lunedì 23 aprile 2018

Il coraggio della solitudine

23/4/2018 Sulle montagne, come al mercato, la nostra natura è essere soli...

Un raro brano di Osho apparso su Osho Times n. 246



Una strana situazione
La prima cosa da comprendere è che sei solo, che tu lo voglia o no. La solitudine è la tua natura. Puoi tentare di dimenticarlo, puoi cercare di non essere solo trovando amici e amanti, gettandoti nella mischia… Ma qualunque cosa fai rimane in superficie: nel profondo di te la tua solitudine è irraggiungibile, fuori dalla tua portata.
Ogni essere umano si ritrova nella stessa strana situazione: la nascita accade sempre in una famiglia. E non c’è altro modo, perché il cucciolo dell’uomo è il più debole di tutta l’esistenza. 
Gli altri animali nascono completi. Un cane resta un cane per tutta la vita: non cresce né si evolve. Certo invecchia, ma non diventa più intelligente e consapevole, non si illumina. In questo senso, tutti gli animali restano esattamente al punto in cui sono nati: non vanno incontro ad alcun cambiamento essenziale. Per loro la nascita e la morte sono orizzontali, accadono sullo stesso piano.
Solo l’uomo ha la possibilità di muoversi in verticale, verso l’alto, e non solo in orizzontale. Ma la maggior parte dell’umanità si comporta come gli altri animali: la vita è solo un processo di invecchiamento, non di crescita. E crescere e invecchiare sono esperienze del tutto diverse.


Una paura misteriosa
L’uomo nasce in una famiglia, in mezzo ad altri esseri umani. Fin dal primo istante non è mai da solo e per questo motivo sviluppa una particolare psicologia che lo spinge a stare insieme agli altri. Da solo comincia ad avere paura, una paura misteriosa. Non sa esattamente di che cosa abbia paura, ma non appena si allontana dalla moltitudine, qualcosa dentro di lui comincia a sentirsi a disagio. In compagnia degli altri si sente al sicuro, tranquillo, protetto.
È per questa ragione che non scopre mai la bellezza della solitudine: la paura glielo impedisce. Dal momento che è nato in un gruppo, continua a farne parte e man mano che cresce comincia a formare nuovi gruppi, nuove associazioni, nuovi amici. Le collettività già esistenti – la nazione, la religione, il partito politico – non lo soddisfano, per cui comincia a crearne di nuove: il Rotary Club, il Lions Club. Ma tutte queste strategie servono solo a una cosa: a non stare mai da solo.


Quasi come una morte
L’esperienza della vita nel suo complesso consiste nello stare in compagnia degli altri e la solitudine è percepita quasi come una morte. In un certo senso è così: è la morte della personalità che hai creato nella collettività, un dono che hai ricevuto dagli altri. Nel momento in cui ti allontani dalla moltitudine, ti allontani anche dalla tua personalità. 
Nella collettività sai esattamente chi sei: conosci il tuo nome, il tuo titolo di studio, la tua professione e sai tutto ciò che ti serve per il passaporto e la carta d’identità. Ma quando ti allontani dalla folla, qual è la tua identità? Chi sei? 
Improvvisamente ti accorgi di non essere il tuo nome: è un nome che ti è stato attribuito. Non sei la tua etnia: che rapporto ha un’etnia con la consapevolezza? Il tuo cuore non è né hindu né musulmano, il tuo essere non è limitato ai confini politici di una nazione, la tua consapevolezza non fa parte di alcuna organizzazione né di una chiesa. Chi sei?
All’improvviso la tua personalità comincia a disperdersi. Questo è ciò che fa paura: la morte della personalità. Ora dovrai scoprire e chiederti la prima volta chi sei. Dovrai cominciare a meditare sulla domanda: “Chi sono?”. E c’è il timore, la possibilità, di non essere affatto! Forse non eri altro che la combinazione di tutte le opinioni degli altri, forse non eri altro che la tua personalità.
Nessuno vuole essere nulla. Nessuno vuole essere nessuno. 
Ma invece tutti sono nessuno. 


Nessuno
C’è una bellissima storia… Alice è appena arrivata nel Paese delle Meraviglie. Va a far visita al re che le chiede: “Alice, hai incontrato un messaggero che veniva nella mia direzione?”.
Lei risponde: “Nessuno”.
Il re dice: “Se hai incontrato Nessuno, perché non è ancora arrivato?”.
Alice è molto confusa e dice: “Non hai capito. Nessuno è nessuno”.
Il re risponde: “È ovvio che Nessuno è Nessuno, ma dov’è? A quest’ora dovrebbe essere arrivato. Questo vuol dire semplicemente che Nessuno cammina più lentamente di te”.
Naturalmente Alice è molto contrariata e si dimentica di trovarsi davanti al re. Esclama: “Nessuno cammina più velocemente di me!”.
Ora tutta la conversazione ruota intorno a questo “nessuno”. 
Alice interpreta ciò che il re dice come: “Nessuno cammina più lentamente di te”. E pensa: “Io sono velocissima. Sono arrivata dall’altro mondo fino al Paese delle Meraviglie, un mondo piccolissimo, e questo mi insulta”. Naturalmente ribatte: “Nessuno cammina più velocemente di me!”.
Il re replica: “Se è vero, perché non è ancora arrivato?”.
E la discussione prosegue in questo modo.


Una presenza pura
Tutti sono nessuno.
Quindi, il primo problema per un ricercatore è comprendere esattamente la natura della solitudine. Vuol dire “essere nessuno”, vuol dire abbandonare la personalità che è un dono della moltitudine. Quando ti allontani dalla folla, non puoi portare quel dono nella tua solitudine. Nella tua solitudine dovrai riscoprirti nuovamente e nessuno può garantire che dentro di te troverai qualcuno. 
Chi ha raggiunto la solitudine non ci ha trovato nessuno. E voglio dire davvero nessuno: nessun nome, nessuna forma, ma una presenza pura, una vita pura senza nome e senza forma. Questa è l’autentica resurrezione e certamente richiede coraggio. 
Solo persone molto coraggiose sono state capaci di accettare con gioia il proprio essere nessuno, il proprio essere nulla. Il loro nulla è l’essere allo stato puro, è allo stesso tempo una morte e una resurrezione.


Tratto da: Osho, The Invitation #23, tradotto in italiano in Con te e senza di te, Mondadori
https://www.oshoba.it//index.php?id=articoli_view_x&xna=292

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