Un uomo si presentò da Libnani, un Maestro Sufi, e fra i
due avvenne questo dialogo.
Uomo: “Desidero imparare. Vorresti insegnarmi?”.
Libnani: “Non sento che tu sappia come imparare”.
Uomo: “Puoi insegnarmi il modo per imparare?”.
Libnani: “Puoi imparare il modo per lasciare che io ti insegni?”.
La verità non può essere insegnata… ma può essere appresa. E tra queste
due affermazioni è racchiusa la chiave di qualsiasi comprensione. Perciò
lasciate che mi ripeta: la verità non può essere insegnata, ma può
essere appresa; perché la verità non è un insegnamento, non è una
dottrina, non è una teoria, né una filosofia o qualcosa di simile.
La verità è l’esistenza. La verità è essere. Non si può parlare della
verità. Se inizi a dire qualcosa sulla verità, cominci a girarle
intorno: non farai altro che menare il can per l’aia, ma non
raggiungerai mai il centro della verità. Quando fai una domanda sulla
verità, già te la stai lasciando sfuggire: puoi incontrare la verità
direttamente, non girandole intorno. Non esistono percorsi intermedi.
La verità è quieora. Solo la verità è. Non esiste altro. Perciò, quando
sollevi una domanda sulla verità, la tua mente se n’è già allontanata:
sei già altrove, non sei più quieora. La verità non può essere insegnata
perché le parole non possono trasmetterla, sono impotenti. La verità è
sconfinata, incredibilmente vasta, infinita; le parole sono molto, molto
limitate: non puoi costringere la verità dentro le parole, è
impossibile. E com’è possibile insegnare senza le parole? Il silenzio
può essere un messaggio. Può trasmettere; può diventare il veicolo. Ma a
quel punto la questione si sposta: non riguarda più il metodo adottato
dal Maestro per insegnare la verità, bensì l’interessamento del
discepolo ad apprendere la verità.
Se fosse un problema di metodo d’insegnamento, il Maestro farebbe
qualcosa; ma le parole sono inutili – non si può fare niente con le
parole. Il Maestro può rimanere in silenzio e trasmettere il messaggio
da ogni poro del proprio essere, ma in questo caso il discepolo deve
comprenderlo: da solo, senza alcun aiuto dal Maestro, il discepolo deve
ricevere il messaggio. Ecco perché, nel mondo della religione, non
esistono gli insegnanti, ci sono soltanto Maestri: l’insegnante è colui
che insegna; il Maestro è colui che è. L’insegnante è colui che parla
della verità, il Maestro è egli stesso la verità: voi la potete
apprendere, ma egli non può insegnarla. Il Maestro può essere presente –
aperto, disponibile – voi dovete berlo e dovete mangiarlo: dovete
imbevervi di lui; ne dovete diventare pregni. Dovete assorbire. Maestro è
colui che è diventato la verità ed è disponibile per tutti coloro che
sono pronti ad assorbirlo. Per questo Gesù disse ai suoi discepoli:
“Mangiatemi”. La verità può essere mangiata, ma non può essere
insegnata. Puoi lasciare che arrivi a te, ma non può esserti inculcata
con la forza: la verità è assolutamente non violenta, non bussa neppure
alla tua porta – anche un semplice bussare sarebbe troppo aggressivo. Se
sei disponibile, accogliente, se sei ricettivo, la verità è totalmente
presente. Se sei chiuso, se non sei ricettivo, potrai cercarla per
milioni di vite e continuerai a lasciartela sfuggire… ma la verità è
sempre presente, è sempre stata presente. Non dovevi fare neppure un
passo, non dovevi neanche aprire gli occhi. Non dovevi fare neanche un
piccolo movimento per raggiungerla: la verità è sempre stata presente.
Dovevi soltanto essere ricettivo.
La verità non può essere insegnata, tuttavia può essere appresa;
pertanto, tutta l’arte consiste nel come diventare un discepolo.
