Non si sa mai da quale finestra si vedrà la luce, da quale
finestra si vedrà la Luna. Non voglio trascurare alcuna angolazione, alcuna
dimensione.
Le vostre domande aprono nuove dimensioni.
Ho pubblicato 500 libri, ma quello che volevo dire non l’ho ancora
detto. Ci sto provando, sperando che in qualche modo, in qualche momento, che
io lo abbia detto o no, lo udirete. Potrei non essere in grado di dirlo, ma
solo di mostrarlo. E potreste non essere in grado di udirlo, ma di vederlo.
Mi viene in mente uno dei più grandi poeti indiani, Rabindranath
Tagore, un premio Nobel. Ha scritto 6000 canzoni, poesie da cantare e mettere
in musica. Non sono solo poesie da recitare, sono composte per gli strumenti
musicali. Nella lingua inglese solo Shelley si avvicina un po’ a Rabindranath
Tagore. Ha composto 2000 poesie che possono essere messe in musica, ma
Rabindranath è molto più avanti: 6000 canzoni!
Quando Rabindranath stava morendo, erano presenti un suo amico e
suo zio, un grande pittore, proprio come Rabindranath era un grande poeta. Il
suo nome era Avanindranath Tagore. In questo secolo, in India, nessuno ha
superato Avanindranath Tagore nella pittura. Avevano quasi la stessa età,
entrambi erano vecchi.
Rabindranath stava morendo e Avanindranath gli disse: “Vedo
lacrime nei tuoi occhi. Dovresti gioire perché lasci 6000 canzoni dietro di te.
Non esiste un solo poeta, in qualsiasi lingua, che possa reggere il confronto.
Puoi morire con dignità e orgoglio. Ritira le lacrime!”.
Rabindranath rispose: “Queste lacrime non sono quello che pensi.
Non sono lacrime di disperazione, non sono lacrime di paura, non sono perché la
morte è in arrivo. La ragione per cui piango è che ho cantato 6000 canzoni, ma
la canzone che ero venuto a cantare, non l’ho ancora cantata. Ho cercato di
cantarla di continuo, ma esce sempre qualcos’altro. Quella canzone rimane
nascosta nel profondo della mia anima. Piango perché ci sono arrivato molto
vicino. Questo non è ancora il momento per me di morire. Dio è assolutamente
ingiusto con me. Tutta una vita di prove… Tutte quelle canzoni erano solo
prove, scarti e la canzone che volevo cantare resta ancora da cantare…”.
Ma per me non sarà così. Canterò quella canzone! Cercherò di
avvicinarmi a voi da ogni angolo, da tutte le dimensioni possibili, in ogni
modo possibile e con ogni mezzo. La mia canzone non è fatta di parole, la mia
canzone sono io! Voglio condividere tutto il mio essere con voi, per questo
rispondo alle vostre domande.
Continua su Osho Times n. 234
Tratto da: Osho, Yakusan: Straight to
the Point of Enlightenment #3
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