconoscente. Dopo tutto, è per questo che sei qui: per mostrarci cosa abbiamo all’interno, nascosto.
Non ce la faccio a lasciarti un’altra volta. È ovvio che posso essere veramente libero solo attraverso di te e tramite il tuo amore. Per cui cerco di aprirti il mio cuore e anche le mie orecchie a questa distanza, fiducioso che riuscirai a farti strada attraverso questo mio essere assurdo, nascosto in profondità.
Non ho mai coscientemente agito per un bisogno di grandezza personale, anche se questa componente c’è stata. Sono stato portato fuori dalla retta via solo perché ignoravo le verità più profonde e più sconosciute. Per favore, perdonami per questo: so che lo puoi fare e che lo farai. Concluderò il programma in cui mi sono impegnato e che è già organizzato fino al prossimo maggio, se questo ha un valore anche minimo ai tuoi occhi, ma che non ha un’importanza reale: solo un allegro leela. In qualunque momento mi chiamerai, verrò immediatamente. Spero che nulla mi spinga di nuovo ad allontanarti dal mio cuore, anche se esiste sempre il rischio che altri come me perdano il contatto col proprio cuore. Se mi riconduci indietro, amato amico e Maestro, mi sforzerò di seguirti come meglio potrò, come può fare un sannyasin che cammina a tentoni.
Ti amo con tutto il mio cuore e cercherò di essere sempre più consapevole della paura che mi tiene lontano da te e dall’unione dell’amore.
Namasté. E tocco i tuoi dolci piedi.
Somendra

Si era perso, ma ora è ritornato. E quando tornerà veramente indietro, anche fisicamente, dategli un caloroso benvenuto. Celebrate il suo ritorno!
Gesù parla del figliol prodigo. Un uomo aveva due figli. Uno era molto fedele al padre, gli era profondamente devoto. L’altro rappresentava un problema. Combinava guai in continuazione. Alla fine il padre, che stava ormai invecchiando, decise di dividere i suoi averi tra i due figli. Il primogenito rimase con lui mentre il giovane, nell’istante in cui ebbe i soldi, lasciò il padre e il villaggio, andò in una grande città e spese tutto il denaro in scommesse, sbornie e prostitute.
In pochi anni, perso tutto ciò che aveva, divenne un mendicante. Aveva esordito ricco e ora mendicava. Un giorno si disse: «Perché non posso tornare da mio padre? Per lo meno mi potrebbe accogliere come suo servo. Lui ha molti servi, e molti ne ha mio fratello. Non sono degno di essere trattato come un figlio, ma posso supplicarlo di accettarmi come servo. Sarà preferibile al mendicare da sconosciuti e ricevere in continuazione insulti su insulti, umiliazioni su umiliazioni».
Mandò un messaggio: «Torno a casa. Accettami solo come tuo servo. Non merito più di essere accolto come un figlio».
Il padre era felicissimo. Quando seppe che quella sera sarebbe arrivato, organizzò una grande festa, una celebrazione immensa.
Il figlio maggiore era nei campi in cui lavorava tutto il giorno, e non sapeva cos’era successo in casa. Qualcuno gli disse: «Che ingiustizia! Tu sei sempre stato ubbidiente, hai sempre seguito le orme di tuo padre, hai aiutato questo vecchio in mille modi, ma non sei mai stato festeggiato, non si è mai organizzato un banchetto in tuo onore. Ed ora che torna tuo fratello - che ha perso tutti i soldi in scommesse, con prostitute e sbornie - ora che quel vagabondo torna a casa, tuo padre sta organizzando un banchetto. Si stanno preparando dolci, e l’intero villaggio è stato invitato perché il figlio sta tornando indietro, ritorna a casa».
Il figlio maggiore, furibondo, corse a casa. Per la prima volta urlò a suo padre: «Cosa succede? Io ti ho sempre ubbidito, ti ho sempre servito, ti ho sempre seguito. Non ti ho mai detto di no, e in mio onore non è mai stato organizzato un banchetto né una festa! Sei ingiusto! E per quell’altro fannullone stai dando una festa? Sai ciò che ha fatto quand’era lontano da casa?».
Il padre, con gli occhi colmi di lacrime, disse: «Non capisci. Tu sei stato vicino a me. Conosco il tuo amore, la tua fiducia, la tua ubbidienza, e ho riversato sempre su di te il mio amore. Ma lui si era perso. E ora che ritorna deve essere ricevuto con tutti gli onori affinché possa riconquistare la sua dignità, sentirsi di nuovo parte della famiglia, sentire di nuovo l’amore, non si senta straniero, non senta di aver fatto qualcosa di sbagliato, non si senta in colpa. Questa festa è stata organizzata per cancellare in lui ogni senso di colpa. Tu non hai nessun senso di colpa, per cui non hai bisogno di una festa. Per te ogni giorno è una festa! Ogni giorno ho riversato su di te il mio amore.
«Ma se lui non è accolto bene, non si sente benvenuto, sentirà di essere ritornato in una casa che non è più la sua. Mi ha mandato un messaggio: “Accettami solo come un servo”. Ma lui deve essere accettato come un figlio, non come un servo. E cosa importa se si è perso? Ciò che importa è che sia tornato a casa!»

In India abbiamo un proverbio: Di un uomo che si perde al mattino e la sera torna a casa, non si può dire che si sia perso.
È naturale.

E il padre disse: «Sai benissimo che se un pastore torna a casa con tutte le sue pecore e contandole si accorge che erano cento mentre ora sono solo novantanove - una pecora si è persa nella foresta - lascia tutte le altre pecore, torna nel buio della notte, alla ricerca della pecora che manca. E quando la trova se ne rallegra, e riporta quella pecorella smarrita sulle sue spalle, perché la pecora che si era persa, che aveva corso mille pericoli, ora è ritornata. È quasi una nuova nascita».

