lunedì 19 dicembre 2016

Migliorare la vista e sbarazzarsi di occhiali!




Migliorare la vista e sbarazzarsi di occhiali! Migliaia di persone hanno migliorato la loro vista con questo semplice metodo.


Migliorare la vista e sbarazzarsi di occhiali! Sbarazzarsi di occhiali! Quando alcuni dei muscoli sono utilizzati poco per lungo periodo si indeboliscono. Un esempio perfetto è un infortunio alla gamba, con un osso rotto (perone) in cui si suppone di essere ingessati e utilizzare una sedia a rotelle per un po ' di tempo, un modo da consentire la guarigione dell'osso .
Nel frattempo i muscoli non sono attivi e quindi diventano più deboli. Lo stesso succede con i muscoli intorno alle lenti oculari.






Succede quando si indossa gli occhiali come fanno molti e non facendo esercizi per rinforzare i muscoli oculari, occhio, la visione diventa gradualmente più debole. I muscoli oculari hanno bisogno di esercizio come qualsiasi altro muscolo del corpo. Oggi vi do una piccola guida dei esercizi e massaggio per migliorare la muscolatura oculare:
Consigli per Migliorare la vista e sbarazzarsi di occhiali

Durante il periodo che dedicherete a migliorare la visione dovrete prendere alcune linee guida:

1. Evitare di premere occhi duri, si consiglia di chiudere gli occhi per diversi minuti ogni 2-3 ore.

2. Implementare la ginnastica per gli occhi, che contiene 16 esercizi (seguire queste linee con gli occhi (FOTO2)


FOTO 2

3. Sbarazzarsi di occhiali

4. Implementare massaggio ogni giorno in punti specifici: (FOTO 1)

5. Applicare una leggera pressione nel bulbo oculare con la punta del dito indice e medio.

6. Premere il bulbo oculare leggermente in modo che non si sente alcun dolore. Quindi premere questi punti con il dito indice per due volte.

7. Si consiglia di guardare in lontananza quando si cammina fuori.

8. Consumare succo di carota con qualche goccia di olio d'oliva continuamente.

9. Lavare gli occhi con acqua tiepida.

10. Evitare di PC almeno 2 ore prima di coricarsi.

11. Attuare l'esercizio di India "Trataka" per stabilire la visione:
Trataka è una purificazione per gli occhi, è utile per curarne i disturbi.



Questa potente tecnica può essere definita come il fissare lo sguardo in un punto (la parola trataka significa “guardare o fissare”).
Se praticata regolarmente sviluppa il potere di concentrazione ad un grado quasi illimitato.
Da questo deriva il risveglio delle facoltà latenti che sono in tutti noi.
La seguente descrizione di trataka è la più facile ed usuale, sebbene vi siano numerose differenti tecniche.
Tecnica
Sedetevi in una comoda posizione, preferibilmente in una stanza buia.
Mettete una candela accesa all’altezza degli occhi, ad una distanza di 70 cm circa dal viso.
Mantenete la colonna vertebrale eretta, rilassate tutto il corpo e chiudete gli occhi.
Siate consapevoli solo del corpo fisico.
Fate in modo che il corpo diventi fermo come una statua.
Cercate di non muovere il corpo per nessuna ragione ed in nessun modo per tutto l’esercizio.
Quando siete pronti aprite gli occhi e fissate intensamente il punto più luminoso della fiamma, proprio sopra la cima dello stoppino.
Con la pratica dovreste essere in grado di fissare per alcuni minuti la fiamma senza movimento delle pupille o battito delle ciglia.
Continuate a fissare la fiamma con concentrazione totale.
La totalità della vostra coscienza deve divenire centrata sugli occhi fino a perdere la consapevolezza del resto del corpo.
Lo sguardo dovrebbe essere assolutamente fissato su un punto.
Non appena gli occhi diventano stanchi, forse dopo alcuni minuti, o se cominciano a lacrimare, chiudeteli e rilassateli.
Non muovete il corpo ma siate coscienti dell’immagine complementare della fiamma davanti agli occhi chiusi.
Tutti avrete guardato verso il sole o una fonte di luce intensa e visto, chiudendo gli occhi per alcuni minuti, la chiara impressione di quella luce sulla retina dell’occhio.
Allo stesso modo sarà chiaramente visibile l’immagine complementare della fiamma della candela.
Dovreste praticare trataka su questa immagine, mantenendola direttamente di fronte o leggermente più in alto del centro fra le sopracciglia.
Non appena inizia a svanire, aprite nuovamente gli occhi e continuate a concentrarvi sulla fiamma della candela, per poi tornare a concentrarvi sull’immagine interiore visibile ad occhi chiusi.
Durata
Per scopi generali sono sufficienti da 15 a 20 minuti.
Per scopi spirituali o per rettificare difetti degli occhi la durata dovrebbe essere prolungata.
I sofferenti di insonnia e tensione mentale dovrebbero praticare trataka la sera per 15 minuti prima di dormire.
Tempo e sequenza
Il momento migliore per trataka è fra le 4 e le 6 del mattino, dopo asana e pranayama.
Può anche essere praticata in ogni momento.
Lo stomaco dovrebbe essere vuoto in modo che la concentrazione sia più intensa.
Precauzioni
Non vi sono rischi nella forma semplice di trataka sulla fiamma di una candela, ma inizialmente si dovrebbero evitare sforzi eccessivi.
La capacità di mantenere gli occhi aperti senza battere le palpebre sarà gradualmente sviluppata con la pratica.

Benefici
A livello fisico trataka corregge debolezza ed alcuni difetti degli occhi come la miopia.
A livello mentale aumenta la stabilità nervosa, rimuove l’insonnia e rilassa anche la mente più agitata.
Sviluppa concentrazione.
Gli occhi sono la porta di ingresso verso la mente.
Quando gli occhi sono fissi e fermi, anche la mente è fissa e ferma.
Man mano che la concentrazione aumenta, il procedimento del pensiero cessa automaticamente.
Trataka è uno dei metodi più potenti per controllare la tempestosità della mente e delle onde dei pensieri.

Quando gli occhi, iniziando a lacrimare, fermarsi per una pausa. Lo scopo di questo esercizio è di tenere il più possibile prima di iniziare con le lacrime scorrono dagli occhi.

http://cromopuntura-cromos.blogspot.it/2016/12/migliorare-la-vista-e-sbarazzarsi-di.htmlhttp://cromopuntura-cromos.blogspot.it/2016/12/migliorare-la-vista-e-sbarazzarsi-di.html

venerdì 16 dicembre 2016

Quante canne bisogna riuscire a fumare per andare in overdose?

