sabato 12 gennaio 2013

UN’ALTRA ITALIA È POSSIBILE?





di Gaspare Serra
 IL BELLO (l’Italia),
IL BRUTTO (Monti),
IL CATTIVO (la politica)
“Ogni nazione ha il governo che si merita”
(Joseph de Maistre)
UN’ALTRA REPUBBLICA È POSSIBILE?
“La seconda repubblica nacque sugli scandali, la terza rischia di nascere sul vomito popolare”
(Alexandre Cuissardes)
Pasqua è ancor lontana, eppure questi sono già giorni di “Passione” per la nostra seconda Repubblica: partita di slancio, vent’anni or sono, col suo carico di promesse (una nuova etica pubblica, un rinnovamento della classe politica, riforme strutturali…), è rimasta praticamente ferma ai nastri di partenza.
Miracolosamente recitano ancora sul palco del teatrino politico italiano personaggi “evergreen”, quali Berlusconi, Fini, Casini, Bersani: se un paziente, caduto in coma nel ’94, si risvegliasse solo oggi, sarebbe assai difficile convincerlo che sono trascorsi invano diciotto anni!
La seconda Repubblica ha offerto solo il peggio di sé. Eppure rimpiangere la prima, come in voga tra i nostalgici, è un’operazione ai limiti dell’irragionevolezza: come dimenticare che la prima Repubblica è miseramente crollata travolta da un’ondata di corruzione e monetine? E come nascondere che quel fardello -chiamato debito pubblico- che gli italiani si caricano ancora sulle spalle è stato insensatamente riempito dalla politica clientelare ed affarista di quei favolosi anni ‘80?!
Nell’anno trascorso, il Capo dello Stato, affidando ad un tecnico -poi rivelatosi tutt’altro- il compito di traghettare l’Italia tra le onde burrascose della speculazione finanziaria, ha agito da “curatore fallimentare” della seconda Repubblica, non più fidandosi dei vari “Schettino” della politica nostrana. Ma dove dirigere, adesso, la nave Italia?
Tornare indietro non è più possibile, così come proseguire sulla rotta tracciata dal bipolarismo malato di questi anni. Occorre guardare avanti e far rotta verso una terza Repubblica, completando finalmente quella traversata perigliosa iniziata nel ’94.
In che modo? Seguendo tre direttrici:
◆ in primis, una riforma strutturale dell’assetto istituzionale del Paese (attuando un vero federalismo, abolendo le Province, riparando i guasti di un’affrettata riforma del Titolo V della Costituzione ed introducendo l’elezione diretta del Capo dello Stato);
◆ in secundis, un rinnovamento radicale della classe politica italiana(introducendo il limite di due mandati per ogni carica elettiva ed imponendo ai partitiper legge le primarie);
◆ in tertiis, il ripristino sostanziale di una “democrazia rappresentativa”(restituendo ai cittadini -ancora detentori della sovranità- la facoltà d’incidere sulle scelte della politica, abolendo il Porcellum, rivitalizzando l’istituto referendario con l’abolizione del quorum ed introducendo i referendum propositivi).
Via maestra per conseguire un traguardo così ambizioso sarebbe l’elezione di una nuova Costituente. Sarà mai il nostro Paese pronto ad una simile “prova di maturità”?
UN’ALTRA POLITICA È POSSIBILE?
“La situazione politica in Italia è grave, ma non seria”
(Ennio Flaiano)
Il Natale ha portato in dono agli italiani una campagna elettorale: non certo il regalo più ambito -c’è da scommettere che i più avrebbero preferito un meteorite su Montecitorio!- ma quantomeno, considerando l’imminenza della scadenza elettorale, il “supplizio quaresimale” sarà breve! A cinquanta giorni dal voto, il quadro politico appare ancora confuso, indecifrabile: citando indegnamente Zarathustra, da questo “caos” non verrà certo fuori una “stella danzante”, per lo più un’Italia decadente!
