martedì 22 gennaio 2013

Le mummie all'arrembaggio. Ma accanto a Beppe Grillo c'è un ragazzo che se la ride.





di Sergio Di Cori Modigliani


“Ci vuole molto, ma veramente molto molto tempo prima di riuscire a diventare giovani”.

                                                                                                                                   Pablo Picasso

 

 

Certamente la bella citazione di Picasso (avvalorata dal fatto che l’ha pronunciata a 84 anni, quando ha iniziato la sua produzione di disegni erotici)  non può in alcun caso aderire alla definizione dell’attuale classe politica italiana.

Nell’essere testimoni del suo inevitabile declino verso un tramonto annunciato, ogni giorno, a turno, ineluttabilmente, e in maniera davvero impietosa, queste vecchie cariatidi ammuffite imperversano alla tivvù, sulla stampa mainstream, dilagando adesso anche in rete dove valenti titolari di siti on line, bloggers e disperati dell’ultima ora, raccattano qualche briciola d’euro per dire e sostenere falsi, raccontare e pubblicare menzogne, firmando con il loro consueto atteggiamento la cifra anagrafica della nazione Italia: un paese passato dalla dittatura fascista allo sfascismo democristiano, dall’autoritarismo craxiano alla buracritura comunista, per approdare infine alla gerontocrazia istituzionale, con nonno Berlusconi al comando del cabaret elettorale.

 

Sempre in bilico tra la tragedia e un burlesque da remota provincia dell’impero, le mummie riescono a vampirizzare chicchessia, facendo invecchiare anzitempo anche la gente più impensabile, che dopo due comizi avvizzisce e diventa esangue senza rendersene conto.

 

Davvero triste assistere allo spettacolo offerto da Lilly Gruberberg che officiava un paio di sere fa il circo Barnum del minuetto elettorale: Ingroia e La Russa, promossi entrambi a coraggiosi arrampicatori di una impervia montagna fatta di specchi scivolosi. Pur mantenendo alto e inossidabile il senso della mia stima e rispetto per il lavoro svolto dal dott. Ingroia in quanto magistrato, c’è da rimanere sgomenti nel vedere quanto poco tempo gli sia stato sufficiente per trasformarlo in un ennesimo clone intercambiabile, occupandosi di politica secondo un modello talmente arcaico, obsoleto e lontano da ciò che la gente vorrebbe ascoltare, da lasciare davvero sgomenti. Guida una compagine politica che sostiene di volere “la rivoluzione civile” e si avvale della collaborazione di avanzi nostalgici di un passato comunista ed ex candidati che da cinque anni scalpitano per rientrare in parlamento, dato che finora non avevano trovato nessuno che li candidasse. Ho comunque fiducia nella stoffa di Ingroia, spero di essere smentito. Intanto già mi piace come sta reagendo alla richiesta di “patto di desistenza” arrivata dal PD

Viviamo in un paese ammalato di Alzheimer sociale e il prode Oscar Giannino ci ha pure raccontato che sia il PDL che Monti che il PD sono andati da lui con identica proposta: “ti diamo la tua elezione garantita più altri quattro deputati amici tuoi se ritiri la tua lista” e il Berlusconi del rinnovamento candida Cosentino, Papa, Milanese, Dell’Utri, Farina e compagnia bella.

 

Questo tanto per rinfrescare la memoria.

 

In questa palestra degli orrori e degli errori c’è anche qualche giovanotto.

 

Un ragazzo terribile, spensierato adolescente, e come tale poco incline ai giochi di bottega -per via dell’età si intende- il quale scalpita, si dà da fare, promuove il suo politico prediletto  sostenendolo e si diverte, anche perché non è candidato: non gli interessa.

 

Non è una novità, perché la sua scelta era già nota da parecchio tempo.

 

Eppure, la notizia c’è.

 

Si tratta di Dario Fo, il nostro premio Nobel per la letteratura, uno che va verso i 90, e che davvero può permettersi il lusso di poter dire ai quattro venti, come suggerito da Picasso “io ce l’ho fatta a diventare finalmente giovane”.

 