Per questo vi dico, quando arriva Somendra... gli ho mandato un messaggio: «Finisci tutti i programmi che hai fissato e poi ritorna a casa»... quando torna, ricevetelo.
Questo può succedere a tutti, perché la mente, l’ego funzionano così. Le vie dell’ego sono molte e imprevedibili.
Il Maestro deve in primo luogo distruggere il tuo ego, e il tuo inconscio cercherà di proteggerlo. Quando il tuo ego sarà distrutto, inizia la seconda fase del lavoro: aiutarti a camminare sulle tue gambe. La seconda fase non è molto difficile; mentre la prima è difficilissima perché fa male lasciar cadere il proprio ego. Te lo sei portato dietro per milioni di vite, è quasi diventato la tua identità.
È così che ti conosci. Funziona come il tuo essere. Non è un centro reale, è un falso centro, ma è diventato così potente che il centro reale è ora nascosto dietro quello falso.
Hai scordato il tuo volto originale, e il Maestro deve toglierti la maschera. Fa male, perché non è più una maschera, è quasi diventata una pelle. Non è più un semplice vestito, non lo si può abbandonare facilmente. Fa male strappare via la pelle! E tutti cercheranno di proteggersi in qualche modo.
Per questo la fuga di Somendra sarà utilissima per tutti voi.
Può succedere a tutti, è così che funziona il vostro ego.
Quella testa di legno che ieri ha chiesto: «Osho, sei sicuro di capire tutte le barzellette che ci racconti?»... be’, questo può accadere anche a lui. Sembra molto egotista. La sua domanda dimostra solo aggressività, ego, nient’altro. Cerca di dimostrare che è intelligentissimo. Non sa quel che dice, non sa quello che chiede.
Questo può succedere a chiunque. Tutti si possono perdere per strada. E la prima parte del compito del Maestro consiste nell’aiutarvi a non andare fuori strada, nel riportarvi a casa ogni volta. E una volta che il tuo ego è esaurito, allora inizia la seconda fase: aiutarvi a camminare sulle vostre gambe.
L’opera di Krishnamurti non avrà un seguito perché ha saltato la prima fase per passare subito alla seconda. Poi ci sono quelli che affrontano solo la prima fase e non iniziano mai la seconda. Sri Aurobindo, per esempio, si occupa solo della prima fase. E questo può essere pericoloso.
Krishnamurti è consapevole di questo pericolo. Di fatto, lo è fin troppo, e inutilmente. Il pericolo esiste, ma non ci si deve lasciare ossessionare. Lo si deve accettare per poi andare oltre. Krishnamurti inizia con la seconda fase, un’impresa impossibile. Se non si usa la barca, non si può passare all’altra sponda. Se non usi la scala, non raggiungerai mai il livello superiore. Ma lui inizia parlando del livello superiore. Ancora non sono state messe le fondamenta che già si inizia a creare il tempio, quel tempio non potrà mai essere costruito.
E ci sono persone come Sri Aurobindo che mettono le fondamenta, ma le fondamenta diventano l’intero tempio.
Il mio lavoro è totale, è organico. Metto le fondamenta e poi erigo anche il tempio.
Krishnamurti reagisce contro gli errori del passato. So cosa è successo a Buddha, a Mahavira, a Krishna, a Maometto, e so anche cosa è successo a Krishnamurti. Per questo io lavoro in modo diverso: cerco di restare esattamente nel mezzo, di non raggiungere nessun estremo. Per questo sarò frainteso da tutti: coloro che iniziano con la prima fase senza mai passare alla seconda mi fraintenderanno a causa della mia seconda fase, e lo stesso faranno coloro che anziché partire con la prima fase iniziano con la seconda.
Proprio pochi giorni fa, Amrito è andato a vedere Krishnamurti e per un’ora e mezza Krishnamurti ha continuato a ripetere: «Abbandona questa idea di essere un discepolo, di avere un Maestro, lascia perdere questa idea. Abbandona il sannyas. Sii libero!».
E Amrito ha ascoltato con amore, ha sentito la compassione di quell’uomo - è un uomo molto compassionevole, con un amore immenso - ma alla fine gli ha detto: «Hai ragione, ma vorrei uscire da questa relazione senza fretta ma come una foglia ormai secca che cade dall’albero senza far rumore, senza sforzo».
Krishnamurti non lo volle ascoltare. Ha replicato: «Fallo immediatamente! ».
E Amrito ha detto: «Non lo posso fare subito perché ancora non sono pronto. Se abbandono il Maestro in questo momento, resterò col mio ego. Prima bisogna che il mio ego scompaia grazie al Maestro e poi so che il mio Maestro è in grado di aiutarmi a cadere come una foglia, in silenzio, senza neppure un sussurro».
E quando questo accade, il miracolo è completo, il viaggio è ultimato.
Sheela, è un bene che tu ami stare con me. Questa è la prima fase del lavoro. Per ora non occorre preoccuparsi di Dio, per ora va bene cosi. Abbandonati totalmente a me, e a me spetterà svolgere la seconda parte del lavoro. A quel punto io inizierò ad aiutarti ad andare oltre la porta, ad entrare nell’aldilà. Arrendersi è solo una via verso la libertà. Porta via solo ciò che di fatto non hai mai avuto, e ti dà ciò che già possiedi, ma di cui ti sei completamente scordata. 
Osho: Guida spirituale

Nessun commento :

Posta un commento