16 Dicembre 2016
super cannoneL’eroina e la cocaina provocano migliaia di morti ogni anno, una droga legale e socialmente accettata come l’alcol ne provoca oltre 3 milioni nel mondo, lo stesso vale anche per molti farmaci, compresi quelli che assumiamo più di frequente e siamo soliti considerare sicuri, come l’aspirina che ogni anno provoca migliaia di decessi.
Per la cannabis invece non esiste un solo caso accertato dalla scienza di overdose mortale. Nessuno in tutta la storia. Ma esiste un massimo di cannabis tollerabile dall’organismo? In altre parole, è tecnicamente possibile averne un overdose?
La domanda se la pose la Dea, cioè l’agenzia federale antidroga americana, quasi 30 anni fa. La risposta è in un documento datato 6 settembre 1988, ad oggi ancora l’unico documento ufficiale sul tema.
«La dose mediana letale della marijuana – si legge nel documento – è di circa 1: 20.000 o 1: 40.000. In termini concreti, ciò significa che, per indurre la morte un fumatore di marijuana dovrebbe consumare da 20.000 a 40.000 volte la quantità di marijuana che è contenuta in uno spinello. Un fumatore dovrebbe quindi consumare quasi 1.500 chili di cannabis in circa quindici minuti per indurre una risposta letale.
Il responso dell’agenzia antidroga americana fu quindi chiaro ed incontrovertibile: morire di overdose di cannabis è tecnicamente impossibile, almeno che non esista qualcuno in grado di fumare una tonnellata e mezzo di erba in quindici minuti.

 http://pasqualecaputo.blogspot.it/2016/12/quante-canne-bisogna-riuscire-fumare.html

venerdì 19 agosto 2016

Conosci te stesso

19 Agosto 2016
Conosci te stesso

"Conosci te stesso" è il fulcro di ogni vera trasformazione e crescita personale: anche se crediamo di conoscerci, in realtà conosciamo solo lo strato più superficiale del nostro essere - l'ego - fatto di abitudini meccaniche, di maschere e corazze, di credenze inculcateci da altri.
Se non abbiamo intrapreso un percorso di auto-conoscenza, al massimo riusciamo ad essere coscienti della nostra parte razionale, mentre poco o niente sappiamo circa le sensazioni, le emozioni, i sentimenti e molti altri aspetti che appartengono al nostro lato "irrazionale”.
Conoscersi davvero vuol dire mettersi in discussione e liberarsi da incrostazioni e apparenze, da condizionamenti e vincoli socioculturali che limitano il fiorire della propria individualità, così da poter contattare il nucleo più profondo del nostro essere.
Man mano che ciò avviene comprendiamo chi siamo veramente e che cosa vogliamo dalla vita, quali sono le nostre potenzialità e come possiamo svilupparle, incrementando la possibilità di intessere relazioni creative, fluide e reciprocamente soddisfacenti con altri esseri umani.

Si tratta di un processo rieducativo che non viene imposto da alcuna organizzazione o istituzione, ma liberamente scelto da coloro che non si riconoscono più nei limiti della vecchia cultura e desiderano risvegliare il proprio essere nella sua globalità

Per coloro che stanno iniziando un cammino di conoscenza e autoeducazione sono consigliabili letture o seminari, per poi proseguire, rielaborando personalmente quanto appreso.
✨✨ Tutto, gradualmente, va sperimentato nella vita quotidiana.
Vi amo anche oggi, rappresentate la parte integrante di quell'unico organismo che qualcuno chiama Dio ed altri Anima, ma è pur sempre Vita. Lunga Vita e immensa felicità 


sabato 6 agosto 2016

Patatine di canapa al finocchietto

patatine di canapa
Chi non può fare a meno delle patatine (ma anche tutti gli altri) da oggi ha una scelta di più: prepararle con l’aggiunta di farina di canapa e sfornarle per l’aperitivo, per una merenda, o in caso di fame improvvisa.

Ingredienti: 400/450 gr di farina semi-integrale di grano duro, 50/100 gr di farina di canapa, 150 gr di olio extravergine d’oliva, 200 ml di vino bianco e semi di finocchietto q.b.
Procedimento: innanzitutto bisogna mescolare tutti gli ingredienti solidi, per poi aggiungere l’olio e fare in modo che la farina sia ben unta in maniera omogenea.
Aggiungere il vino bianco e impastare per una decina di minuti, fino ad ottenere una palla liscia da far riposare per circa 20 minuti, coperta da un canovaccio.
 Poi stendere l’impasto col mattarello dopo aver infarinato la superficie fino ad ottenere una sfoglia dello spessore di pochi millimetri.
Posare la sfoglia su una teglia antiaderente e, con una rotella, tagliarla in tanti piccoli triangoli. Infornare in forno ben caldo a 180° per 20 minuti, poi sfornare e lasciare raffreddare.
a cura della redazione di canapaindustriale.it
http://www.dolcevitaonline.it/patatine-di-canapa-al-finocchietto/

venerdì 29 luglio 2016

Osho: Sii indipendente e non creare dipendenze

 29 Luglio 2016
 
Non trattare le persone come mezzi, perchè esse sono fini a se stesse. Relazionati a loro con amore e rispetto. Non possederle mai e non esserne posseduto. Non dipendere da loro e non creare persone dipendenti intorno a te. Non creare dipendenza in alcun modo; resta indipendente e lascia che anche gli altri lo siano.
Osho
http://divinetools-raja.blogspot.it/2016/07/sii-indipendente-e-non-creare-dipendenze.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+RInteriore+(R%C3%A8+Interiore)

sabato 16 luglio 2016

Osho: Il peso dell’ego non permette di elevarsi




 16 Luglio 2016

 

Cosa può impedire all’uomo di raggiungere l’essenza divina? E cosa può tenerlo legato alla terra?

Qual è il potere che non permette al fiume della vita di raggiungere l’oceano?

Io affermo che è l’uomo in quanto tale: il peso del suo ego non gli permette di elevarsi. E non è la forza di gravità della Terra, bensì il peso del suo ego simile a una montagna, che non gli permette alcuna ascensione. Noi viviamo schiacciati dal nostro stesso peso, e perdiamo qualsiasi capacità di movimento. La Terra ha potere soltanto sul corpo – la sua gravità lo lega a sé – ma l’ego ha legato perfino l’anima a questa terra: il suo stesso peso impedisce all’anima di elevarsi verso i cieli, togliendole ogni potere.

Questo corpo è composto di terra, ne è un frutto e alla terra tornerà; ma, a causa dell’ego, l’anima viene deprivata dell’essenza divina. In questo modo è forzatamente obbligata a seguire il corpo, sebbene questo sia del tutto inutile.

Se l’anima non può conseguire l’essenza divina, la vita diventa un dolore intollerabile. Il divino è l’unico appagamento dell’anima; essa ne è la piena manifestazione, e ogni volta che quell’appagamento viene impedito, insorge una sofferenza atroce.

Quando il potenziale che il sé ha di diventare verità viene ostacolato, si ha dolore e sofferenza; e questo perché la piena manifestazione del sé è beatitudine.