L’umanità si divide in tre parti. Una, la maggioranza, in pratica il
novantanove per cento del genere umano, non si interessa mai della
verità. Costoro rimangono immemori, sono completamente addormentati. Non
indagano, vivono come sonnambuli. L’interrogativo: “Cos’è la verità?”
non sorge mai in loro. Per la maggior parte dell’umanità è così. Costoro
vivono nell’ignoranza, sono completamente inconsapevoli di essere
ignoranti, e non soltanto sono inconsapevoli d’essere ignoranti, possono
addirittura pensare e sognare di sapere. Fa parte del loro sonno:
pensano di sapere, quindi che bisogno hanno di imparare? Distruggere il
bisogno d’imparare: questa è la cosa migliore da fare per continuare a
sentire di sapere già tutto. Così il problema di apprendere non esiste e
quella gente non sente alcun bisogno di diventare un discepolo: è
soddisfatta nella sua tomba. Sono persone già morte! Questa è la
condizione della maggior parte dell’umanità: anche se ti avvicini a
persone che appartengono a questo gruppo e parli loro della verità,
rideranno. Diranno che parli di cose assurde, insensate; non solo:
costoro negheranno addirittura l’esistenza di qualcosa come la verità,
come Dio, come il nirvana. Se trasmetti loro il messaggio di un essere
illuminato, replicheranno che un simile essere non è mai esistito, è
impossibile che esista: “Noi rappresentiamo l’intera umanità!”.
Qualcuno chiese a Voltaire la sua opinione sull’origine della religione.
Si dice che Voltaire abbia risposto: “La religione è nata il giorno in
cui sulla Terra il primo ciarlatano incontrò il primo sciocco.
Dall’incontro di quel ciarlatano con quello sciocco, nacque la
religione”. La risposta di Voltaire contiene un elemento di verità. In
un certo senso è vera, ma è vera non per la religione, bensì per le
pseudoreligioni. La religione non è nata dall’incontro tra un ciarlatano
e uno sciocco – le pseudoreligioni sono nate così – la religione è nata
dall’incontro tra un Maestro e un discepolo. La religione è nata
dall’incontro tra un essere che si è realizzato e un essere
autenticamente alla ricerca della propria realizzazione: la religione è
nata dall’incontro tra la verità e un discepolo. Purtroppo la maggior
parte dell’umanità rimane totalmente inconsapevole, beatamente
inconsapevole perché, quando nella vita dell’uomo non esiste alcuna
indagine e non c’è ricerca, si vive una vita di agi, priva di sforzi; e
l’uomo continua a cadere in basso, non si eleva mai verso l’alto: non
raggiunge mai le vette. E questa umanità è immemore: non solo non sa,
neppure ha mai sognato l’esistenza di picchi di esperienza, la
possibilità di altitudini di estasi da raggiungere. Costoro rimangono in
pratica allo stato animale: si mangia e si dorme, confinati alla
sopravvivenza. Una vita di routine: si gira in tondo… si nasce, si vive,
si mettono al mondo altri esseri umani, e poi si muore – e la ruota
continua a girare: di nuovo si nasce, e di nuovo si ripete la stessa
storia… ancora e di nuovo, fino alla nausea. Esiste poi la seconda parte
dell’umanità, costituita dai pochi che indagano ma che non conoscono il
modo per apprendere: costoro ricercano, ma non comprendono che questa
ricerca necessita di una trasformazione interiore e che è attuabile solo
attraverso una trasformazione interiore. È necessaria una mutazione
interiore. In questa dimensione l’apprendimento non è come negli altri
casi: è possibile imparare la chimica, la fisica, la matematica senza
alcun cambiamento nella propria consapevolezza – non avete alcun bisogno
di cambiare la vostra consapevolezza – così come siete, potete
imparare. Viceversa, la religione è un apprendimento nel quale il
requisito base è questo: prima di tutto cambia la tua consapevolezza!