Il centrosinistra, ancora una volta, ha cambiato contenitore pur di non cambiar contenuto: dopo i Progressisti, l’Ulivo e l’Unione, è arrivato il turno dell“Italia Bene Comune”. Designato a fatica Bersani candidato alla premiership, questa coalizione parte favorita ai nastri di partenza. Ma la probabile vittoria del Pd non dovrebbe entusiasmare più di tanto un partito che si conferma  incapace:
◆ da un lato, di andar oltre quel 30% del suo massimo consenso storico, nonostante il “vuoto politico” lasciato dagli avversari (un Pdl che ha espresso il peggio di sé nell’ultimo anno e mezzo, una Lega post bossiana ancora in fase di ricostruzione ed un centro affollato di “leaderini” tentennanti);
◆ dall’altro, di sciogliere, a cinque anni dalla sua costituzione, il nodo della propria identità politica (siamo l’unico paese europeo privo di una Sinistra orgogliosamente socialdemocratica: fra i democratici, c’è persino chi si vergogna d’apparire Keynesiano!).
La vittoria del centrosinistra, inoltre, rischia di rivelarsi una “vittoria di Pirro” nel caso -tutt’altro che ipotetico- in cui non disponesse di una maggioranza assoluta al Senato. In quest’ipotesi, l’unico errore da non commettere sarebbe “porgere l’altra guancia” a Casini, offrendo un’alleanze di legislatura e la premiership a Mario Monti. La via maestra sarebbe battezzare un “governo di transizione” con un mandato di scopo: consentire al Parlamento di varare una nuova legge elettorale, con la quale ripresentarsi alle urne entro l’estate 2013.
Nel centrodestra Berlusconi sembra muoversi a ritmo di valzer, alternando passi “avanti” (l’annuncio della sua sesta ridiscesa in campo), poi “indietro” (la disponibilità a cedere il passo prima a Monti, poi ad un altro premier gradito alla Lega), poi ancora “laterali” (l’indicazione del fido Angelino alla successione).
Che il Cavaliere sia tornato dalle vacanze Keniote con idee più confuse che mai lo dimostrano le sue mosse: prima l’avallo delle primarie (con tanto di candidature e raccolta firme), poi la loro cancellazioneprima la sfiducia a Mario Monti, poi l’indicazione dello stesso come federatore dei moderati (in una colazione inclusiva della Lega e con al primo punto del programma l’abolizione dell’Imu!).
Arrivati a questo punto, o il centrodestra avrà il coraggio di compiere il “regicidio” oppure rischia di lasciarsi trascinare inesorabilmente a fondo dal suo stesso fondatore!
La Lega, schiacciata dalla vergogna di dover giustificare i diamanti di Belsito, gli investimenti in Tanzania del partito e le “miracolose” lauree albanesi del Trota, ha oggi una sola priorità: non più entrare a Palazzo Chigi, quanto superare la fatidica soglia di sbarramento al Parlamento. Probabilmente Maroni e Tosi, i “barbari sognanti” del nord-est, riusciranno nell’impresa di rianimare un movimento indipendentista e legalitario scopertosi centralista e ladrone. Il dubbio è se il tempo sia oramai troppo stretto da qui alle prossime elezioni…
Il centro “naviga a vista”, sperando solo in capitan Monti, finalmente decisosi a prendere in mano il timone dei moderati. Anche se la nave del Pdl sembra guidata da capitan Schettino e quella del Pd non mostra segnali di ostilitàin acqua vi sono altre presenze ingombrati: i pirati grillini ed i rivoluzionari di Ingroia. Se non si ricostituisse l’asse Pdl-Lega, al Pd si aprirebbe lo spiraglio giusto per vincere anche in Lombardia, con tanto di “adieu” alle ambizioni centriste di porsi come ago della bilancia in un futuro Parlamento balcanizzato! Per la prima volta Casini rischierebbe d’aver fatto i conti senza l’oste: il grande centro potrebbe rivelarsisolo un grande fiasco!