Non lo riconosci? Non vedi questa lampada? È una lampada priva di vita, fatta di creta; ma la fiamma che racchiude è immortale. La lampada proviene dalla terra, ma la fiamma giunge dai cieli. Ciò che appartiene alla terra resta sulla terra, ma la fiamma si eleva continuamente verso il cielo ignoto. Il corpo dell’uomo è qualcosa di simile: è fatto di terra, ma la sua anima no. L’anima non è una lampada priva di vita, bensì una fiamma immortale; ma, a causa del peso dell’ego, anch’essa non si può elevare al di sopra della terra.

Solo coloro che sono, sotto tutti i punti di vista, liberi dall’oppressione dell’ego potranno progredire verso il divino che è l’esistenza.

Ho sentito raccontare una storia...

Su una montagna inaccessibile, sulla cima più alta, c’era un tempio d’oro dedicato a Dio. Il sacerdote di quel tempio era diventato ormai vecchio e aveva annunciato che la persona di maggior forza e potenza dell’intera umanità sarebbe stata riconosciuta come il suo successore. Non c’era riconoscimento più alto di quello, su tutta la Terra.

Il giorno stabilito, i candidati più validi iniziarono a salire la montagna. Chi avesse raggiunto il tempio per primo, posto in cima a quella montagna altissima, di certo avrebbe dimostrato di essere il più forte. Quando iniziarono la scalata, ciascuno dei contendenti portava sulle spalle un masso enorme, per mostrare la sua forza; ciascuno di loro portava un peso che tutti pensavano rappresentasse il loro vigore; la scalata era davvero impervia, e avrebbe richiesto un mese... c’era il rischio che parecchi concorrenti perdessero la vita.

Forse, proprio per questo sentivano un pungolo e una sfida: per migliaia di persone era la prova della loro fortuna e della loro capacità di resistenza. Con il passare dei giorni, parecchi scalatori vennero distanziati, qualcuno si perse tra crepacci e vallate con le loro pietre sulle spalle; altri, come risultato di quello sforzo, crollarono esausti e lasciarono questo mondo mortale, sempre portando le loro pietre. Ma, anche così, gli altri concorrenti, stanchi e indeboliti continuarono ad andare avanti, fermamente determinati a procedere. Chi ancora proseguiva non ebbe tempo di pensare a coloro che erano caduti, né aveva la forza di farlo.

Poi, un giorno, tutti gli scalatori si stupirono nel vedere una persona, che si erano lasciati alle spalle, che procedeva di gran carriera e li superava a gran velocità. Costui non portava alcuna pietra sulle spalle che rivelasse la sua forza: la mancanza di quel peso doveva essere il motivo per cui stava procedendo così spedito... di certo doveva averla abbandonata da qualche parte.

Tutti iniziarono a ridere della sua stoltezza; infatti, che senso aveva che qualcuno arrivasse in cima, privo di qualsiasi segno che rivelasse la sua forza?

Per cui, quando con estrema difficoltà e dopo fatiche penosissime, qualche mese dopo quegli scalatori arrivarono finalmente al tempio di Dio, non poterono credere ai loro occhi: videro che quell’uomo non particolarmente forte, che era arrivato al tempio per primo gettando via la sua pietra, era stato nominato sacerdote del tempio.

Prima che potessero lamentarsi per quell’ingiustizia, il vecchio sacerdote li accolse, dicendo: “Solo coloro che si sono liberati dal peso del loro ego hanno il diritto di entrare nel tempio di Dio. Questo giovane ha dato prova di una forza di tipo assolutamente nuovo. Il peso di una pietra, che simboleggia l’ego, non è in realtà una prova di forza.

E con profondo rispetto, vorrei chiedere a tutti voi: chi vi ha dato l’idea di dover trasportare delle pietre sulle spalle, prima di intraprendere questa ascesa? E quando l’ha fatto?”.

Osho: Crea il tuo destino

venerdì 15 luglio 2016

La preghiera non è chiedere



15 Luglio 2016

 

Ero ospite in un villaggio. Sebbene fosse piccolo, aveva un tempio, una moschea e pure una chiesa. Quella gente era molto religiosa e al tramonto, ogni giorno, andava nel proprio luogo di adorazione. Perfino di notte nessuno andava a letto, se non dopo aver fatto una visita. E quasi ogni giorno si celebravano feste religiose.

Ma la vita di quel villaggio assomigliava a quella di molti altri villaggi. La religione e la vita non sembra si siano mai toccate: la vita ha i suoi percorsi e la religione ne ha altri; corrono parallele tra loro, pertanto non si pone mai il problema di un loro incontro. Come risultato la religione di quei paesani divenne arida e spenta, e le loro esistenze scorrevano senza alcuno spirito religioso.

Ciò che accadeva in questo villaggio sta accadendo in tutto il mondo. Visitai ognuno dei loro luoghi di culto per un paio di giorni, cercando di cogliere qualche segno nei cuori di quei cosiddetti devoti e nei sacerdoti. Scrutai nei loro occhi, sondai le loro preghiere, parlai con loro, esaminai le loro esistenze. Osservai il loro andirivieni, i loro stili di vita e visitai alcune delle loro case. Interrogai i vicini, raccolsi le opinioni dei seguaci di una fede, rispetto alle altre. Presi informazioni dai sacerdoti di un tempio, rispetto agli altri. Misi a confronto gli studiosi di una religione con quelli delle altre...

giunsi così alla conclusione che quel villaggio in apparenza religioso era assolutamente irreligioso. C’era una facciata di religione e una vita irreligiosa.

Una simile facciata è necessaria solo se si vive una vita priva di spirito religioso. Infatti, i luoghi di culto non esistono forse solo per nascondere scene del crimine?

I cosiddetti sacerdoti di Dio non avevano nulla a che fare con lui; di certo volevano che continuasse a esistere, perché portava soldi! E i devoti di qualsiasi fede non provavano alcun amore per il loro Dio: stavano cercando una sicurezza dalle paure e dai pericoli del mondo, e pregavano Dio perché li aiutasse a realizzare i loro desideri mondani. Inoltre, coloro le cui vite stavano per finire volevano essere rassicurati da Dio rispetto alle vite future: tutti in quel posto amavano solo i piaceri, gli svaghi e i divertimenti.

Poiché il loro amore era rivolto soltanto al mondo, nessuna delle loro preghiere era, di fatto, un’orazione rivolta a Dio. Nelle loro preghiere chiedevano di tutto, fatta eccezione per un risveglio dello spirito e, in realtà, finché una preghiera racchiude in sé una richiesta, non è affatto intesa come rivolta a Dio.

Una preghiera diventa reale solo quando è libera da domande, richieste, pretese. Anche se racchiude una brama di Dio, quella preghiera non è reale; lo è soltanto quando è del tutto libera da qualsiasi bisogno. E di certo una simile preghiera non può contenere alcuna lode: la lode non è preghiera, è adulazione, lusinga; elogiando Dio si tenta di corromperlo. Questa non è solo la manifestazione di una mente ben misera, è anche un tentativo di ingannare... e cos’altro potrebbe essere più stupido di un tentativo di truffa come questo? Facendolo, non si fa altro che ingannare se stessi.

Amici miei, la preghiera non è un domandare: è amore, è un arrendersi alla totalità dell’esistenza.