Prima ancora che l’apprendimento inizi, devi essere preparato a questo
mutamento: è necessaria una lunga preparazione, senza la quale non puoi
iniziare alcun apprendimento. La seconda parte dell’umanità indaga, ma
non è pronta, perciò continua a girovagare fra teorie, ipotesi,
proiezioni mentali altrui, invenzioni di gente colta e verbalizzazioni,
vagola tra filosofie e metafisiche: esistono migliaia di teorie
disponibili per questo tipo di persone. È possibile scegliere: il
mercato è vasto, si può continuare a saltare da una teoria a un’altra,
perché nessuna teoria è in grado di offrire la risposta giusta. Nessuna
teoria può offrirla, ragion per cui, se ti senti stufo di una teoria, ne
scegli un’altra; se ti sei stancato di un insegnante, vai da un altro… e
queste persone continuano a cambiare, diventando dei girovaghi.
Ogni giorno, mi imbatto nel secondo tipo di persone: sono state in un
ashram e in quell’altro, sono state da questo insegnante e da
quell’altro, sono passate da un luogo all’altro. Niente le soddisfa, ma
non sono consapevoli che il loro problema non è l’insegnante: manca loro
la preparazione di base. Non sono ancora pronte a essere dei discepoli,
e se non sei pronto a essere un discepolo, come puoi trovare il
Maestro? La tradizione è questa: quando il discepolo è pronto, il
Maestro appare spontaneamente. Non devi neppure cercarlo, il Maestro
arriva a te. Nel momento stesso in cui un discepolo è pronto,
immediatamente appare il Maestro. Voi tutti siete alla continua ricerca
di un Maestro, e non compare mai: qualcosa è sbagliato dentro di voi.
Qualcosa dentro di voi rende vani tutti i vostri sforzi: non siete
pronti. Non potete incontrare un Maestro alle vostre condizioni: voi
dovete soddisfare le sue; condizioni eterne, che non sono mai cambiate.
Rimangono sempre le stesse: dovete imparare a essere discepoli. Questa
seconda parte dell’umanità diventa una massa vagabonda di indagatori che
non guadagnano mai molto. Diventano pietre che rotolano e che non
raccolgono mai alcun muschio: continuano a rotolare da una teoria
all’altra. Poi viene una terza parte, costituita da esseri umani molto
rari, da eccezioni: la crema dell’umanità. Questa terza parte comprende
coloro che cercano, che indagano, ma la loro indagine non è
intellettuale, è totale. La loro indagine non assomiglia allo studio di
qualsiasi altra materia: indagano in modo così totale, da essere pronti a
morire per la loro ricerca. Sono pronti a cambiare tutto il loro
essere, sono pronti a soddisfare qualsiasi condizione: anche se la morte
fosse una condizione inderogabile, sono pronti a morire. A ogni costo
vogliono conoscere cos’è la verità, vogliono essere nel mondo della
verità e non vogliono vivere nel mondo delle menzogne e delle illusioni e
dei sogni e delle proiezioni. Chi appartiene a questo terzo tipo può
diventare un discepolo. E soltanto chi appartiene a questo terzo tipo,
quando si sarà realizzato, potrà diventare un Maestro.
Ecco perché dico che la verità non può essere insegnata, ma può essere
appresa: tutto dipende da voi. Un Maestro esiste. Si deve essere in sua
presenza completamente svuotati da se stessi: questo è il significato
della morte. Un discepolo arriva e muore davanti al Maestro: ecco cosa
significa arrendersi. Egli arriva e lascia se stesso fuori dalla porta:
dove lascia le proprie scarpe, lascia anche se stesso. Arriva dal
Maestro completamente vuoto. Proprio in questo vuoto, la verità è
possibile. Proprio in questo vuoto il Maestro comincia a fluire: diventa
come una possente cascata d’acqua che precipita nella valle del
discepolo. Dalle vette del proprio essere, il Maestro raggiunge le
abissali profondità dell’essere del discepolo; e ricorda: il Maestro non
fa niente. Accade semplicemente. Quando la valle è pronta, la cascata
d’acqua precipita spontaneamente: l’essere del Maestro inizia a fluire
nell’essere del discepolo. Non che il Maestro faccia qualcosa. Non che
il discepolo faccia qualcosa. Nessuno dei due fa alcunché: il Maestro è
alla presenza del discepolo e il discepolo è alla presenza del Maestro e
il fenomeno accade spontaneamente. La fiamma del Maestro fa un balzo
nel cuore del discepolo; ma il cuore del discepolo deve rimanere aperto e
il discepolo deve rimanere vuoto: una semplice accoglienza. 24 Ecco
perché continuo a ripetere che l’arte di essere un discepolo è l’arte di
essere una consapevolezza femminile: ricettiva, accogliente, che non
crea barriere, che non chiude le porte, che non cerca di mettersi in
salvo e di essere al sicuro. Una consapevolezza che ha fiducia. Fiducia è
la parola esatta; e nella fiducia la verità accade. Avere fiducia
significa essere pronti a imparare. Certo, fiducia è la parola esatta:
avere fiducia significa essere un discepolo. Se stai ancora pensando,
allora cerchi ancora di controllarti; non ti sei arreso. Se stai ancora
dicendo: “Questo è giusto e quello è sbagliato”, allora la tua mente è
presente e tu appartieni alla seconda parte dell’umanità, non alla
terza.
