venerdì 10 ottobre 2014

La verità…. Una storia Sufi



Un uomo si presentò da Libnani, un Maestro Sufi, e fra i
due avvenne questo dialogo.
Uomo: “Desidero imparare. Vorresti insegnarmi?”.
Libnani: “Non sento che tu sappia come imparare”.
Uomo: “Puoi insegnarmi il modo per imparare?”.
Libnani: “Puoi imparare il modo per lasciare che io ti insegni?”.



La verità non può essere insegnata… ma può essere appresa. E tra queste due affermazioni è racchiusa la chiave di qualsiasi comprensione. Perciò lasciate che mi ripeta: la verità non può essere insegnata, ma può essere appresa; perché la verità non è un insegnamento, non è una dottrina, non è una teoria, né una filosofia o qualcosa di simile.
La verità è l’esistenza. La verità è essere. Non si può parlare della verità. Se inizi a dire qualcosa sulla verità, cominci a girarle intorno: non farai altro che menare il can per l’aia, ma non raggiungerai mai il centro della verità. Quando fai una domanda sulla verità, già te la stai lasciando sfuggire: puoi incontrare la verità direttamente, non girandole intorno. Non esistono percorsi intermedi.
La verità è quieora. Solo la verità è. Non esiste altro. Perciò, quando sollevi una domanda sulla verità, la tua mente se n’è già allontanata: sei già altrove, non sei più quieora. La verità non può essere insegnata perché le parole non possono trasmetterla, sono impotenti. La verità è sconfinata, incredibilmente vasta, infinita; le parole sono molto, molto limitate: non puoi costringere la verità dentro le parole, è impossibile. E com’è possibile insegnare senza le parole? Il silenzio può essere un messaggio. Può trasmettere; può diventare il veicolo. Ma a quel punto la questione si sposta: non riguarda più il metodo adottato dal Maestro per insegnare la verità, bensì l’interessamento del discepolo ad apprendere la verità.
Se fosse un problema di metodo d’insegnamento, il Maestro farebbe qualcosa; ma le parole sono inutili – non si può fare niente con le parole. Il Maestro può rimanere in silenzio e trasmettere il messaggio da ogni poro del proprio essere, ma in questo caso il discepolo deve comprenderlo: da solo, senza alcun aiuto dal Maestro, il discepolo deve ricevere il messaggio. Ecco perché, nel mondo della religione, non esistono gli insegnanti, ci sono soltanto Maestri: l’insegnante è colui che insegna; il Maestro è colui che è. L’insegnante è colui che parla della verità, il Maestro è egli stesso la verità: voi la potete apprendere, ma egli non può insegnarla. Il Maestro può essere presente – aperto, disponibile – voi dovete berlo e dovete mangiarlo: dovete imbevervi di lui; ne dovete diventare pregni. Dovete assorbire. Maestro è colui che è diventato la verità ed è disponibile per tutti coloro che sono pronti ad assorbirlo. Per questo Gesù disse ai suoi discepoli: “Mangiatemi”. La verità può essere mangiata, ma non può essere insegnata. Puoi lasciare che arrivi a te, ma non può esserti inculcata con la forza: la verità è assolutamente non violenta, non bussa neppure alla tua porta – anche un semplice bussare sarebbe troppo aggressivo. Se sei disponibile, accogliente, se sei ricettivo, la verità è totalmente presente. Se sei chiuso, se non sei ricettivo, potrai cercarla per milioni di vite e continuerai a lasciartela sfuggire… ma la verità è sempre presente, è sempre stata presente. Non dovevi fare neppure un passo, non dovevi neanche aprire gli occhi. Non dovevi fare neanche un piccolo movimento per raggiungerla: la verità è sempre stata presente. Dovevi soltanto essere ricettivo.
La verità non può essere insegnata, tuttavia può essere appresa; pertanto, tutta l’arte consiste nel come diventare un discepolo. L’umanità si divide in tre parti. Una, la maggioranza, in pratica il novantanove per cento del genere umano, non si interessa mai della verità. Costoro rimangono immemori, sono completamente addormentati. Non indagano, vivono come sonnambuli. L’interrogativo: “Cos’è la verità?” non sorge mai in loro. Per la maggior parte dell’umanità è così. Costoro vivono nell’ignoranza, sono completamente inconsapevoli di essere ignoranti, e non soltanto sono inconsapevoli d’essere ignoranti, possono addirittura pensare e sognare di sapere. Fa parte del loro sonno: pensano di sapere, quindi che bisogno hanno di imparare? Distruggere il bisogno d’imparare: questa è la cosa migliore da fare per continuare a sentire di sapere già tutto. Così il problema di apprendere non esiste e quella gente non sente alcun bisogno di diventare un discepolo: è soddisfatta nella sua tomba. Sono persone già morte! Questa è la condizione della maggior parte dell’umanità: anche se ti avvicini a persone che appartengono a questo gruppo e parli loro della verità, rideranno. Diranno che parli di cose assurde, insensate; non solo: costoro negheranno addirittura l’esistenza di qualcosa come la verità, come Dio, come il nirvana. Se trasmetti loro il messaggio di un essere illuminato, replicheranno che un simile essere non è mai esistito, è impossibile che esista: “Noi rappresentiamo l’intera umanità!”.
