17/02/2017
«Parlava con tutti gli animali, con i lupi; abbracciava i maiali, si
spogliava nudo in chiesa, lavorava con i muratori e si faceva beffe
delle autorità». Era il vero San Francesco d’Assisi, il “giullare di
Dio” cantato da Dario Fo. Non era affatto un uomo di Chiesa: era un
laico, che amava la sua compagna – Chiara – e predicava il messaggio di
Cristo alle folle, criticando i ricchi e i potenti. Non era un prete,
dunque, ma un cavaliere: ispirato dai Templari. E per giunta figlio di
una donna proveniente dalla Linguadoca, la terra dei càtari, dove la
Crociata Albigese stava facendo decine di migliaia di morti, con lo
sterminio sistematico dei “boni homines”, i cristiani alternativi che
stavano dalla parte degli ultimi. Ma poi accadde che, appena dopo la sua
morte, il vero Francesco d’Assisi scomparve di colpo. Tutti i suoi
documenti furono distrutti, bruciati. La sua memoria, cancellata. Al suo
posto, nacque un nuovo San Francesco. Inventato di sana pianta,
completamente falso: il San Francesco cattolico. Per riesumare le prime
tracce di quello autentico ci vollero cinque secoli, col riemergere di
un libro antico. Ma ormai era tardi: il Vaticano aveva fabbricato il
docile “format” francescano, impresso nell’immaginario popolare.
E’ la grande rivelazione al centro del libro “San Francesco, le verità
nascoste”, a cura di Gian Marco Bragadin. In 488 pagine pubblicate dalla
casa editrice Melchisedek, il libro racconta la vera vita e il
carattere del santo d’Assisi, rivelando «l’ipocrita Chiara e
Francescoricostruzione che lo ha trasformato nel più fedele e mansueto
servitore della Chiesa, nel medioevo e oltre, fino ai giorni d’oggi».
Una clamorosa manipolazione storica: «Moltissimi documenti – scritti,
memorie su Francesco (e probabilmente anche su Chiara) – sono stati dati
alle fiamme per non propagare un ritratto non idoneo a farne un
obbediente santo della Chiesa cattolica», racconta Bragadin,
intervistato da “AdnKronos”. Un lavoro, il suo, sulla stessa lunghezza
d’onda di “Francesco D’Assisi, la storia negata”, pubblicato di recente
da Laterza e scritto dalla storica medievale Chiara Mercuri. Non a caso,
per “riscrivere” la biografia dell’uomo di Assisi, fu incaricato «un
frate erudito», Bonaventura, «che però non aveva conosciuto Francesco».
Al biografo infedele fu ordinato di raccontare la vita del santo
«attutendo, modificando, spesso cancellando del tutto ogni aspetto che
poteva mettere in discussione quel ritratto del “poverello d’Assisi” che
si è perseguito per secoli».
Quali sono, dunque, le verità nascoste? «Praticamente tutto quello che
Francesco è stato ed ha fatto, per gran parte della sua vita», spiega
Bragadin all’“AdnKronos”, sottolineando come San Francesco sia stato «un
guerriero, che ha combattuto e che è stato imprigionato, e che più
volte ha tentato di andare alla Crociata per diventare un valoroso
cavaliere». Il vero Francesco «si è innamorato dell’ideale dei Templari,
al punto che il suo ordine è modellato su quello templare». Inoltre,
«templari erano alcuni suoi frati». La stessa madre di Francesco era
nativa dell’Occitania, la patria dei càtari, cristiani “eretici” perché
dualisti come i mazdei, i seguaci di Zoroastro, convinti che la
creazione fosse opera del demiurgo, il “dio straniero”, nonostante ogni
creatura avesse in sé la scintilla divina del “padre celeste”. In un
mondo, quello feudale, basato sulla pretesa investitura “divina” del
potere e quindi della proprietà terriera, il messaggio sociale dei
càtari era devastante, intollerabile per l’ordine Gian Marco
Bragadincostituito: i “buoni cristiani” (così si chiamavano, tra loro)
erano convinti che niente e nessuno potesse legittimare la “privata
proprietà dei beni”. Da qui la loro scelta di campo, a fianco degli
ultimi.
