Il Movimento Cinque Stelle ha detto fin da subito che non avrebbe
votato la fiducia a un Governo Pd. Questa posizione è stata ovviamente
criticata dall'esterno, e forse anche da qualcuno all'interno. Per
comprenderne le ragioni, bisogna capire bene cosa significa, questa
benedetta "fiducia". Non a tutti è chiaro. Oggi lo spieghiamo anche alla
proverbiale casalinga di Voghera.
La nostra forma di Governo prevede, tra le altre cose, un
bicameralismo perfetto
(unico caso nel mondo. Ovvero - in soldoni - tutte le leggi devono
essere approvate e possono essere modificate da entrambe le Camere) e il
meccanismo della fiducia. La "fiducia" è introdotta dall'
art.94 della
Costituzione italiana
(e no, non bisogna essere fini costituzionalisti per leggerla e capirne
il senso: la Costituzione è stata scritta perché la comprendessero
tutti).
Art. 94
Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei
componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di
tre giorni dalla sua presentazione.
L'Italia è una
Repubblica Parlamentare (e questo va ricordato, ogni volta che si fa una critica sulla
proposta di prorogatio all'attuale Governo). Questo significa che
l'organo titolato ad esercitare la potestà legislativa (fare le leggi) è principalmente il Parlamento.
Il Governo ha semmai il ruolo di indirizzo politico: la sua iniziativa
legislativa è sempre e comunque subordinata. Può cioè dare esecuzione a
strategie politiche, che poi trasforma per esempio in decreti legge, i
quali però devono sempre e comunque essere convertiti in legge dal
Parlamento (entro 60 giorni), altrimenti decadono.
Per entrare in carica, il Governo deve farsi dare la fiducia, e siccome
operiamo in regime di bicameralismo perfetto, la fiducia deve essere
data sia alla Camera dei Deputati che al Senato della Repubblica. Perché
si fa questo passaggio? Senza bisogno di aprire un manuale di Scienza
Politica (ce l'ho, se volete lo tiro fuori), diamo un'occhiata a
Wikipedia che
lo spiega bene. In relazione alla votazione della fiducia con "mozione motivata" e per "appello nominale", si legge:
« Queste ultime due disposizioni hanno un preciso scopo: quello di
creare una stabile maggioranza politica. L'obbligo di motivare la
mozione fa sì che i vari gruppi si impegnino, se favorevoli, a sostenere il Governo in modo stabile. La votazione a scrutinio palese serve a far sì che i vari parlamentari si assumano la responsabilità politica personale di sostenere il Governo. »
Tutto chiaro? La fiducia non è un atto formale che
permette ad un Governo di entrare in carica, come qualche commentatore
interessato cerca di far credere per semplificare a proprio vantaggio il
casus belli, ma un vero e proprio atto di
corresponsabilità politica di fronte al Paese e agli elettori, che per di più deve essere
stabile. La fiducia non si dà e non si toglie come si sale e si scende dal tram: questo sì, sarebbe da irresponsabili.
Tant'è vero che per
togliere la fiducia a un Governo
in carica la procedura si complica. Il primo voto di fiducia, quello che
permette a un nuovo Governo di entrare in carica, è infatti un atto
propositivo sul quale tutte le forze politiche sono chiamate
immancabilmente ad esprimersi. La revoca della fiducia, invece, si può
avere solo se qualcuno ne fa proposta (mozione di sfiducia) e se questa
proposta viene sottoscritta da un numero sufficiente di parlamentari (un
decimo per Camera, dunque nel caso di Montecitorio almeno 63 deputati).
Inoltre, qualora la mozione avesse i requisiti per essere inserita
all'ordine del giorno, non potrebbe essere discussa prima di tre giorni,
perché (come nei casi di divorzio matrimoniale), si deve dare
l'opportunità a chi l'ha presentata di ripensarci, magari sfiancandolo
con estenuanti pressioni. E infine, ovviamente, bisognerebbe avere una
maggioranza che la vota.
