Non diventare mai vittima delle aspettative degli altri e non rendere nessuno vittima delle tue...Osho
mercoledì 18 luglio 2012
Fuori dall’Euro! E se ci mettessimo tutti a vivere...
Di Vercingetorix
La Norvegia rappresenta il paese ideale agli occhi degli euroscettici britannici, e non solo. Ma quella norvegese sarà davvero una formula praticabile per i paesi che hanno voglia di abbandonare la nave europea?
Il primo luglio David Cameron ha pubblicato un articolo sul Sunday Telegraph nel quale prospetta la possibilità di indire un referendum sulla continuità o meno di appartenenza della Gran Bretagna alla Ue. Nelle sue parole cita molto spesso il caso della Norvegia, esempio perfetto di come si possa non far parte dell’Ue e nonostante ciò prosperare. “La gente teme che qualora la Gran Bretagna uscisse dall’Ue noi perderemmo l’accesso al mercato unico, ma la Gran Bretagna può farcela, può uscire dall’Ue e continuare a mantenerne i vantaggi commerciali, alla stregua dell’esempio norvegese. Le uniche cose che perderemmo sarebbero la burocrazia e le spese”.
Ma andiamo a vedere meglio la situazione norvegese. Già due volte, nel 1972 e nel 1994, i cinque milioni di norvegesi sono stati convocati alle urne per decidere con un referendum se volessero entrare nell’Ue e in entrambi i casi, dopo accese discussioni, sono prevalsi di misura i no.
La Norvegia, invece, assieme all’Islanda e al Liechtenstein, ha scelto di entrare a far parte dello Spazio economico europeo (See), in pratica un’associazione di tutti i Ventisette stati membri più tre non aderenti all’Ue, ispirata alle “Quattro libertà”, ovvero la libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali.
La Norvegia è soggetta ad appena un terzo delle normative previste per i paesi membri a tutti gli effetti dell’Ue, sebbene il See non abbia voce in capitolo in tema di agricoltura, pesca, giustizia o politica interna e pare che tale accordo funzioni bene.
La Norvegia è una delle nazioni più ricche e soddisfatte della Terra, ha un pil pro capite di 50mila euro, rispetto ai 29mila del Regno Unito e a una media nell’Ue che si assesta intorno ai 26.700, la disoccupazione è appena al 3,25 per cento e il suo pil cresce del 2,75 per cento l’anno, come accade ormai da una quarantina di anni circa.
Ma c’è anche dell’altro: la Norvegia si colloca sistematicamente ai primi posti nelle graduatorie delle Nazioni Unite sulla qualità della vita, ha un welfare generoso, le neomamme possono usufruire di un congedo di maternità di 46 settimane e la pubblica istruzione è gratuita e universale.
Il paese si finanzia grazie alle proprie ingenti riserve di petrolio, legname e pesce, che gestisce oculatamente, accantonando una parte dei considerevoli proventi del petrolio per finanziare in futuro l’assistenza sanitaria della popolazione in via di invecchiamento.
“La Norvegia è un paese florido e vogliamo che rimanga così”, ha dichiarato Gunnar Bakke, membro della commissione business di Bergen, la nota città mercantile che sin dai tempi dei vichinghi ha saputo amministrare e far fruttare sapientemente le proprie acque e le sue colline ricoperte di foreste, fino a diventare un elemento fondamentale della Lega Anseatica.
Quello stesso spirito commerciale è vivo ancora oggi: con una popolazione di 260mila persone, la città ospita molte grandi compagnie petrolifere oltre alla più grande società al mondo di allevamento di salmoni. che aggiunge: “Noi pensiamo a lungo termine e amministriamo le nostre risorse con prudenza. Perché mai dovremmo entrare nell’Ue e pagare per gli sperperi altrui ?”.
In più da recenti interviste rilasciate al Sunday Telegraph, alcuni cittadini norvegesi sono ancora più tassativi nelle loro opinioni: “La Norvegia dovrebbe uscire anche dal See. Siamo pur sempre costretti ad accettare troppe decisioni prese a Bruxelles ed è come se l’Ue ci entrasse in casa dalla porta sul retro. Sarebbe molto meglio rompere una volta per tutte con il See e firmare soltanto intese bilaterali. Il nostro paese è sufficientemente forte da potersene stare per conto proprio: dato che è un centro molto importante per i commerci e l’ Ue non potrebbe ignorarlo”.
Il dibattito é aperto, e l’ euroscetticismo aumenta sempre più.
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