Dopo il fallimento dei vari tentativi di screditare il nome di Osho, fu arrestato a casa di una sua sannyasin con ben trentaquattro capi d’imputazione, di cui solo due, sotto ricatto, furono accettati dagli avvocati del maestro.
Lo stesso giorno dell’arresto, gli avvocati di Bhagawan, chiesero la
libertà provvisoria su cauzione, ma il governo americano la rifiutò
prontamente nonostante non ci fossero prove della sua colpevolezza.
Essendo la causa di competenze dello stato dell’Oregon ci fu un
trasferimento di Osho, ma un viaggio in aereo di non più di sei ore
richiese dodici giorni e il trasferimento in sei diverse prigioni. In
Oklahoma l’aereo atterrò nel silenzio della notte all’aeroporto ed il
detenuto venne condotto in prigione dalla porta sul retro, quasi come se
ci fosse interesse nell’occultare la sua presenza. Ancor più strana fu
la richiesta del maresciallo degli Stati Uniti di riempire il modulo
sotto il nome di David Washington, ma Osho, inizialmente, si rifiutò di
assecondare tale assurdità, trovando un compromesso: il maresciallo
avrebbe riempito i moduli come voleva e lui li avrebbe firmati in
Hindi.
Se avesse firmato col nome impostogli dal maresciallo avrebbe anche
potuto essere ucciso e non ci sarebbe stata alcuna prova della sua
presenza in quella prigione. Dopo aver firmato fu condotto in una
piccola cella maleodorante, con un materasso sporco, infestato da
scarafaggi e senza cuscino o coperte. Il maestro ricorda solo di essersi
svegliato il mattino seguente e che gli venne offerta una strana
colazione: due fette di pane con una salsa senza sapore ne odore. Il
giorno in cui si dovettero recare in tribunale, gli avvocati vennero
minacciati di accettare almeno due imputazioni formali o la vita di Osho
sarebbe stata in pericolo e così fecero...
Il giudice chiese all’imputato se si dichiarava colpevole dei reati
imputatogli, ma la sua risposta fu solo “io sono”, completata da uno dei
suoi avvocati che aggiunse prontamente “colpevole”. La sentenza
prevedeva che l’imputato fosse multato per cinquantamila dollari e che
fosse espulso senza possibilità d’ingresso per cinque anni.
Immediatamente fu condotto a riprendere i suoi vestiti in carcere e
subito dopo all’aeroporto.
Dopo l’espulsione Osho girò venti paesi per otto mesi, ma tutti gli
vietarono il visto o gli dettero l’espulsione senza una logica
spiegazione. Iniziò fin da subito a mostrare i segni dell’avvelenamento:
il sonno era completamente scomparso, si verificò una totale perdita
dell’appetito, non riusciva più a sentire i sapori, aveva una costante
nausea, nessuna sete, i capelli caddero, la barba diventò bianca in
pochissimo tempo, il sistema immunitario sembrava gravemente
compromesso, la vista si indebolì, si presentava spesso una forte
sensazione di formicolio che si estendeva a tutto il corpo, dolore ai
polsi e contrazione delle palpebre. I sospetti del Dottor Amrito, medico
personale del maestro, sull’avvelenamento iniziarono a sorgere dal
momento che per guarire da un otite ci vollero sette settimane e un
intervento, la cui ferita faticò molto a guarire. Il veleno usato non si
scoprirà mai con certezza, ma tutti i sintomi sono compatibili con
quattro tipi di veleno: Tallio, un veleno della famiglia dei metalli
pesanti che scompare dall’organismo in otto settimane, eroina sintetica,
veleno che si pensa sia stato usato dal governo americano per uccidere
individui ribelli e che scompare dal corpo in due anni, esposizione alla
radioattività (in carcere mentre dormiva o tramite l’esposizione a
radioattività dei cibi), o il meno comune fluorocarbonio che scompare
immediatamente dal sangue e dalle urine.
In conclusione, come dichiarò Bhagwan stesso, non importa che tipo di
veleno gli abbiano somministrato, ma è certo che è stato avvelenato dal
governo americano di Ronald Reagan e questo lo ha portato lentamente
alla morte.
La Crepa nel muro: Processo ed Avvelenamento di Osho Rajneesh
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