A Sinistra del centrosinistra si è affacciata una nuova formazione politica: “Rivoluzione Civile”, la lista guidata da Ingroia e sostenuta dai sindaci De Magistris ed Orlando. Le chance di successo (ovvero di superare la soglia di sbarramento) di questo soggetto politico dipenderanno da un solo fattore: la capacità di aprirsi alla società civile ed imporre ai partiti che lo sostengono (Idv, Prci, Pdci e Verdi)un profondo rinnovamento.
I primi segnali sono incoraggianti (i partiti hanno rinunciato al loro simbolo ed i loro segretari al ruolo di capolista). Vedremo se alle belle parole seguiranno fatti concreti:se si tratterà di tracciare un nuovo percorso per una Sinistra finalmente progressista e di governo oppure di un cartello elettorale: l’ennesimo “maquillage politico”!
Che dire? Se son rose… saran rosse!
In questo marasma, l’unica certezza è l’ingresso di una folta schiera di “grillini” nel prossimo Parlamento, nonostante il mezzo flop delle “parlamentarie” (solo 30 mila votanti, a fronte dei 3 milioni delle primarie!).
Il Movimento Cinque Stelle è sbalorditivamente cresciuto puntando tutto sulla protesta: sullo smascheramento dell’ipocrisia di chi siede in Parlamento e sulla denuncia degli odiosi privilegi di un’intera classe politica. Ma le famose “Cinque Stelle” (acqua pubblica, mobilità sostenibile, sviluppo, connettività ed ambiente) non saranno certo sufficienti per una proposta seria di governo del Paese.
Tanti gli interrogativi irrisolti:
◆ quali posizioni assumerà il Movimento sulle più disparate questioni di politica nazionale fin ora non discusse? Chi detterà la linea? Grillo o qualche organismo collegiale rappresentativo della base?
◆ Il ruolo dei parlamentari grillini sarà quello di meri “portavoce” del Capo, il cui massimo grado d’autonomia sarà apporre un “Mi piace” ai suo post? Quale ruolo si ritaglierà Grillo? Quello di “padre nobile” del Movimento o di “padre padrone” dell’ennesimo partito personale?
A molte di queste domande credo nemmeno Grillo possa ancora dar risposta…
UN’ALTRA SINISTRA È POSSIBILE?
“Si può essere a sinistra di tutto, ma non del buon senso”
(Enzo Biagi)
Senza alcuna presunzione di definire cosa sia -o debba essere- la Sinistra (forse nessuno è ancora riuscito meglio in quest’intento di Giorgio Gaber!), è francamentedifficile immaginare alcuna Sinistra degna di questo nome che non si proclami:
◆ “laica” (capace di dire senza tentennamenti: “si” ai matrimoni gay, al riconoscimento delle coppie di fatto, al divorzio breve, alla libertà di ricerca scientifica sugli embrioni, alla pillola del giorno dopo, dei cinque giorni dopo ed alla ru486; “no” all’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche ed ai privilegi fiscali concessi alla Chiesa);
  “libertaria” (riconoscente nella libertà un valore irrinunciabile, che può trovare limite non nella morale comune ma solo nella pari libertà altrui. Per esser chiari: “si” alla libertà di autodeterminazione della persona e di scelta sul fine vita, alla legalizzazione della prostituzione e delle droghe leggere; “no” ad ogni tentativo legislativo di mettere un bavaglio alla libertà d’espressione);
  “legalitaria” (individuante nella “questione morale” e nella lotta alla corruzione ed alla criminalità una precondizione essenziale per ridare credibilità alla politica e consentire un sano sviluppo economico al Paese);
  “progressista” (indicante come prioritaria la lotta agli squilibri, alle disuguaglianze ed alle sperequazioni sociali: “si” ad un fisco più equo, progressivo e solidale, a vere liberalizzazioni ed all’abolizione della gran parte degli ordini professionali; “no” ad un precariato senza garanzie per i lavoratori);
  “pacifista” (orgogliosa di una Costituzione dichiarante “l’Italia ripudia la guerra”, il che vuol anche dire: ammettere che Gerorge W. Bush ha operato, di fatto, come un criminale di guerra in Afghanistan ed Iraq, denunciare l’ipocrisia delle “missioni di pace”, chiedere un drastico taglio alle spese militari, riconoscere il diritto di autodeterminazione del popolo palestinese e tibetano).