Adesso lasciatemi dividere di nuovo l’umanità in queste tre parti,
partendo da una diversa prospettiva. La prima parte dell’umanità ha come
propria anima il dubbio, e il dubbio è tanto forte da diventare quasi
una fiducia nel dubbio, un credo nel non credere. Il dubbio è così forte
perché la prima parte dell’umanità – la parte predominante, la
maggioranza – non dubita mai dei propri dubbi: ha fiducia nel dubbio.
Chi è assolutamente compenetrato nel dubbio, totalmente certo dei propri
dubbi, rimane completamente chiuso: non apre neppure uno spiraglio. In
questo caso essere un discepolo è qualcosa di estremamente remoto,
persino diventare uno studente risulta difficile. Addirittura ti è
impossibile accettare l’idea che qualcuno sappia più di te. Questa parte
dell’umanità rimane sciocca, stupida. Sono persone che assomigliano a
pietre senza vita, gelide come la morte, perché se l’energia dell’essere
umano non si muove continuamente nell’ignoto, non si può essere vivi.
Solo se ti muovi ogni giorno nell’ignoto, soltanto così sei vivo,
palpitante: il tuo cuore pulsa e tu stai crescendo. La crescita avviene
sempre dal conosciuto verso l’ignoto. La seconda parte dell’umanità è
formata da coloro che indagano: i loro dubbi sono scossi, ma in loro la
fiducia non si è ancora radicata. Non fanno più parte della maggioranza
dell’umanità, si sono allontanati un pochino dalla maggioranza – ma
anche questo poco è troppo per fare marcia indietro – però sono ancora
nel limbo, sono sospesi proprio nel mezzo. Non hanno fiducia. La prima
parte dell’umanità ha troppa fiducia nel dubbio, la seconda parte è
arrivata a dubitare dei propri dubbi, ma in costoro la fiducia non è
ancora nata. La terza parte dell’umanità ha fiducia nella fiducia: la
loro fiducia è assoluta. Le persone appartenenti alla seconda parte vi
definiranno ciechi. Shraddha, la vostra fiducia nella fiducia, apparirà
loro come una cecità. La prima parte dell’umanità vi definirà folli. La
vostra fiducia le sembrerà soltanto una follia: come può una persona
raziocinante credere così totalmente? È impossibile. Ma per la terza
parte dell’umanità, per coloro cui la fiducia è accaduta, la cecità sarà
l’unica capacità di vedere. E per loro, la follia sarà l’unica cosa
sensata. Queste tre diverse parti di umanità hanno linguaggi differenti:
non comunicano mai fra loro. È un’eventualità pressoché impossibile,
proprio come quando tu parli a qualcuno che non conosce la tua lingua e
tu non conosci la sua – al massimo mediante i gesti diventa possibile un
minimo di comunicazione, ma non di più.