La preghiera non è un adulare: è un profondo stato di gratitudine; e là dove c’è un senso di riconoscenza così profondo, non esistono parole.

La preghiera non è linguaggio, è silenzio; è un consacrarsi all’infinito. La preghiera non possiede parole, è la musica dell’infinito: una musica simile ha inizio, quando tutte le altre finiscono.

La  preghiera  non è  devozione, né  può  esserci alcuno spazio per un qualsiasi culto. La preghiera non ha nulla a che fare con il mondo esteriore; non ha alcuna relazione con l’altra gente: è il più intimo risveglio del proprio essere.

La preghiera non è azione, è consapevolezza; è presenza consapevole: non è un fare, è un essere.

Alla preghiera occorre unicamente la nascita dell’amore. Perché accada, neppure il concetto di Dio è di qualche utilità, addirittura è un ostacolo insormontabile. Ovunque ci sia preghiera, là c’è Dio; ma ovunque esista l’idea di Dio, il divino è incapace di essere presente, proprio a causa di quella presenza.

La verità è una sola. Dio è uno solo. Invece le menzogne sono tante, le idee e i concetti sono tanti; pertanto i templi sono tanti. Proprio per questo non diventano soglie bensì mura che annullano qualsiasi tentativo di realizzare il divino.

Chi non ha trovato il tempio di Dio nell’amore non troverà il divino in nessun altro tempio.

Cos’è l’amore? È forse attaccamento a Dio? Un attaccamento non è amore: là dove esiste attaccamento, c’è sfruttamento. Nell’attaccamento qualcun altro è il soggetto, e quel soggetto è l’io. In realtà, in amore l’altro non esiste: essere in relazione con qualcun altro implica l’ego; e là dove l’ego esiste, non c’è alcun Dio.

L’amore esiste e basta; non è orientato verso qualcuno: è semplicemente presente. Là dove esiste un amore per qualcuno, là è presente la delusione; un simile “amore” è attaccamento, è un desiderio. Quando l’amore è semplicemente fine a se stesso, ecco che non esiste alcun desiderio: quella è preghiera. Il desiderio è simile ai fiumi che scorrono verso l’oceano; l’amore è simile all’oceano stesso: non scorre verso alcuna meta. È semplicemente se stesso, non ha alcuna attrazione per nessuno; esiste di per sé e, come l’oceano, anche la preghiera è così. Il desiderio è il fluire, l’attrazione e la tensione; la preghiera è uno stato dell’essere: si acquieta in se stessa.

Amore e perfezione si attirano senza alcun motivo, senza che si siano viste e senza essere tirate.

Io chiamo questo tipo d’amore “preghiera”.

In tutti gli altri casi le nostre preghiere non sono vere, sono soltanto autoinganni.

Un prigioniero condannato all’impiccagione giunse al carcere. Ben presto, l’intera prigione echeggiò delle sue preghiere a Dio: le sue devozioni e le sue orazioni iniziavano prima dell’alba. Il suo amore per

Dio era sconfinato, quando pregava dai suoi occhi scorrevano fiumi di lacrime. Nacque così un senso di distacco, generato dal suo amore per Dio, presente in tutti i suoi inni devozionali: lui era un devoto di Dio e, ben presto, gli altri prigionieri divennero suoi seguaci.

Il direttore del carcere e tutti i secondini iniziarono a trattarlo con rispetto; e la sua routine di orazioni continuò arrivando a coprire l’intera giornata e la notte. Mentre si alzava, si sedeva o camminava, le sue labbra continuavano a ripetere: “Rama, Rama, Rama”. Tra le sue mani i grani del rosario scorrevano ininterrottamente, persino sul suo scialle aveva fatto stampare “Rama, Rama, Rama” ovunque!

In tutte le sue ispezioni il direttore del carcere trovava quest’uomo intento nelle sue devozioni. Ma un giorno, quando si presentò, scoprì che il prigioniero stava ancora dormendo della grossa, sebbene il sole fosse ormai alto!

Il suo scialle e il suo rosario giacevano ignorati in un angolo. Il direttore pensò che forse non si sentiva bene; ma quando si informò presso gli altri prigionieri, gli fu detto che stava benissimo. Eppure nessuno sapeva come mai le sue preghiere a Dio si erano interrotte all’improvviso, la sera precedente.

Il direttore svegliò il prigioniero e gli chiese: “Il sole è ormai sorto da tempo, non preghi più al mattino?”.

Il prigioniero replicò: “Pregare e adorare? Perché mai dovrei farlo, adesso? Proprio ieri ho ricevuto una lettera da casa in cui mi si informa che la pena di morte è stata commutata in sette anni di carcere. Qualsiasi cosa volevo da Dio mi è stata concessa: non sarebbe giusto disturbare ulteriormente quel poveretto... per nulla!”.

Osho: Crea il tuo destino

martedì 12 luglio 2016

QUALCHE CONSIGLIO DI VADIM

Non vantatevi mai e in nessuna occasione di nulla, nemmeno di quello che avete giustamente meritato e tantomeno di quello che non avete ancora raggiunto. è controproducente, perché le forze equilibratrici in questo caso agiranno sempre contro di voi. Sentitevi come a casa vostra, ma non dimenticate che siete ospiti.

Bisogna rapportarsi alla vita con più semplicità. Non trascurare, ma nemmeno abbellire; pensare di meno a come sono le persone, se buone o cattive, e accettare il mondo così com’è, nelle sue ordinarie manifestazioni. [...]

Accettatevi così come siete. Permettetevi il lusso di essere voi stessi. Non esaltate e non sminuite i vostri meriti e i vostri difetti. Aspirate a raggiungere una tranquillità interiore: non siete né importanti, né insignificanti.

Non permettetevi mai di disprezzare le altre persone per alcun motivo. è il tipo di condanna più pericoloso giacché, a seguito dell’azione delle forze equlibratrici, potreste ritrovarvi al posto di coloro che disprezzate. Per le forze questo è il modo più diretto e semplice di ristabilire l’armonia perduta.


D’altro canto, sarà opportuno evitare qualsivoglia pensiero, seppur minimo, sulla vostra capacità di controllare il mondo circostante. [...] 