UN ALTRO MONTI (BIS)? NON E’ POSSIBILE!
“Che monotonia avere un posto fisso per tutta la vita…”
(Mario Monti)
In qualsiasi democrazia, chiunque miri alla più alta carica di governo può percorrere una sola strada: candidarsi alle elezioni ed ottenere “un voto in più” del proprio avversarioNon è concepibile, dopo la breve parentesi del governo tecnico, immaginare “un’altra eccezione” a questa basilare regola democratica!Mario Monti ha tutto il diritto di ambire alla premiership, ad una condizione: dimostrare di disporre di un’ampia legittimazione popolare. Fino a prova contraria, difatti, la sovranità appartiene ancora al popolo!
Senza voler apparire “portatore di sventura”, per una volta l’Economista della Bocconi potrebbe aver fatto male i conti: la sua scelta di “salire in politica” potrebbe rivelarsi un inaspettato boomerang!
Fino a pochi giorni fa, Mario Monti si presentava al Paese come un “deus ex machina”: un salvatore della Patria, capace di far uscire l’Italia da una situazione apparentemente senza più via d’uscita. Di contro, l’unica via d’uscita dalla sua esperienza di governo portava dritto al Quirinale (in qualità di successore di Napolitano) o di nuovo a Palazzo Chigi (in qualità di premier “super partes” indicato dai partiti) o in Europa (magari in veste di successore del presidente Barroso).
Una volta che il Professore si è tirato in mezzo all’agone politico, il quadro è profondamente cambiato: alle prossime elezionila coalizione Monti rischia di porsi come terzo, forse quarto polo del Paese (dato Bersani per favorito, Berlusconi e Grillo hanno le carte in regola per ambire a prendere un voto in più di Fini e Casini!).
A tal punto, a che titolo Mario Monti potrebbe contendere il posto a Bersani, ragionevolmente leader del primo partito d’Italia, per di più legittimato dalle primarie?
Se “è tanto più facile ricambiare un’offesa che un beneficio” (P.C.Tacito), perché mai il Cavaliere, dopo aver ricevuto il gran rifiuto dal Senatore, dovrebbe appoggiare una sua corsa al Quirinale? Se “non c’è vendetta più bella di quella che gli altri infliggono al tuo nemico” (C. Pavese), perché mai Berlusconi, dopoesser stato ridicolizzato dall’ironia british del Professore, non dovrebbe preferire al suo posto persino la Finocchiaro al Colle?
UN ALTRO GOVERNO? È AUSPICABILE!
Mario Monti? “Un kamikaze che ama l’Italia”
(Vladimir Putin)
Chiusosi il 2012, “annus horribilis” per milioni di italiani, come ricordare la parentesi del governo tecnico?
Il più grande merito di Mario Monti è stato per quella metà di italiani cronicamente antiberlusconiana aver accelerato l’uscita di scena di Silvio Berlusconi, per l’altra metà aver ridato credibilità al Paese.
A chi lo “santifica” come salvatore della Patria, però, andrebbe ricordato che, sulla lotta allo spread ed alla speculazione finanziaria, un ruolo ancor più decisivo è stato svolto da un altro Mario, il presidente della Bce. Se così non fosse, come spiegare la risalita dello spread (oltre quota 500) la scorsa estate, nonostante la rassicurante presenza di Monti al governo? E come giustificare la relativa calma con la quale gli stessi mercati, nonostante gli allarmismi nostrani, hanno accolto la sfiducia al suo governo e le dimissioni anticipate del premier?
Il più grande difetto del Professore, di contro, è stato quello d’aver tenuto in considerazione più il giudizio degli stranieri che quello dei suoi stessi concittadini.