Supponiamo ora che il Pd presentasse un programma di Governo in cui,
per assurdo, ricalca tutto quello che vuole fare Grillo. Dico "per
assurdo" perchè, a quel punto, tanto varrebbe avere direttamente un
Governo a Cinque Stelle. Supponiamo anche che i 162 parlamentari
pentastellati, colti da raptus o irretiti dalle reiterate richieste di
"responsabilità", dopo il discorso parlamentare di Bersani (senza
conoscere i contenuti del quale non ha senso neppure interrogarsi sulle
intenzioni dei cinque stelle, visto che prima si ufficializza una
proposta e solo dopo la si può votare), votassero per questa benedetta
fiducia. Dal giorno dopo, il Partito Democratico avrebbe il viatico per
iniziare la sua azione di Governo. Rispetterebbe l'indirizzo politico
dichiarato per ottenere la fiducia? Questo è il problema.
Parliamo dello stesso partito che fa "parlamentarie" per definire liste di candidature
in cui antidemocraticamente impone veterani vietati
dallo statuto, come la Bindi. Parliamo dello stesso partito le cui
ingerenze nelle fondazioni bancarie hanno portato alla situazione che
sappiamo di Monte Dei Paschi, e che non ha mai pubblicato l'elenco dei
mutui ottenuti dai suoi dirigenti/funzionari/parlamentari. Lo stesso
partito del fiscal compact, del più Europa a tutti i costi, del
conflitto di interessi che secondo Fassino non era una priorità degli
italiani, e così via. Un partito che accusa gli altri di non essere
democratici, ma che di democratico - visto l'establishment che non molla
le redini - non ha poi molto. Un partito che
insiste per governare perché sa benissimo che, se si tornasse alle urne, tutta la sua dirigenza verrebbe rasa al suolo e si farebbero avanti nuove leve, con tutto il loro
entourage,
come Matteo Renzi. E che per questo fa lanciare appelli su appelli a
una presunta responsabilità, sia manipolando petizioni altrui e
presentandole come se fossero della base del Movimento Cinque Stelle
(Viola Tesi,
esponente del Partito Pirata), sia
lanciando i suoi intellettuali su Repubblica.
La verità è che, con tutta probabilità, il Partito Democratico
continuerebbe a fare quello che ha sempre fatto, ovvero i suoi interessi
speculari e complementari a quelli del centrodestra, con la sola
differenza che a permettergli di farlo, questa volta, sarebbe stato il
Movimento Cinque Stelle, con il viatico del suo voto di fiducia. Cosa
accadrebbe infatti dei punti condivisi con i parlamentari del Movimento?
Si arenerebbero nelle sabbie mobili dei ministeri,
dove Berlusconi stesso sosteneva che non si può spostare neanche una
pianta. Basta vedere come sono riusciti a prendere in giro gli italiani
con la legge per la riduzione degli stipendi dei parlamentari: fecero
una commissione per valutare la media ponderata degli stipendi dei loro
colleghi negli altri paesi d'Europa, parametrata al costo della vita e,
poiché era troppo complicato derivarla, il presidente dell'Istat Enrico
Giovannini, posto a capo della commissione, dopo mesi e mesi
dovette dimettersi e dichiarare un nulla di fatto.
Ragion per cui gli stipendi rimasero quelli che sono. Sarebbe bastato
restituire al Tesoro la parte eccedente a una quota prefissata, per
esempo i 5 mila lordi dei "grillini", o in alternativa fare una legge di
un articolo solo, e avrebbero evitato di prendere in giro tutto il
Paese. Ecco,
quella è la stessa gente che oggi vorrebbe la fiducia su quegli stessi punti.