Vadim Zeland

http://divinetools-raja.blogspot.it/2016/07/qualche-consiglio-di-vadim.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+RInteriore+(R%C3%A8+Interiore) 

lunedì 11 luglio 2016

Canapa industriale vuol dire lavoro


 
di Rachele Invernizzi, presidente di South Hemp Tecno
Sono Rachele Invernizzi, presidente di South Hemp Tecno un impianto di prima trasformazione di paglia di canapa a Cristiano, Taranto, Puglia. Sono anche vicepresidente di Federcanapa, che è la federazione nazionale produttori canapa industriale. Vi parlo di canapa in vista del passaggio al Senato della legge, della proposta della Camera, la legge sulla produzione di canapa industriale in Italia. La canapa è una specie vegetale appartenente alla famiglia delle cannabinacee ed è di coltura annuale. Fanno distinzione tra canapa sativa e canapa indica, di fatto è una sola pianta. L' unica cosa che le differenzia è la presenza di cannabinoidi, nelle piante di canapa abbiamo il THC in alcune varietà, che è stupefacente, per cui la legge la proibisce e viene definita droga, e altri cannabinoidi molto buoni invece in quella che noi chiamiamo canapa industriale.
La canapa industriale per legge, per essere coltivata, deve stare sotto lo 0,2% di questo thc, e siamo obbligati a coltivare solo ed esclusivamente seme con certificazione che attesti il fatto che siamo sotto lo 0,2%. La coltivazione di canapa industriale negli ultimi anni in Italia è cresciuta in modo esponenziale, soltanto l'anno scorso 2015 abbiamo fatto più di 2.000 ettari, quest'anno per i conti che abbiamo finora quasi a 3.000 ettari. Le produzioni sono divise in una produzione da paglia, per poi fare fibra e canapulo che è la parte legnosa all'interno della bacchetta, e la produzione di semi che vengono poi usati per diversi utilizzi industriali.
La canapa industriale per l'Italia vuol dire lavoro, dire lavoro oggi in un momento così di crisi è molto importante. C'è e ci sarà sicuramente molto lavoro per l'agricoltura perché è di interesse nazionale la crescita, e ci sono un sacco di cose che si possono fare con la canapa. Per l'agricoltura è un prodotto che viene acquistato e viene pagato, non c'è nessun dubbio, perché oggi chi fa pomodori ha il problema di non riuscire a vendere, chi fa i meloni non li vende, chi fa le olive non le vende, mentre per la canapa c'è un mercato in crescita e anzi se possiamo dire oggi una delle particolarità è che ci manca prodotto, per cui sicuramente stimoliamo l'agricoltura a farne e a farne sempre di più. L'agricoltura è un' po' restia perché abituata fare grano, ma la bontà della canapa in rotazione con i cereali e anche con le orticole è una cosa molto importante. La canapa ha questo grande pregio di trasformare completamente i terreni, una volta che si semina cresce talmente velocemente che è assolutamente diserbante, per cui lascia i terreni perfettamente puliti. La sua radice a fittone fa sì che i terreni vengano ossigenati, i terreni oggi lavorati meccanicamente sono molto stressati in questo senso, ed essiccando in campo lascia molto azoto, per cui l'anno dopo le produzioni si dice addirittura che aumentino del 15-25% in più. Per cui per l'agricoltura è assolutamente una cosa geniale. E se vogliamo parlare di agroalimentare e comunque industria, sicuramente ci sono talmente tante cose e prodotti che si possono fare con la canapa che secondo me è assolutamente da stimolare la produzione di materie prime e semilavorati. La canapa si può usare in diversissimi settori a seconda della produzione. La sua fibra verrà usata in bioedilizia, in zootecnia, in agricoltura; con la parte di fibra a canapulo si possono fare bioplastiche, si può fare cellulosa per fare carta, si può fare tessitura, si possono fare un sacco di lavori interessanti. Mentre la produzione del seme, che principalmente oggi è alimentare perché ne facciamo troppo poco, è ottima per far alimentare perché fa bene alla salute, e perché è comunque organica per cui è un prodotto naturale che aiuta l'uomo stare meglio soprattutto oggi con i cibi molto inquinati dalla chimica che abbiamo.
La canapa va sicuramente verso quei prodotti biologici, anche se non sono certificati biologici, perché la canapa dall'inizio alla fine della sua produzione non ha assolutamente bisogno di chimica, anzi abbiamo visto nei casi in cui è usata magari per arricchire i terreni, alla fine rispondono molto meglio i terreni arricchiti con letame animale o dei compost organici, per cui è assolutamente interessante. Il seme dicevo è importante perché nel momento in cui ne avremo molto, si può usare anche a livello industriale: con i semi di canapa fai l'olio di canapa, si possono fare oli industriali, tecnici, si può fare biodiesel, si può fare etanolo per cui creare anche energia. Della canapa si dice che non si butta via niente, è il maiale dell'agricoltura, noi in azienda sfruttiamo completamente tutto e quando ci dicono “i materiali di scarto?”, no non ci sono materiali di scarto perché comunque anche l'ultima delle polveri viene riutilizzata per fare energia sotto forma di pellet.
Il fatto della canapa alimentare è molto importante per la salute dell'uomo, nutrirsi di semi di canapa e di olio di canapa è importante per diversi problemi di salute, l'olio di canapa regola molto bene il colesterolo, serve molto bene per la psoriasi, per l'artrosi, per fluidificare il sangue per cui per i problemi cardiovascolari, per la pelle, per i capelli, per i radicali liberi. Ha un ottimo apporto di proteine, di antiossidanti, di vitamina E, di sali minerali, e la cosa ottima è l'apporto equilibrato tra omega 3 e omega 6 che sono molto importanti per la salute dell'uomo. Che cosa manca oggi affinché l'Italia possa avere una legge di sostegno per la coltivazione? Siamo arrivati ad avere una proposta di legge approvata alla Camera, deve passare al Senato a breve, e veramente auspichiamo che il governo italiano capisca quanto è importante ritornare agli albori di un tempo per quanto riguarda la canapa. Con questo ci tengo a nome mio a ringraziare moltissimi parlamentari che ci hanno appoggiato e supportato per redigere questa legge.

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sabato 9 luglio 2016

Sii amichevole con le tue emozioni

9 LUGLIO 2016

L’unico problema con la tristezza, la disperazione, la rabbia, l’ansia e l’infelicità, è che vuoi sbarazzartene. Questo è l’unico ostacolo.
Sarebbe appropriato vivere con queste emozioni; sfuggire non è possibile.
Esse sono le componenti della situazione in cui la vita può crescere e diventare integrata.
Sono le sfide della vita. Accettale.
Sono benedizioni sotto mentite spoglie.
Se vuoi sfuggirle, se vuoi in qualche modo sbarazzartene, allora nasce il problema, perché quando vuoi liberarti di qualcosa non la guardi mai in modo diretto; a quel punto quella cosa cercherà di nascondersi, perché tu la condanni.

Andrà più in profondità nell’inconscio, si nasconderà negli angoli più oscuri del tuo essere dove non riuscirai più a trovarla.
Si sposterà nella cantina del tuo essere, e lì si nasconderà.
Ma, naturalmente, più va in profondità e più problemi provoca, perché si mette ad operare da angoli sconosciuti del tuo essere e tu ti ritrovi completamente impotente.

Quindi la prima cosa è:
non reprimere mai.

La prima cosa è:
ciò che è, è. Accetta e lascia che accada; lascia che appaia proprio davanti a te.
In realtà, il solo affermare: “Non reprimere”, non è sufficiente.
Se me lo permetti, vorrei dire: “Fattela amica”.
Ti senti triste? Fai amicizia con questa sensazione. Abbi compassione. Anche la tristezza ha un suo essere. Lascialo apparire, abbraccialo; siedi insieme ad esso, e tienilo per mano. Sii amichevole. Amalo. La tristezza è bellissima! Non c’è nulla di sbagliato in essa.
Chi ti ha detto che c’è qualcosa di sbagliato nell’essere tristi?
La tristezza può solo darti profondità.