Il 22 novembre 2011 Monti si è presentato in Parlamento per la prima voltaponendosi tre obiettivi ambiziosi: rigore, sviluppo, equità. Ad un anno di distanza, ogni aspettativa è andata miseramente delusa:
◆ di sviluppo non se ne intravede l’ombra (il Pil segnerà un -2,4% quest’anno);
◆ l’equità è rimasta lettera morta (nel 2012 si è raggiunto il record della maggiore pressione fiscale al mondo, pari al 55% del Pil, mentre l’Imu è risultata una patrimoniale “regressiva”);
◆ persino il rigore montiano non ha prodotto gli effetti sperati (l’Italia ha raggiungo il maggior debito pubblico della sua storia: superati i 2 mila miliardi!).
A cosa sono valsi, allora, i sacrifici richiesti agli italiani? Dove sono finiti i “726 euro” di aggravio fiscale medio pro-capite prescrittici dalla cura Monti? Di fronte ad un tasso di disoccupazione che viaggia verso quota 12%, a 3 milioni di disoccupati, a 2 milioni di giovani “neet”, a 4 milioni di lavoratori precari, può essere lo “spread” o il pareggio di bilancio la prima preoccupazione di un governo?
La colpa del “disastro italiano”, ovviamente, non è addebitabile al premier Monti: anche volendo, in un solo anno di governo non si sarebbe potuto far tanto!
Sulle spalle del Bocconiano di ferro, però, grava una “doppia responsabilità”:
◆ non essersi servito del proprio strapotere politico, specie nei primi mesi del suo esecutivo (quando i partiti erano “terrorizzati” ed impotenti di fronte alla dittatura dello spread), per imporre al Parlamento, anche ricorrendo alla minaccia di dimissioni, vere liberalizzazioni e corposi tagli ai costi della politica;
◆ non aver impiegato la propria autorevolezza internazionale, specie nei mesi successivi, per chiedere in sede europea di ritrattare l’impegno del pareggio di bilancio entro il 2013, sciaguratamente assunto dal precedente governo Berlusconi (se un simile sacrificio non è richiesto a nessun altro paese europeo, perché mai dovrebbe gravare sull’Italia?).
UN’ALTRA DEMOCRAZIA? È POSSIBILE!
“Meglio un’anarchia di intelligenti che una democrazia di stupidi”
(Alexandre Cuissardes)
Ogni democrazia ha un prezzo, tanto fisiologico quanto insopprimibile. Il problema italiano è che questo ha raggiunto livelli “patologici”: la politica è divenuta il principale terreno fertile per sprechi e privilegi sempre più insopportabili. L’unico “spread” del quale ci si disinteressa è quello tra il costo della politica italiana e quella dei restanti paesi occidentali, oltrepassante ogni livello di guardia!
La vera antipolitica non è né quella dei “vaffa” di Grillo né il crescente astensionismo, bensì quella “cattiva politica”, obesa ed ingorda, trasformatasi in un’oligarchia insaziabile: in un esercito di politici mestieranti, benpensanti e brizzolati che, offrendo un pessimo servizio al Paese, fa perdere di credibilità l’intera classe politica! Fino ad oggi gli italiani hanno perdonato di tutto e di più: adesso che i nodi sono venuti al pettine, il rischio è che, per contrappasso, non si perdoni più niente!
Come venir fuori da questo vicolo cieco? Con un “sussulto di dignità”: la classe politica deve farsi carico di un taglio netto dei propri costi e della spesa pubblica improduttiva e parassitaria. Nel frattempo sono già trascorsi cinque anni dalla pubblicazione del libro-inchiesta “La Casta”: siamo ancora in trepidante attesa del primo “sussulto”…
UN’ALTRA “MANI PULITE”? COM’È POSSIBILE?!
La somma dei due partiti, Pdl e Pd-menoelle, costruiti sui cateti è uguale all’area delle tangenti costruite sull’ipotenusa
(Beppe Grillo)
L’“anormalità” è il tratto più distintivo del nostro Paese.