I Sufi affermano che soltanto la terza parte dell’umanità può imparare: i
Maestri Sufi sono molto selettivi. È molto difficile essere accettato
da un Maestro Sufi, è davvero molto difficile; egli erige intorno a sé
ogni sorta di ostacoli. Primo: un Maestro Sufi vive in modo così comune
da non farti neppure sospettare di essere davanti a un Maestro; vive in
modo assolutamente normale. Per esempio, il Maestro può essere un
fabbro, un calzolaio, un tessitore di tappeti, un macellaio o un
falegname – un uomo che appartiene all’autentico mondo ordinario. Tu non
puoi sospettare che l’uomo che fabbrica e che ripara le tue scarpe sia
un Maestro; egli non suscita alcun sospetto: questo è il modo per
proteggersi da coloro che non sono pronti, ma che pensano di esserlo. In
questo modo egli si protegge dagli intrusi. Non vedrai mai un Maestro
Sufi andare alla moschea, al tempio o in un luogo pubblico per pregare.
No, egli prega quando tutti sono profondamente addormentati, nel cuore
della notte. È possibile che anche sua moglie non sospetti che
quest’uomo sia un illuminato: non permettere ad alcuno di saperlo fa
parte del metodo Sufi. Gesù deve aver vissuto con dei Sufi, in Egitto:
nella Bibbia riporta qualcuno dei loro insegnamenti. Uno di questi è il
seguente: “Non permettere che la tua mano sinistra conosca ciò che fa la
tua mano destra”. Questa è una tradizione Sufi: vivi completamente
nell’oscurità. In questo modo nessuno sa che sei un Maestro e gli
intrusi non arriveranno; gli pseudoricercatori non busseranno alla tua
porta. E gli sciocchi non abuseranno del tuo tempo e della tua energia.
Secondo: se in qualche modo vieni a sapere dell’esistenza di un Maestro
Sufi, dovrai aspettare per anni al suo fianco, come un apprendista, ma
non per apprendere la meditazione: se è un calzolaio, per anni tu dovrai
imparare a fabbricare scarpe. E i Maestri Sufi assegnano compiti
gravosi: potranno passare dieci, dodici anni e tu semplicemente
lavorerai sulle scarpe, non farai che fabbricare scarpe e il problema
della tua presenza non sarà mai sollevato, a meno che, un giorno, il
Maestro stesso non ti chieda: “Perché sei venuto da me? Cosa vuoi?”. Ti
osserverà, starà con te. In questo stare insieme qualcosa in te crescerà
sempre più, mediante un metodo davvero indiretto, per esempio,
fabbricando scarpe: è una meditazione, perché il Maestro dice al
discepolo di svolgere soltanto il compito che gli ha assegnato; non ha
il permesso di pensare. Ricorda: se lavori con le mani, molto
probabilmente la mente rimarrà disoccupata, vacante. Se lavori con la
mente, naturalmente le possibilità diminuiscono, perché la mente deve
pensare. I Sufi lavorano con le mani: tessono tappeti, fabbricano
scarpe, fanno lavori di falegnameria o di qualsiasi altro genere, lavori
sempre manuali. Le mani e la testa sono due poli opposti: se la tua
energia si muove verso le mani, la mente si calma sempre più. Se per
anni – dodici anni è un lungo lasso di tempo! – lavori semplicemente con
le mani, dimentichi completamente la mente. Non ti è necessaria e
diventa disoccupata, non funzionante; e questo è ciò che occorre a un
discepolo: la sua mente deve essere in uno stato di non funzionamento. I
pensieri dovrebbero fermarsi. La mente dovrebbe diventare simile a una
nonmente – non colma di pensieri, di sogni o di idee: completamente
vuota. Mentre il discepolo è apprendista e lavora facendo scarpe, il
Maestro continua a osservare cosa sta accadendo nella mente del
discepolo: la sua energia si muove completamente nelle sue mani? Adesso
anche gli psicologi riconoscono che l’uomo che fa lavori manuali usa la
stessa energia togliendola alla mente. L’energia è sempre la stessa. La
mano destra è unita alla parte sinistra del cervello e la mano sinistra è
unita alla parte destra del cervello. Prova a fare questo esperimento:
ogni volta che senti di avere troppi pensieri, tanti da non riuscire a
fermarli, strofina con forza una mano con l’altra, fino a renderle
bollenti; all’improvviso ti renderai conto che la mente si è fermata e