La risata è superficiale, la felicità è solo a fior di pelle.

La tristezza arriva fino alle ossa, al midollo. Nulla va così in profondità come la tristezza. Quindi non preoccuparti.
Resta con l’emozione, ed essa ti condurrà fino al tuo nucleo più profondo.
Viaggerai su quest’onda e sarai in grado di apprendere alcune cose nuove sul tuo essere, cose che non avevi mai saputo prima.
Quelle cose possono esserti rivelate solo in uno stato di tristezza, non in uno di gioia.

L’oscurità è anch’essa positiva, l’oscurità è anch’essa divina.
Una persona che riesce essere paziente con la sua tristezza, all’improvviso una mattina scoprirà che la felicità sta sorgendo nel suo cuore da qualche fonte nascosta.
Quella fonte nascosta è l’esistenza.

Ti sei guadagnato la felicità se sei stato autenticamente triste; se sei stato autenticamente disperato, infelice, ti sei guadagnato il paradiso.
Ne hai pagato il prezzo.
Affronta la vita, confrontala.

Ci saranno momenti difficili, ma un giorno vedrai che quei momenti difficili ti hanno dato forza, proprio perché li hai affrontati.
Erano necessari.
Mentre li stai attraversando sono difficili, ma dopo vedrai che ti hanno reso più integrato.

Senza quei momenti non avresti mai trovato il tuo centro, le tue basi.

Fa’ che esprimere sia una delle azioni fondamentali della tua vita.
Se devi soffrire per questo, soffri pure,
ma non sarai mai un perdente.!!
Quella sofferenza ti renderà sempre più capace di goderti la vita, di celebrare la tua vita.

Osho

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mercoledì 6 luglio 2016

Il sano egoismo

6 LUGLIO 2016

 
(Immagine presa dal web)
Oggi voglio parlarvi di egoismo, quello sano però. La nostra società, basata sulla religione, i sensi di colpa e il peccato, ci ha insegnato che il pensare a se stessi sia direttamente riconducibile ad una forma di egoismo. Di conseguenza, guai a guardarsi allo specchio, subito si sarà accusati di narcisismo. A volersi bene poi.... Molti ti diranno che, magari, non hai altro di meglio da fare.
Del resto, dopo anni di manipolazioni e torture psicofisiche inflitte dai ministri di culto dei differenti credo religiosi, non c'è da meravigliarsi se è venuta fuori un'umanità che ha rinnegato le proprie origini divine per cercare fuori ciò che non potrà mai avere: LA LIBERTA'.

Fintanto che si tenderà a guardare fuori, a pensare al bene della collettività e mai a se stessi, sarà normale vivere con quel senso di mancanza proprio di chi non si dedica a se stesso prima che agli altri. Con ciò non dico che è sbagliato aiutare gli altri o fare volontariato, non sono contro ciò e me ne guarderei bene!
Vi sto solo invitando a dedicarvi a voi stessi, alla vostra salute, a coltivare i vostri interessi, praticare sport, alimentarvi bene, vivere delle relazioni sociali e sentimentali sane... In una parola, vi sto invitando ad AMARVI. Solo amando se stessi, infatti, si potranno amare tutte le altre creature esistenti, piante, animali e minerali compresi, NON PRIMA.
(Immagine presa dal web)
Chi ci ha insegnato a non amarci lo ha fatto perchè, a mio avviso, non ha mai imparato ad amare se stesso e, facendo ciò, ha rinunciato a vivere da persona felice e realizzata, condannando a vivere in questo modo tutte le persone che lo hanno seguito. I ministri di culto di diverse religioni effettuano spesso delle castrazioni psichiche, basta vedere le donne costrette, in certi contesti caratterizzati da forme di estremismo religioso, ad indossare il burka.
Certamente Gesù non ci ha insegnato che la Vita è sofferenza o peccato, gli uomini lo hanno fatto! Nessuno ha il diritto di rendere infelice un'altra persona, tuttavia le religioni hanno oppresso e represso per millenni il genere umano, torturando, denigrando, bruciando, umiliando, uccidendo tutti coloro i quali erano contrari a professare una religione piuttosto che un'altra.
(Immagine presa dal web)
Bisogna praticare un pò di sano egoismo ogni giorno. Esso servirà da esempio per chi ci sta intorno perchè non mancherà di notare il nostro aspetto rilassato e ben curato, il nostro modo di essere, muoverci e vestire, in una parola, vedrà dei cambiamenti in noi e ne rimarrà colpito positivamente. Solo se ci si ama SINCERAMENTE si potrà, in un secondo tempo, MAI prima, amare gli altri, estendendo questo amore prima verso i propri familiari e poi verso il creato intero.
Non sentitevi in colpa se dedicate 3 o più giorni la settimana all'attività fisica, se vi alimentate in maniera naturale e avete ridotto il consumo di alimenti di origine animale e prodotti conservati. Piuttosto siate fieri di voi stessi, dite a tutti quando andate alla SPA per rilassarvi, insegnate agli altri come fare ad amare se stessi, queste cose il prete non ve le dirà e forse nemmeno i vostri familiari, in quanto nessuno le ha insegnate loro.
(Immagine presa dal web)
Superate i vostri limiti e convinzioni, imparate a guardarvi allo specchio ed essere felici di ciò che rifletterà, AMATEVI INCONDIZIONATAMENTE fregandovene, al contempo, di quello che gli altri potranno pensare di voi. Dopotutto LA VITA E' VOSTRA, NON DEGLI ALTRI, IL CORPO E' VOSTRO, NON DEI VOSTRI EDUCATORI, PRETI, GENITORI, AMICI, quindi custoditelo ed amatelo se fino ad oggi non lo avete fatto, nessun altro, del resto, può farlo per voi.
Da oggi, quindi, smettete di sentirvi in colpa solo perchè vi amate. Insegnate agli altri l'amore per se stessi. Questa è, a mio avviso, la forma più grande di amore verso il prossimo che si possa trasmettere dopo il dare amore: INSEGNARE AGLI ALTRI AD AMARE SE STESSI. 
Vincenzo Bilotta
 

martedì 5 luglio 2016

Gabriel Cantore: Andrò un giorno

 
5 LUGLIO 2016

Quando l'amore diventa Amare, le sue radici crescono come albero centenario, e qualsiasi           dubbio si dissolve in certezza


andrò sotto la sua finestra un giorno
per sentire il suo grido disperato
andrò sotto la sua finestra un giorno
e alto leverò il mio ultimo canto
andrò a immaginarla un giorno
sulla sua tomba che ornerò di fiori
andrò a vederla in  cielo un giorno
e tornerò a camminare coi suoi passi
i miei saranno i suoi
i suoi saranno i miei
insieme saranno i nostri
e non la lascerò mai più
 