Di contro, potrebbero fare decreti legge sulle materie che più a loro
interessano, sicuri di una conversione parlamentare che otterrebbero con
una maggioranza questa volta estranea al Movimento Cinque Stelle, da
realizzarsi sui singoli punti di interesse comune tirando dentro di
volta in volta i montiani e il pdl. E cosa potrebbe fare, il Movimento
Cinque Stelle, per opporsi? Nulla, perché anche qualora proponesse una
mozione di sfiducia, non avrebbe la maggioranza per approvarla. Il Paese
continuerebbe esattamente come prima, solo che, per la definizione di
fiducia data sopra,
ad assumersi la responsabilità politica
personale di avere sostenuto il Governo questa volta sarebbe stato il
Movimento Cinque Stelle. Questo sì, sarebbe un tradimento dell'elettorato. Non è evidente?
Obiezione: ma allora perché, se gli scenari per le due coalizioni più
votate sono quelli, non partono direttamente con una fiducia Pd-Pdl su
un Governo di larghe intese? La risposta è semplice ed è ancora una
volta implicita nella definizione di fiducia. La fiducia è una
dichiarazione di intenti. Sarebbero costretti a dichiarare un programma
ed un'alleanza preventiva che li inchioderebbe di fronte al Paese e
all'elettorato, mentre i singoli voti sulle singole leggi successive non
avrebbero tale valenza incontestabile e potrebbero essere giustificati
di fronte all'opinione pubblica dalle circostanze e dalle opportunità
politiche (la grave situazione del Paese e così via...).
Qual è, dunque la soluzione al rebus? Bisogna partire da un assunto chiave:
qualsiasi governo si formi, non sarà stabile. Al Senato della Repubblica non c'è una maggioranza dello stesso colore politico di quella che, grazie al
Porcellum,
domina la Camera. Questo è fuor di discussione. Per questo si naviga a
vista e si circoscrive il programma di indirizzo politico a un piccolo
numero di leggi o riforme necessarie e facili: la legge elettorale, gli
sprechi e i costi della politica, la legge sui rimborsi elettorali e
poco altro. Addirittura - sospetto per non consegnare il Paese a Grillo -
il Pd vorrebbe anche solo la legge elettorale e poi al voto.
Domanda: visto che l'orizzonte politico è questo,
è proprio necessario un Governo per realizzarlo?
Ovviamente la risposta è no. Sono cose che (lo dissi, e Tremonti era
più d'accordo di me, due settimane fa a L'Ultima Parola) potremmo fare
anche io e voi. Un'esempio? Ecco la nuova legge elettorale: "
Art.1. Il Porcellum è abrogato.
Art.2.
La presente legge entra in vigore il giorno dopo della sua
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale". Basta così poco? Certo: per il
principio che l'Italia non può stare senza legge elettorale, perché
risulterebbe impossibile formare parlamenti successivi (perlomeno senza
una nuova costituente), automaticamente tornerebbe in vigore il
Mattarellum. Si può discutere se fosse buono o cattivo, ma forse era un po' meglio del
Porcellum. Senza arrivare a tanto, in ogni caso, è il Parlamento (
ricordate che siamo una Repubblica parlamentare?)
che ha l'iniziativa legislativa: potrebbe semplicemente e in pochissimo
tempo dividersi in commissioni, fare le sue proposte di legge e
votarsele. E, visto che sarebbero state ampiamente discusse nelle varie
assemblee, avrebbero un'altissima probabilità di recuperare maggioranze,
anche di volta in volta diverse, per la loro approvazione.
O, se proprio non si riesce a fare pace con l'idea che le leggi, in una
Repubblica parlamentare, le fa il Parlamento senza problemi (
e ci mancherebbe altro!),
visto che i punti essenziali sono punti condivisi dai Cinque Stelle, si
potrebbe affidare il Governo a loro. Non hanno esperienza? Non è
rilevante: si tratterebbe solo di un atto formale per realizzare, con il
contributo di tutti, poche cose. In primis, appunto, la legge
elettorale. Tutti ci fanno un figurone e possono tornare al voto sereni.
Tutto il resto si spiega solo alla luce della perniciosa e disperata
volontà di restare aggrappati alle leve del potere, trascinando con sé
anche l'unica forza di reale cambiamenteo del Paese.