adesso l’energia circola nelle mani. Per le persone che non riescono a
dormire questa è la miglior medicina che si conosca, migliore di
qualsiasi tranquillante: chiudi semplicemente gli occhi e strofina le
mani, fino a sentire che diventano sempre più calde – che lo strofinio
le rende bollenti – vedilo anche con l’immaginazione: le mani diventano
sempre più calde. Quando saranno caldissime, la tua testa diventerà
fresca. La testa e le mani sono i due poli opposti. Le mani dovrebbero
essere calde e la testa dovrebbe essere fresca. Ma quando hai troppi
pensieri, la tua testa sarà calda e le mani fredde; questo è malsano. Ti
stai avviando verso la pazzia: arriverà il momento in cui la tua mente
comincerà a funzionare per proprio conto, sarà sconnessa dall’intero
corpo. Ecco cos’è la pazzia: una parte di te è diventata autonoma, una
parte è diventata un dittatore. In Giappone, i Maestri Zen continuano a
lavorare con le mani. E i Maestri Sufi, nei Paesi musulmani, continuano a
lavorare con le mani: fare qualcosa con le mani è sempre bello; fa
scendere l’energia, dall’alto della mente giù nel corpo. Se continui a
lavorare per anni con le mani, diventi senza mente. Rimane la parte
fisica della testa, ma la parte energetica, la parte pensante scompare:
si diventa nonmente. Un discepolo deve rimanere con il Maestro per anni.
È difficile, a meno che tu non abbia fiducia; infatti, chi può dire se
quest’uomo è un Maestro oppure no? Chissà se si è realizzato o no? Come
puoi giudicare? Ma se hai fiducia, a poco a poco accade un’affinità
interiore con il Maestro. Un’affinità interiore che accade, a volte,
solo tra amanti; ma che accade raramente, perché gli amanti non si
arrendono mai. Gli amanti ne parlano, dicono di essersi arresi, ma non
si arrendono mai. In realtà, dicendo di essersi arresi, possono tentare
di manipolare l’altro: la resa può essere soltanto un trucco. Tra amanti
la lotta è continua. Di rado, ma a volte accade, se due amanti sono
realmente in amore, accade un’affinità. Da qualche parte diventano
unità: nell’esistenza nasce un ponte. I corpi rimangono due, ma le loro
fiamme interiori si avvicinano talmente da diventare una. In amore
accade raramente e solo per pochi istanti; poi le fiamme si dividono di
nuovo, tornano di nuovo unite e si dividono un’altra volta. E continua
così. Viceversa, quando questa intimità accade tra un discepolo e un
Maestro, poi continua a crescere: i loro esseri si avvicinano sempre di
più, finché arriva il momento in cui all’esterno esistono due corpi, ma
da qualche parte nel mondo interiore gli esseri non sono più due. Il
balzo, il salto della fiamma è accaduto. Imparare da un Maestro
significa apprendere come essere con lui. Imparare da un Maestro
significa apprendere come non essere con te stesso.
L’apprendimento religioso ha una dimensione totalmente diversa rispetto
agli altri apprendimenti e alle altre discipline. Nelle altre
discipline, tu rimani sempre lo stesso e inizi ad accumulare
informazioni: se vuoi imparare la geografia, vai da un insegnante e
apprendi. Tu rimani sempre lo stesso, in te continuano ad aumentare solo
le informazioni; diventi sempre più colto, ma il tuo essere, la tua
qualità di essere, il tuo stato dell’essere rimangono gli stessi. Quando
vieni da un Maestro per apprendere la religione, o la verità, allora
tutto cambia: in te non c’è alcun accumulo d’informazioni, né un aumento
del tuo sapere, in te accade una crescita dell’essere. Tu non saprai di
più, ma sarai di più. La tua memoria non sarà accresciuta
dall’esercizio, niente affatto; viceversa il tuo stesso essere, il tuo
vero essere, diventerà più centrato e silenzioso, estatico. La religione
è l’apprendimento dell’essere. Tutti gli altri apprendimenti sono solo
un addestramento della memoria. Tutte le altre discipline vi danno un
sapere. La religione vi dà la conoscenza, non il sapere: vi dà
conoscenza, cioè la capacità di vedere e l’immensa energia per essere.
(Tratto da Osho
La Magia del Semplice Bompiani Editore)
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