 http://ilcantastoriee.blogspot.ro/2016/07/andro-un-giorno.html

lunedì 4 luglio 2016

LA MENTE E' L'UNICO VERO PROBLEMA OSHO

4 LUGLIO 2016



La mente e' l'unico vero problema Il problema che sta alla base di tutti i problemi, è la mente. Quindi, per prima cosa, è necessario sapere che cosa sia la mente, di che materia sia fatta e se sia un’entità o solo un processo; se sia sostanziale o solo un’apparenza. La natura della mente Se non conoscete la vera Natura della mente, non riuscirete mai a risolvere nessuno dei problemi che assillano la vostra vita. Potete sforzarvi, ma siete destinati a fallire. La mente è l’unico vero problema. Quindi anche se risolverete questo o quel problema, non servirà a nulla, perché la radice rimarrà intatta. E’ proprio come tagliare i rami di un albero, in modo da sfrondarlo senza sradicarlo. Nuove foglie e nuovi rami spunteranno e cresceranno di nuovo (ossia nuovi problemi). Il tuo sforzo non servirà a niente. In quella lotta sprecherai energia, tempo, vita, e nel contempo l’albero non farà altro che diventare più forte, più fitto e più folto. Sarai sorpreso di ciò che accade: anche se risolverai un problema, con grande sforzo ed impegno, i problemi continueranno a crescere e ad aumentare, ed altri dieci prenderanno il posto di quello appena risolto. Non cercare allora di affrontare i singoli problemi separatamente: la mente in quanto tale è il vero problema. Essa è nascosta sottoterra, è la radice e quindi non si vede.

Quando ti trovi davanti un problema, questo è alla luce del sole, puoi vederlo, non è la radice, che rimane invece invisibile, nascosta. Non lottare perciò con ciò che è manifesto, perché ti troverai paradossalmente a lottare con delle ombre e gli stessi problemi continueranno ad affiorare. Se osservi la tua vita, puoi capire ciò che intendo dire. Non sto parlando della mente su un piano teorico, ma della sua realtà pratica. Questo è il fatto: la mente dev’essere dissolta. Le persone vengono da me e mi chiedono: “Come si può arrivare ad avere una mente serena?” E io rispondo: “La mente non è mai serena, solo la non-mente è pace”. La mente di per sé, non può mai essere serena, silenziosa. Per sua stessa natura, essa è in tensione, in uno stato di confusione. La chiarezza, la pace e il silenzio sono possibili solo senza la mente. Quindi, non provare mai a raggiungere una mente silente, perché ti muovi in una dimensione impossibile. Dunque, la prima cosa da fare, è comprendere la natura della mente, che è in realtà solo un processo. In essa esistono pensieri individuali, che si agitano così velocemente che è impossibile vedere gli intervalli tra l’uno e l’altro. E non riesci a vedere questi intervalli, perché non sei abbastanza consapevole e all’erta: hai bisogno cioè di un’intuizione più profonda. Nel momento in cui riuscirai a guardare più in profondità, all’improvviso individuerai un pensiero, poi un altro e un altro ancora, ma non ci sarà nessuna mente. E’ solo l’insieme dei pensieri, milioni di pensieri, a darti l’illusione che la mente esista. E’ proprio come una folla: tantissime persone raccolte in gruppo, che ti danno la sensazione che esista qualcosa che puoi definire “folla”, ma in realtà sono solamente un insieme di individui raccolti in uno stesso luogo. Solo gli individui esistono.

Questo è il primo passo nella comprensione della mente. Osserva dunque e troverai i pensieri, ma non incontrerai la mente. E se questa osservazione diventa davvero una tua esperienza diretta e un elemento della tua conoscenza, all’improvviso, molte cose inizieranno a cambiare. Scoprirai che i pensieri galleggiano, e che esistono spazi intermedi fra l’uno e l’altro. Ti accorgerai poi che gli intervalli sono più numerosi dei pensieri, perché ogni pensiero deve essere separato dall’altro e ogni parola è separata dall’altra. E più andrai a fondo, e più intervalli troverai, e sempre più ampi. Se sei inconsapevole, non puoi scorgere questi intervalli: salti da un pensiero all’altro, senza vedere mai intervalli. Se invece acquisti consapevolezza, vedrai spazi sempre più numerosi; se diventi del tutto consapevole, allora ti si riveleranno spazi immensi. E proprio in quegli spazi la Verità busserà alla tua porta. In quegli spazi, si realizza Dio, o in qualsiasi altro modo tu voglia chiamare questa esperienza. Quando poi la consapevolezza è assoluta, allora esiste solo un unico vasto intervallo di nulla. Accade proprio come con le nuvole: le nuvole si muovono, e possono essere così dense, da non permettere di vedere il cielo nascosto dietro di loro. Poi… all’improvviso, uno squarcio nell’azzurro del cielo infinito.

 La stessa cosa accade dentro di te: tu sei l’azzurra vastità del cielo, e i pensieri sono come nubi che si librano sopra di te e ti riempiono. La mente non esisteDunque la mente non esiste come entità separata. Questa è la prima cosa: solo i pensieri esistono. La seconda cosa è che i pensieri esistono indipendentemente da te; non sono un tutt’uno con la tua natura, ma vanno e vengono, mentre tu continui ad esistere, permani. Tu sei come il cielo: è sempre là. Le nubi invece passano, sono un fenomeno di pochi attimi, non durano in eterno. I pensieri non sono tuoi, non ti appartengono. Sono visitatori, ospiti, ma non sono i padroni di casa. E finché rimangono tali sono belli, ma se ti dimentichi completamente di essere il padrone di casa, ed essi prendono il tuo posto, allora sarai nei pasticci. Sono ospiti… ricevili, prenditene cura, ma non ti identificare con essi, altrimenti diventeranno i tuoi padroni. La mente diventa il problema, quando i pensieri sono così profondamente radicati in te, che ti scordi completamente delle distanze fra te e loro. Ricorda sempre colui che dimora in te: quella è la tua natura, il tuo Tao. Stai sempre attento a ciò che resta fisso, proprio come il cielo. Rimani radicato nella consapevolezza di essere tu il padrone: gli ospiti potranno andare e venire. Naturalmente poi, ci saranno ospiti buoni e ospiti cattivi, ma non te ne devi preoccupare. Un buon padrone di casa dedica a tutti gli ospiti la stessa attenzione, senza fare alcuna distinzione. Se si presenta un cattivo pensiero trattalo esattamente come fai con quelli buoni.