«Dai càtari – conferma Bragadin – Francesco ha preso il concetto di
servizio ai poveri, il rifiuto della proprietà. Ma non si deve dire,
perché la Chiesa all’epoca lanciò una crociata per distruggere i càtari,
con massacri orribili». Si ricorda quello di Béziers: 20.000 persone
sterminate per essersi rifiutate di consegnare ai crociati i 200 eretici
presenti in città. «Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi», fu
l’ordine dell’abate Arnaud Amaury, capo spirituale della crociata. Era
il 1209. L’ultimo grande eccidio, nel 1244, a Montségur, sui Pirenei,
con 220 “perfetti” càtari arsi sul rogo. Ma non finì lì. Proprio per
debellare il Catarismo fu istituito il tribunale speciale
dell’Inquisizione, che impiegò 70 anni ad estirpare l’eresia, con
“purghe” terribili, torture, roghi. Un regime di terrore, fondato sulla
delazione, che devastò la Francia meridionale, distruggendo il tessuto
sociale di una regione che, per Simone Veil, era stata la culla della
civiltà mediterranea medievale, la terra tollerante dov’era fiorita la
poesia dei trovatori. Più tardi la contro-predicazione evangelica dei
“buoni uomini” avrebbe lambito lo stesso ordine francescano, a lungo
ritenuto anch’esso in odore di eresia, data la sua predilezione per i
poveri e i loro diritti.
Ma Francesco d’Assisi – quello vero – non stimava solo i càtari. «Ha
tentato in tutti i modi il contatto con i musulmani», racconta Bragadin:
«Non per convertirli (lui non giudicava nessuno, mostrava il suo
esempio di vita), ma per trovare i punti di unione tra le religioni, per
raggiungere una pace duratura». Ancora oggi, da allora, i francescani
hanno la cura del Santo Sepolcro a Gerusalemme, dono del Sultano a
Francesco e Frate Elia. Tutte verità nascoste, perché Francesco,
aggiunge Bragadin, «ha vissuto una esistenza da eretico, sempre sul filo
di finire al rogo». Vista però la sua enorme popolarità, dovuta al
rivoluzionario messaggio d’amore che portava, «si è fatta conoscere solo
una parte della sua vita, nascondendo tutto ciò che lo riguardava»,
incluso il legame con «la sua amata compagna Chiara», unione che «poteva
essere disdicevole per l’istituzione ecclesiastica». Pochi sanno,
continua Bragadin, che Francesco «ha voluto restare sempre un laico».
Certo, un laico sui generis: «Predicava il Vangelo nelle piazze, alle
feste, nei mercati: come poteva, la rigida Chiesa del tempo, ammettere
che un laico parlasse di Cristo alla gente? Poteva predicare agli
uccelli o ai lupi, non alla gente. E invece Francesco non ha fatto altro
per tutta la vita, perfino quando era malato». Non a caso, la storica
Chiara Frugoni, in varie interviste, si domanda perché Chiara Frugoni,
storicaesistano migliaia di quadri e affreschi su Francesco, ma neanche
uno in cui predica. «E la ragione è la seguente: non si voleva
tramandare l’immagine di un laico che parlasse di Cristo».
Morto Francesco nel 1226, allontanati i suoi vecchi confratelli e
segregata Chiara nel convento, sono scattate le grandi manovre per
cancellarne la vera storia e dare ai fedeli «una immagine edulcorata di
mansueto, docile soldatino della Chiesa cattolica», spiega Bragadin,
attingendo a diverse fonti, tra cui molti scritti di Tommaso da Celano.
Come si organizzò la grande impostura? Già nel 1260, al Capitolo,
l’annuale riunione dei francescani che quell’anno si teneva a Narbonne,
nella Francia mediterranea. A frate Bonaventura venne affidato il
compito di scrivere una nuova biografia di Francesco, che fu poi
approvata a Pisa nel 1263, durante il Capitolo successivo. Tre anni
dopo, sempre il Capitolo (stavolta riunito a Parigi) «giunse a decretare
la distruzione di tutte le biografie precedenti alla “Legenda Maior”,
con la scusa che biografie diverse avrebbero condotto l’ordine verso una
divisione». Una scelta atttuata in modo così meticoloso, aggiunge
Bragadin, da far sparire dalla faccia della terra anche gli scritti di
Francesco e quelli di Chiara, le lettere, le testimonianze. «Non solo:
vennero distrutti nelle chiese immagini, affreschi, tutto». Damnatio
memoriae. Sepolto il vero Francesco, doveva sopravvivere solo quello
falso. E così sarebbe stato, fino al 1768.
Quell’anno, ormai in pieno Illuminismo, viene ritrovata miracolosamente
“La Vita Prima”, del Celano, «a più di cinque secoli dalla morte di
Francesco». Poco dopo torna alla luce anche “La Vita Seconda”, un
manoscritto che Bragadin definisce «molto difettoso», scoperto nel 1806.