Qualcuno chiese a Voltaire la sua opinione sull’origine della religione. Si dice che Voltaire abbia risposto: “La religione è nata il giorno in cui sulla Terra il primo ciarlatano incontrò il primo sciocco. Dall’incontro di quel ciarlatano con quello sciocco, nacque la religione”. La risposta di Voltaire contiene un elemento di verità. In un certo senso è vera, ma è vera non per la religione, bensì per le pseudoreligioni. La religione non è nata dall’incontro tra un ciarlatano e uno sciocco – le pseudoreligioni sono nate così – la religione è nata dall’incontro tra un Maestro e un discepolo. La religione è nata dall’incontro tra un essere che si è realizzato e un essere autenticamente alla ricerca della propria realizzazione: la religione è nata dall’incontro tra la verità e un discepolo. Purtroppo la maggior parte dell’umanità rimane totalmente inconsapevole, beatamente inconsapevole perché, quando nella vita dell’uomo non esiste alcuna indagine e non c’è ricerca, si vive una vita di agi, priva di sforzi; e l’uomo continua a cadere in basso, non si eleva mai verso l’alto: non raggiunge mai le vette. E questa umanità è immemore: non solo non sa, neppure ha mai sognato l’esistenza di picchi di esperienza, la possibilità di altitudini di estasi da raggiungere. Costoro rimangono in pratica allo stato animale: si mangia e si dorme, confinati alla sopravvivenza. Una vita di routine: si gira in tondo… si nasce, si vive, si mettono al mondo altri esseri umani, e poi si muore – e la ruota continua a girare: di nuovo si nasce, e di nuovo si ripete la stessa storia… ancora e di nuovo, fino alla nausea. Esiste poi la seconda parte dell’umanità, costituita dai pochi che indagano ma che non conoscono il modo per apprendere: costoro ricercano, ma non comprendono che questa ricerca necessita di una trasformazione interiore e che è attuabile solo attraverso una trasformazione interiore. È necessaria una mutazione interiore. In questa dimensione l’apprendimento non è come negli altri casi: è possibile imparare la chimica, la fisica, la matematica senza alcun cambiamento nella propria consapevolezza – non avete alcun bisogno di cambiare la vostra consapevolezza – così come siete, potete imparare. Viceversa, la religione è un apprendimento nel quale il requisito base è questo: prima di tutto cambia la tua consapevolezza! Prima ancora che l’apprendimento inizi, devi essere preparato a questo mutamento: è necessaria una lunga preparazione, senza la quale non puoi iniziare alcun apprendimento. La seconda parte dell’umanità indaga, ma non è pronta, perciò continua a girovagare fra teorie, ipotesi, proiezioni  mentali altrui, invenzioni di gente colta e verbalizzazioni, vagola tra filosofie e metafisiche: esistono migliaia di teorie disponibili per questo tipo di persone. È possibile scegliere: il mercato è vasto, si può continuare a saltare da una teoria a un’altra, perché nessuna teoria è in grado di offrire la risposta giusta. Nessuna teoria può offrirla, ragion per cui, se ti senti stufo di una teoria, ne scegli un’altra; se ti sei stancato di un insegnante, vai da un altro… e queste persone continuano a cambiare, diventando dei girovaghi.