Qualsiasi pensiero infatti quando diventa il capo, crea miseria, perché non è la verità, anche se è un pensiero buono. Il pensiero è un simulatore con cui tu ti identifichi, e quell’identificazione è una malattia. Il mattino, il giorno, la sera, la notte vengono e poi se ne vanno, tu invece permani, non in quanto “tu”, perché anche questo è un pensiero, ma in quanto pura consapevolezza; non identificarti quindi con il tuo nome, perché anche questo è un pensiero; né con il tuo corpo, perché un giorno ti accorgerai che anch’esso è un pensiero. Sii solo pura consapevolezza, senza nome, senza forma. Solo purezza. Poiché solo il fenomeno reale dell’essere consapevole, permane. Se ti identifichi, diventi la mente. Se ti identifichi, diventi il nome, il corpo. E a questo punto ciò che è momentaneo acquista importanza e rilievo. Ciò che è momentaneo è il mondo, l’eterno è il divino. Questa è la seconda intuizione a cui devi giungere: riconoscere che tu sei il padrone e i pensieri sono gli ospiti. Se continui ad osservare, presto arriverai al terzo punto: ti accorgerai che i pensieri sono stranieri, intrusi, estranei. Nessun pensiero ti appartiene: entrano sempre dall’esterno; tu sei solo un passaggio.

Un uccello entra in casa da una porta e vola via da un’altra apertura. Proprio come un pensiero, che entra ed esce da te. Continui a credere che i pensieri siano tuoi: combatti per loro, parli, discuti, dibatti, cerchi di mostrare di avere dei pensieri. Ma nessun pensiero è tuo, nessun pensiero è originale, tutti sono presi a prestito, e non sono neanche di seconda mano, perché sono stati di milioni di persone prima di te… Un pensiero è altrettanto esterno a te, quanto un oggetto. Il famoso fisico “Eddington”, ha affermato che quanto più la scienza va in profondità nell’analisi della materia, tanto più fortemente emerge la consapevolezza che le cose siano pensieri. Andando sempre più in profondità, cose e pensieri si assomigliano sempre di più. E in effetti, sono le due facce del medesimo fenomeno: una cosa è un pensiero, un pensiero è una cosa. Ma che cosa intendo dire affermando che un pensiero è una cosa? Voglio dire, che si può “lanciare” un pensiero, così come si fa con un oggetto. Con un pensiero si può addirittura colpire qualcuno, proprio come si fa con un oggetto. Con un pensiero si può quindi uccidere una persona, oppure esso può essere offerto come un dono, o diffuso come una malattia. I pensieri sono cose, hanno forza, ma non ti appartengono. Arrivano, dimorano per un po’ dentro di te, poi ti lasciano. L’intero universo è colmo di pensieri e di cose: queste rappresentano la tensione fisica dei pensieri, e quelli la tensione mentale delle cose. Questa è quindi la terza intuizione: i pensieri sono cose, che hanno forza, e che bisogna trattare con cautela. Di solito invece si continua, inconsapevolmente, a pensare a qualsiasi cosa.

E’ difficile trovare una persona che con l’intenzione, non abbia perciò commesso molti delitti e ogni sorta di peccati. Ad esempio pensare continuamente di uccidere qualcuno, può determinare la situazione per cui quella persona venga uccisa. Il tuo pensiero, può infatti essere catturato da qualcuno, che trovandosi in una condizione di debolezza, può arrivare a commettere quel delitto. Stato di non-mentePer questo chi ha raggiunto la conoscenza dell’intima essenza dell’uomo, afferma che tutti noi, in verità, siamo responsabili per ciò che accade sulla Terra. Esiste solo un individuo che può non addossarsi tale responsabilità: colui che è nello Per il resto, siamo tutti responsabili per ciò che accade. Se la terra è un inferno, tutti ne siamo artefici. Non continuare allora a buttare addosso agli altri la responsabilità, perché essa è anche tua, è un fenomeno che interessa l’intera collettività. Può essere che la “malattia” esploda in un luogo qualunque, a migliaia di chilometri di distanza da te, ma questo non fa alcuna differenza, perché il pensiero è al di sopra dello spazio. Questo è il motivo per cui viaggia velocissimo, neppure la luce si propaga alla stessa velocità. Non ha bisogno del tempo per muoversi, lo spazio per lui non esiste. Puoi essere qui, pensare a qualcosa, e quel pensiero determinare un accadimento in un luogo lontano da te, dall’altra parte della Terra. Come ti si può ritenere responsabile? Nessun tribunale può punirti, ma di fronte alla corte suprema dell’esistenza sarai condannato, anzi sei già stato condannato. Per questo sei così infelice. Il pensiero è quindi perfino più insidioso dell’azione. Ci si può infatti difendere dall’azione, ma non dal pensiero. Tutti sono vulnerabili rispetto al pensiero. Non pensare, è quindi una necessità irrinunciabile per poter essere liberi dal peccato, liberi dal crimine, liberi da tutto ciò che ci circonda: questo significa essere un “buddha”.

Egli è un individuo che vive “senza la mente”, perciò non è responsabile. Per questo motivo, in Oriente, diciamo che un buddha non accumula mai “karma”. E’ semplice: tutto quello che un buddha fa, lo fa al di là della mente. Quindi stai bene attento, perché ogni pensiero ha un qualche effetto concreto. E se hai pensieri positivi, ne avrai anche di negativi. Come può infatti esistere il bene senza il male? Se pensi all’amore, scoprirai che proprio lì vicino, è nascosto l’odio. Come fai a pensare all’amore senza non pensare anche all’odio? L’amore può risiedere negli spazi consci della mente, ma l’odio può essere nascosto nell’inconscio. Puoi forse pensare alla compassione, senza pensare alla crudeltà? Puoi pensare alla non violenza, senza pensare alla violenza? La stessa parola “non- violenza” contiene la parola violenza; è inclusa in quello stesso concetto. Esiste una qualità dell’essere completamente diversa, che nasce dal non pensiero: non pensieri positivi o negativi, semplicemente uno stato di non pensiero. Limitati ad osservare, rimani consapevole, ma non pensare. Anche se qualche pensiero entrerà sicuramente in te, perché i pensieri non sono tuoi e galleggiano nell’aria. Così come l’aria, il pensiero è tutt’intorno a te e continua ad entrare dentro di te per conto suo, si ferma solo col crescere della tua consapevolezza, la quale crea un’energia più forte del pensiero.

La consapevolezza è come la luce. Quando accendi una lampada in casa, l’oscurità non riesce più ad entrare; ma se la spegni, il buio si diffonde in meno di un attimo e ti avvolge. I pensieri sono come l’oscurità: entrano soltanto se all’interno non c’è luce. Quindi più diventi consapevole, meno pensieri entrano in te. Se ti integri veramente nella tua consapevolezza, i pensieri non possono più entrare in te: diventi come una cittadella inespugnabile. Ciò non significa essere chiusi, anzi, vuol dire essere incondizionatamente aperti, ma la stessa energia della consapevolezza diventa la tua roccaforte. E se i pensieri non possono entrare in te, ti gireranno intorno e se ne andranno. Li vedrai arrivare e, semplicemente, prenderanno un’altra strada. Questo è ciò che intendiamo per illuminazione.
Osho 
Tratto da: “Tantra: la comprensione suprema”

http://divinetools-raja.blogspot.it/2016/04/la-mente-e-lunico-vero-problema-osho.html