E infine il terzo libro, “Il Trattato dei Miracoli”, «acquistato
casualmente a un’asta pubblica nel 1900». Grazie a quei tre volumi,
spiega l’autore, si è potuta finalmente ricostruire la biografia
autentica del vero Francesco. Ma nei cinque secoli precedenti, aggiunge,
il Vaticano «ha avuto tutto il tempo di costruire una storia
artificiale e falsa». Lo confermano anche gli storici ufficiali:
nell’agiografia di Bonaventura «si inventano anche false vicende, per
far corrispondere la figura di Francesco a quanto si voleva tramandare,
funzionale cioè alla posizione che voleva prendere l’ordine. E si
trascura del tutto, naturalmente, la figura di Chiara e le sue vicende,
quasi che le clarisse non facessero parte del movimento». Di Chiara «si
sa poco», conferma il medievista Franco Cardini. Anche perché attorno al
santo di Assisi fu fatta, letteralmente, terraFranco Cardinibruciata:
Bonaventura ordinò di dare alle fiamme tutti gli scritti su Francesco.
«Sembra un ordine dal Cremlino». Da quel momento, la verità su
Francesco, non sarebbe più stata quella della sua vita privata, ma una
verità imposta dalla Chiesa.
Bragadin ha ignorato la storiografia ufficiale, affidata a documenti
autentici ma inattendibili (menzogneri) e si è spinto in pellegrinaggio
ad Assisi per almeno cento volte in un quarto di secolo, raccogliendo
indizi e confidenze preziose da anziani monaci, segeretamente
“innamorati” del vero Francesco. «Ho studiato attentamente ogni cosa –
racconta – incluse le informazioni su Internet di frati o storici non
allineati come Paul Sabatier, che ipotizza tutto quello che poi io ho
provato a raccontare». E’ il caso, per esempio, dei colloqui con vecchi
frati amici che «se ne fregavano, data l’età, di mantenere segreti sui
due santi d’Assisi e sul loro immenso amore cosmico, che nell’ordine si
tramandava per via orale». Dalle biografie di Celano, poi, affiorano
storie «che sono al limite della decenza», perché emerge un Francesco
che si mette a nudo, in chiesa, spogliandosi completamente. «Un
estremista, barricadero, che incita la folla contro i potenti. No, un
santo così non lo si può accettare». E’ decisamente troppo, per vescovi e
cardinali.
L’autore parla anche dell’amore di Francesco per i Sufi, l’elusiva
confraternita dei mistici orientali approdati all’Islam dopo aver
attraversato l’induismo e il buddismo, mantenendo vivi molti aspetti del
mazdeismo zoroastriano. Un network segreto, quello dei Sufi, da sempre
impegnato per la pace. E’ un rosario Sufi, scrive Bragadin, quello
tumulato insieme alle spoglie di Francesco, di cui l’autore ripercorre
anche lo storico viaggio in Terrasanta. Fonti e storici ufficiali,
racconta Bragadin, negano che Francesco, dopo i massacri dei Crociati a
Damietta, nel 1220, si sia recato a Gerusalemme, nonostante avesse un
permesso Il libro di Bragadinspeciale del sultano El-Kamil, che aveva
incontrato. «Ma come possiamo credere – dice l’autore – che Francesco, a
pochi passi dalla meta, in quasi un anno di permanenza in Terrasanta,
rinunci al sogno di una vita, visitare i luoghi santi del suo Gesù?».
Altri documenti, infatti, dimostrano che quei luoghi li ha visitati. Lo
ammette anche Ratzinger, sicuramente basandosi su fonti inoppugnabili:
«San Francesco ha visitato il Santo Sepolcro, ci sono elementi certi»,
scrive Benedetto XVI. «Ha gettato un seme che avrebbe portato molto
frutto».
Gli stessi documenti arabi confermano che Francesco abbia incontrato i
Sufi: «Metà del “Cantico di Frate Sole”, sembra tratto dai poemi di
Rumi», il massimo poeta islamico, afghano, fondatore della prima scuola
Sufi dei Dervisci Rotanti. E il sultano, Francesco l’aveva incontrato
«non certo per “convertirlo” (una fissa della Chiesa Cattolica), ma per
confrontarsi in un rapporto di amore reciproco». Pace, nella diversità:
unire ciò che è stato diviso. Francesco faceva parte, dunque, di una
sorta di “intelligence informale” dell’epoca: una rete che,
evidentemente, condivideva conoscenze esoteriche e collaborava per
l’unità sostanziale dei popoli, al di là delle differenze religiose.
“Perché il mondo non è nostro, e noi non siamo del mondo”, recita il
“Pater” dei càtari, che sembra ispirato direttamente da Zoroastro e
invita a liberarsi del “giogo” della materia. “Nel mondo, ma non del
mondo”, è il motto dei Sufi. “Nulla possedendo, da nulla essendo
posseduti”. Ecco in cosa credeva Francesco. Quello vero.
(Il libro: Gian Marco Bragadin, “San Francesco. Le verità nascoste”, Melchisedek, 492 pagine, euro 21,25, ebook a 12,99 euro).
fonte:
libreidee
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