Ogni giorno, mi imbatto nel secondo tipo di persone: sono state in un ashram e in quell’altro, sono state da questo insegnante e da quell’altro, sono passate da un luogo all’altro. Niente le soddisfa, ma non sono consapevoli che il loro problema non è l’insegnante: manca loro la preparazione di base. Non sono ancora pronte a essere dei discepoli, e se non sei pronto a essere un discepolo, come puoi trovare il Maestro? La tradizione è questa: quando il discepolo è pronto, il Maestro appare spontaneamente. Non devi neppure cercarlo, il Maestro arriva a te. Nel momento stesso in cui un discepolo è pronto, immediatamente appare il Maestro. Voi tutti siete alla continua ricerca di un Maestro, e non compare mai: qualcosa è sbagliato dentro di voi. Qualcosa dentro di voi rende vani tutti i vostri sforzi: non siete pronti. Non potete incontrare un Maestro alle vostre condizioni: voi dovete soddisfare le sue; condizioni eterne, che non sono mai cambiate. Rimangono sempre le stesse: dovete imparare a essere discepoli. Questa seconda parte dell’umanità diventa una massa vagabonda di indagatori che non guadagnano mai molto. Diventano pietre che rotolano e che non raccolgono mai alcun muschio: continuano a rotolare da una teoria all’altra. Poi viene una terza parte, costituita da esseri umani molto rari, da eccezioni: la crema dell’umanità. Questa terza parte comprende coloro che cercano, che indagano, ma la loro indagine non è intellettuale, è totale. La loro indagine non assomiglia allo studio di qualsiasi altra materia: indagano in modo così totale, da essere pronti a morire per la loro ricerca. Sono pronti a cambiare tutto il loro essere, sono pronti a soddisfare qualsiasi condizione: anche se la morte fosse una condizione inderogabile, sono pronti a morire. A ogni costo vogliono conoscere cos’è la verità, vogliono essere nel mondo della verità e non vogliono vivere nel mondo delle menzogne e delle illusioni e dei sogni e delle proiezioni. Chi appartiene a questo terzo tipo può diventare un discepolo. E soltanto chi appartiene a questo terzo tipo, quando si sarà realizzato, potrà diventare un Maestro.
Ecco perché dico che la verità non può essere insegnata, ma può essere appresa: tutto dipende da voi. Un Maestro esiste. Si deve essere in sua presenza completamente svuotati da se stessi: questo è il significato della morte. Un discepolo arriva e muore davanti al Maestro: ecco cosa significa arrendersi. Egli arriva e lascia se stesso fuori dalla porta: dove lascia le proprie scarpe, lascia anche se stesso. Arriva dal Maestro completamente vuoto. Proprio in questo vuoto, la verità è possibile. Proprio in questo vuoto il Maestro comincia a fluire: diventa come una possente cascata d’acqua che precipita nella valle del discepolo. Dalle vette del proprio essere, il Maestro raggiunge le abissali profondità dell’essere del discepolo; e ricorda: il Maestro non fa niente. Accade semplicemente. Quando la valle è pronta, la cascata d’acqua precipita spontaneamente: l’essere del Maestro inizia a fluire nell’essere del discepolo. Non che il Maestro faccia qualcosa. Non che il discepolo faccia qualcosa. Nessuno dei due fa alcunché: il Maestro è alla presenza del discepolo e il discepolo è alla presenza del Maestro e il fenomeno accade spontaneamente. La fiamma del Maestro fa un balzo nel cuore del discepolo; ma il cuore del discepolo deve rimanere aperto e il discepolo deve rimanere vuoto: una semplice accoglienza. 24 Ecco perché continuo a ripetere che l’arte di essere un discepolo è l’arte di essere una consapevolezza femminile: ricettiva, accogliente, che non crea barriere, che non chiude le porte, che non cerca di mettersi in salvo e di essere al sicuro. Una consapevolezza che ha fiducia. Fiducia è la parola esatta; e nella fiducia la verità accade. Avere fiducia significa essere pronti a imparare. Certo, fiducia è la parola esatta: avere fiducia significa essere un discepolo. Se stai ancora pensando, allora cerchi ancora di controllarti; non ti sei arreso. Se stai ancora dicendo: “Questo è giusto e quello è sbagliato”, allora la tua mente è presente e tu appartieni alla seconda parte dell’umanità, non alla terza.