Nel ‘93 eravamo convinti di aver toccato il fondo del malcostume politico, dopo che per anni l’Italia è stata “Cosa loro”: gestita da partiti come la Dc e il Psi, macchine di potere e clientela, e da uomini come Andreotti e Craxi, l’uno associato alla mafia almeno fino al 1980, l’altro latitante.
Oggi possiamo dire di esserci sbagliati: un ex presidente di Regione sta scontando una pena definitiva per favoreggiamento alla mafia, il suo successore si ritrova indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, non si contano più i procedimenti a carico dell’ex premier Silvio Berlusconi e giunte e consiglieri regionali di mezza Italia sono sotto l’occhio della Guardia di Finanza per la gestione illecita dei finanziamenti pubblici. I casi Lusi, Belsito e Fiorito dimostrano ulteriormente come l’immoralità e la mancanza di etica siano ancor più radicati e diffusi che in passato.Con un’aggravante: ieri i si rubava “per” il proprio partito, oggi direttamente “al” proprio partito!
Nel ‘95 l’Italia era 33sima nella classifica di Transparency International per grado di corruzione percepita: ad oggi siamo scesi al 72simo posto! Per questola “questione morale”, denunciata da Enrico Berlinguer nel lontano 1981, resta un’“emergenza nazionale”: il centro del problema politico italiano.
Alcuni hanno spacciato la recente legge anticorruzione ed il decreto sull’incandidabilità dei condannati come la “panacea” di tutti i mali. In realtà, è come se si volesse curare un paziente dal cancro somministrandogli un’aspirina! Basti un dato: la “spada di Damocle” dell’incandidabilità penderà solo su due parlamentari in carica tra ben 98 imputati o indagati. Ma il vero problema rimane un altro: in un paese normale occorre una legge affinché la politica “faccia pulizia” al proprio interno, anzitutto non candidando personaggi dai trascorsi discussi o dalla dubbia moralità?
UN ALTRO PAESE, PIÙ SEMPLICEMENTE “NORMALE”, È POSSIBILE?
“La Costituzione è molto più avanzata dell’Italia e di noi italiani: è uno smoking indossato da un maiale”
(Marco Travaglio)
Nel 2008, in piena campagna elettorale, Walter Veltroni pronunciò queste parole:“L’Italia è un Paese migliore della destra che lo governa”. In tutta onestà, come credere al mito degli “Italiani brava gente” o alla favola per cui il Paese reale sia fatto di tutt’altra pasta rispetto a chi lo governa?
Se gente come Raffaele Lombardo, Marcello Dell’Utri, Cesare Previti ed i vari Scilipoti di turno e De Gregorio d’Italia hanno assunto ruoli di responsabilità pubblica è perché non pochi italiani hanno riposto in loro la loro fiducia!
Si dirà che il Porcellum ha estromesso gli elettori della facoltà di scelta dei candidati. Ma nel Lazio, dove alle elezioni regionali sono previste le preferenze, Fiorito -meglio noto come “er Batman”- non è forse risultato il consigliere più votato?
Alle parlamentarie del Pd gli elettori di centrosinistra non hanno forse candidato a furor di popolo anche personaggi condannati o indagati, quali Genovese, Crisafulli e Papania in Sicilia?
L’ex assessore regionale Zambetti pare aver “comprato” 4.000 preferenze dalla ‘ndrangheta per assicurarsi l’ingresso al Pirellone. Ma, dietro ad ogni voto comprato, non vi è forse un elettore “venduto”?
Totò Cuffaro, all’epoca già condannato in primo grado per favoreggiamento mafioso, è stato candidato dall’Udc al Senato. Gli elettori siciliani non l’hanno forse premiato con un consenso plebiscitario? Qualcuno ha interpretato la massiccia astensione dell’elettorato siciliano alle ultime regionali come la prova del disgusto nei confronti di un certo modo di fare politica. Ma non è più probabile che molti, essendo consapevoli di non poter più ottenere “nulla in cambio” dalla politica di questi tempi, abbiano preferito risparmiare il proprio voto, aspettando “nuovi acquirenti”?!