L’Espresso ci racconta che Dario Fo sta scrivendo un libro con Grillo e Casaleggio. Così scrive il settimanale “... Un libro con Grillo? Casaleggio? Che testo è, un dibattito, uno scambio di lettere? «Un libro. Ci stiamo lavorando. Lo pubblica Chiarelettere». E chi ha avuto l'idea? «Sono venuti loro a offrirmelo. Poi per due interi giorni abbiamo imbastito qui da me un dialogo a tre sull'abbandono della cultura in Italia, il misconoscimento della storia, il travisamento dell'economia, Monti e il gioco delle banche e delle tasse, i media e il modo in cui fanno di tutto per stroncare il loro movimento...». 
Lui e Grillo si conoscono da quarant'anni, «ha una forza incredibile, una grande voglia di apprendere, è uno che si documenta, difficilmente lo prendi in castagna. Abbiamo fatto spettacoli insieme, cinque anni fa, in piazza a sostenere un movimento, una battaglia, come a Forlì dove volevano distruggere una valle col pretesto di produrre energia, centomila persone erano lì a vederci». E Casaleggio? «Lui l'ho conosciuto adesso. Bella testa. Colto. Preparato. E nell'organizzazione, nell'inventare meccanismi di mercato è una macchina da guerra». 
Sì, i due gli piacciono davvero. Dario Fo s'immagina un centinaio di 5 Stelle che entrano in Parlamento e mandano tutto all'aria. Nega che siano senza un programma, e comunque «quando scopri che nelle liste Pd ci sono trenta o quaranta figuri degni di galera ti chiedi: ma è tale ormai il distacco dei vertici dalla loro base che nessuno li avverte?». Difende Grillo anche sui dissidenti, Scelsi & Co. cacciati a calci nel sedere da un movimento che si vuole iperdemocratico: «Ma è un tormentone caricato in modo grottesco dai giornali! Se una viene pregata di non mettersi di mezzo in tv perché non ne ha né la facoltà né l'esperienza e ci va lo stesso allo sbaraglio, in qualunque organizzazione chi ha la responsabilità della gestione ha il diritto di espellerla
».

 

In un paese normale, in piena campagna elettorale, questa sarebbe stata una importante notizia in campo politico-mediatico. Grillo e Casaleggio insieme al nostro premio Nobel, tra i rari esempi di intellettuale italiano dall’impeccabile biografia.

 

E invece nulla.

 

Non ne parlano, né in rete si trovano opinioni e confronti su questo curioso terzetto. Neppure sui social networks, dove di solito ci si sbrana a colpi di striscette per un nonnulla.

 

Intendiamoci, sono ragazzi, quindi è comprensibile che i vecchi marpioni non vogliano perdere tempo con i giovanotti che ignorano la realtà dei veri teatri per adulti.

 

Comunque, in un momento come questo, il fatto che il più autorevole rappresentante della cultura italiana, riconosciuto e riverito in tutto il mondo, scelga di scrivere un libro insieme al duo più chiacchierato, avrebbe meritato una enorme attenzione. Dario Fo non è certo persona che ha bisogno di audience, ne ha avuta sempre, tutta quella che voleva e, avendo corollato la sua ambizione con il prestigio di un Nobel, non lo si può certo accusare di star cercando una scorciatoia per mettersi in mostra. L’articolo su L’Espresso descrive  la coppia Fo-Rame, questi due “vecchietti” che a casa loro si divertono a vivere, a creare, a inventare il loro futuro, con un tono tra il nostalgico e il salottiero da bon ton gossip. Non sia mai si parlasse di politica.

 

Viene comunque fuori l’immagine di una coppia giovane, che pensa al futuro, che lo progetta, lo elabora, lo sogna, lo costruisce e, da bravi intellettuali –essendo quella la loro funzione- ci mostrano la strada da percorrere, a noi esuli in patria in cerca di bussola, di punto di riferimento, di sostegno.

 

Nessuno ne parla. Nessuno divulga questo evento che, a mio avviso, è l’unica novità in campo editoriale e intellettuale verificatasi in Italia negli ultimi dieci anni.

 

Lo trovo sconcertante.

 

Ma non mi stupisce, né tantomeno mi sorprende.

 

In compenso abbiamo la Littizzetto che parla e scrive e si veste come una ragazzina, ma è già mummificata, sembra la vecchia zia democristiana di Franca Rame.

 

Questo è ciò che passa il convento oggi.

 

Ecco perché mi insospettisce sempre la demagogia del razzismo anagrafico e la continua tiritera sul “largo ai giovani”.

 

Non è l’età che conta, ma la visione esistenziale.

 

E le mummie, potete starne certi, poichè rappresentano un’idea del potere, della società, del mondo che è già defunta e battuta dalla Storia, se ne guardano bene dal consentire che si parli dei “giovanotti doc”, delle nostre eccellenze, dei cittadini pensanti che, proprio in virtù di una lunga esperienza, la sanno lunga su ciò che sta accadendo, e soprattutto su ciò che ci stanno preparando nelle solite cucine di sempre.

 

Volevo soltanto ricordare al pubblico che c’è un giovanotto dotato che ci sta mostrando una certa via possibile da seguire.

 

Noblesse oblige.

 

Informatevi.

 

Ne vale davvero la pena, e non c’è neppure bisogno di affidarsi alla consueta dietrologia.

 

Dietro non c’è nulla.

 

I veri giovani sono sempre come appaiono.

 

Perché non ce l’hanno un dietro e un passato, ma soltanto un davanti e un futuro.

 

Questa è la vita nel post-Maya.

 

Il più anziano tra gli intellettuali e artisti italiani è in realtà il più giovane, ottimista e fiducioso sostenitore dell’idea che c’è un futuro possibile per tutti noi.

Dipende da come si guarda il mondo e dalle scelte che si fanno.

 

E siccome lo suggerisce un meritatissimo premio Nobel, c’è proprio da pensarci su.

 

Vale molto di più di qualunque tipo di sondaggio e di statistiche.

 

Libero Pensiero: la casa degli italiani esuli in patria: Le mummie all'arrembaggio. Ma accanto a Beppe Gril...

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