Il “vaccino del berlusconismo” -per citare Montanelli- è stato iniettato ripetutamente agli italiani, pur producendo pesanti “effetti collaterali”(colossali conflitti d’interessi, ripetute leggi “ad personam” -dal decreto “salva ladri” del ’94 alla legge sul legittimo impedimento del 2010-, soppressione delle voci dell’informazione sgradite al potere -ricordate l’editto bulgaro?-, cancellazione della facoltà degli elettori di scegliere i parlamentari -si veda il “Porcellum”-, abuso del ricorso alla fiducia ed alla decretazione d’urgenza…). Eppure gli elettori non hanno forse atteso la “sesta” ridiscesa in campo del Cavaliere prima di iniziare a provare qualche “intimo prurito”?!
Come poter credere, allora, che gli italiani siano davvero migliori della “Casta” che li governa?
L’ITALIA APPESA A UN FILO:
O SI CAMBIA, O SI MUORE!
“La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo, l’altro l’opportunità”
(John Fitzgerald Kennedy)
Cosa augurarsi per il nuovo anno?
Riflettendo sulla “strutturalità” dei problemi italiani, sarebbe facile pronosticare un inarrestabile declino del nostro Paese. Considerato, invece, che non possiamo permetterci un futuro più fosco del presente, abbiamo l’obbligo di tenera accesa una speranza. Ma è inutile illudersi: l’ottimismo del “tirare a campare”, la favola dell’“arte d’arrangiarsi” tipicamente italica, sono alcuni dei vizi che ci hanno portato esattamente dove stiamo!
Serve uno “scatto d’orgoglio”, quell’“ottimismo della volontà” -citando Gramsci- che dovrebbe spingerci, piuttosto che a piangerci addosso, a lavorare per cambiare realmente le cose, per rendere il nostro un Paese più serio e competitivo, più credibile e produttivo.
Da dove cominciare? Come ripartire?
◆ In primis, occorre “liberare risorse pubbliche” da destinare in spese d’investimento.
Come farlo senza mandare “a scatafascio” i conti pubblici? Ecco qualche pillola di “spending review”:
- abolire province e prefetture;
- cancellare ogni forma di finanziamento pubblico alla politica;
- ridurre il peso delle società pubbliche e sopprimere gli enti inutili;
- tagliare le spese militari (ha senso l’acquisto degli F-35 o mantenere costosissime missioni di pace all’estero?);
- razionalizzare le forze di pubblica sicurezza (ha senso mantenere cinque distinti corpi di polizia?);
- cancellare ogni forma di finanziamento in favore delle scuole ed università private (fatto salve le scuole materne, mancando un’adeguata offerta pubblica);
- cancellare i privilegi fiscali generosamente concessi alla Chiesa (rivedere l’ingannevole meccanismo d’assegnazione dell’8X1000 ed imporre l’Imu a tutti gli edifici ecclesiastici non destinati “esclusivamente” al culto).
◆ In secundis, necessita una “scossa all’economia”, fin oggi tanto ingessata quanto sfiduciata. Da dove iniziare?
- Liberalizzando, ovvero smantellando la lunga serie di privilegi appannaggio esclusivo delle corporazioni;
- sburocratizzando, specie le procedure per l’avvio di un’impresa o di un’attività commerciale;
- riducendo e rimodulando la pressione fiscale, oggi eccessiva ed eccessivamente gravante su una platea di contribuenti (lavoratori dipendenti, pensionati e famiglie numerose).
◆ In tertiis, serve “riscrivere l’agenda politica” (altro che agenda Monti!),ristabilendo una nuova gerarchia delle priorità:
- più scuola, università e ricerca;
- più turismo, agricoltura biologica e green economy.
L’obiettivo? Valorizzare quell’inimitabile patrimonio umano-culturale-storico-artistico-paesaggistico che fa del “made in Italy” un marchio inimitabile e rende il nostro Paese un fazzoletto di terra conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.
 “Se un popolo ha il governo che si merita, quando meriteremo di non averne alcuno?”
(Paul-Jean Toulet)

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