Adesso lasciatemi dividere di nuovo l’umanità in queste tre parti, partendo da una diversa prospettiva. La prima parte dell’umanità ha come propria anima il dubbio, e il dubbio è tanto forte da diventare quasi una fiducia nel dubbio, un credo nel non credere. Il dubbio è così forte perché la prima parte dell’umanità – la parte predominante, la maggioranza – non dubita mai dei propri dubbi: ha fiducia nel dubbio. Chi è assolutamente compenetrato nel dubbio, totalmente certo dei propri dubbi, rimane completamente chiuso: non apre neppure uno spiraglio. In questo caso essere un discepolo è qualcosa di estremamente remoto, persino diventare uno studente risulta difficile. Addirittura ti è impossibile accettare l’idea che qualcuno sappia più di te. Questa parte dell’umanità rimane sciocca, stupida. Sono persone che assomigliano a pietre senza vita, gelide come la morte, perché se l’energia dell’essere umano non si muove continuamente nell’ignoto, non si può essere vivi. Solo se ti muovi ogni giorno nell’ignoto, soltanto così sei vivo, palpitante: il tuo cuore pulsa e tu stai crescendo. La crescita avviene sempre dal conosciuto verso l’ignoto. La seconda parte dell’umanità è formata da coloro che indagano: i loro dubbi sono scossi, ma in loro la fiducia non si è ancora radicata. Non fanno più parte della maggioranza dell’umanità, si sono allontanati un pochino dalla maggioranza – ma anche questo poco è troppo per fare marcia indietro – però sono ancora nel limbo, sono sospesi proprio nel mezzo. Non hanno fiducia. La prima parte dell’umanità ha troppa fiducia nel dubbio, la seconda parte è arrivata a dubitare dei propri dubbi, ma in costoro la fiducia non è ancora nata. La terza parte dell’umanità ha fiducia nella fiducia: la loro fiducia è assoluta. Le persone appartenenti alla seconda parte vi definiranno ciechi. Shraddha, la vostra fiducia nella fiducia, apparirà loro come una cecità. La prima parte dell’umanità vi definirà folli. La vostra fiducia le sembrerà soltanto una follia: come può una persona raziocinante credere così totalmente? È impossibile. Ma per la terza parte dell’umanità, per coloro cui la fiducia è accaduta, la cecità sarà l’unica capacità di vedere. E per loro, la follia sarà l’unica cosa sensata. Queste tre diverse parti di umanità hanno linguaggi differenti: non comunicano mai fra loro. È un’eventualità pressoché impossibile, proprio come quando tu parli a qualcuno che non conosce la tua lingua e tu non conosci la sua – al massimo mediante i gesti diventa possibile un minimo di comunicazione, ma non di più.
I Sufi affermano che soltanto la terza parte dell’umanità può imparare: i Maestri Sufi sono molto selettivi. È molto difficile essere accettato da un Maestro Sufi, è davvero molto difficile; egli erige intorno a sé ogni sorta di ostacoli. Primo: un Maestro Sufi vive in modo così comune da non farti neppure sospettare di essere davanti a un Maestro; vive in modo assolutamente normale. Per esempio, il Maestro può essere un fabbro, un calzolaio, un tessitore di tappeti, un macellaio o un falegname – un uomo che appartiene all’autentico mondo ordinario. Tu non puoi sospettare che l’uomo che fabbrica e che ripara le tue scarpe sia un Maestro; egli non suscita alcun sospetto: questo è il modo per proteggersi da coloro che non sono pronti, ma che pensano di esserlo. In questo modo egli si protegge dagli intrusi. Non vedrai mai un Maestro Sufi andare alla moschea, al tempio o in un luogo pubblico per pregare. No, egli prega quando tutti sono profondamente addormentati, nel cuore della notte. È possibile che anche sua moglie non sospetti che quest’uomo sia un illuminato: non permettere ad alcuno di saperlo fa parte del metodo Sufi. Gesù deve aver vissuto con dei Sufi, in Egitto: nella Bibbia riporta qualcuno dei loro insegnamenti. Uno di questi è il seguente: “Non permettere che la tua mano sinistra conosca ciò che fa la tua mano destra”. Questa è una tradizione Sufi: vivi completamente nell’oscurità. In questo modo nessuno sa che sei un Maestro e gli intrusi non arriveranno; gli pseudoricercatori non busseranno alla tua porta. E gli sciocchi non abuseranno del tuo tempo e della tua energia. Secondo: se in qualche modo vieni a sapere dell’esistenza di un Maestro Sufi, dovrai aspettare per anni al suo fianco, come un apprendista, ma non per apprendere la meditazione: se è un calzolaio, per anni tu dovrai imparare a fabbricare scarpe. E i Maestri Sufi assegnano compiti gravosi: potranno passare dieci, dodici anni e tu semplicemente lavorerai sulle scarpe, non farai che fabbricare scarpe e il problema della tua presenza non sarà mai sollevato, a meno che, un giorno, il Maestro stesso non ti chieda: “Perché sei venuto da me? Cosa vuoi?”. Ti osserverà, starà con te. In questo stare insieme qualcosa in te crescerà sempre più, mediante un metodo davvero indiretto, per esempio, fabbricando scarpe: è una meditazione, perché il Maestro dice al discepolo di svolgere soltanto il compito che gli ha assegnato; non ha il permesso di pensare. Ricorda: se lavori con le mani, molto probabilmente la mente rimarrà disoccupata, vacante. Se lavori con la mente, naturalmente le possibilità diminuiscono, perché la mente deve pensare. I Sufi lavorano con le mani: tessono tappeti, fabbricano scarpe, fanno lavori di falegnameria o di qualsiasi altro genere, lavori sempre manuali. Le mani e la testa sono due poli opposti: se la tua energia si muove verso le mani, la mente si calma sempre più. Se per anni – dodici anni è un lungo lasso di tempo! – lavori semplicemente con le mani, dimentichi completamente la mente. Non ti è necessaria e diventa disoccupata, non funzionante; e questo è ciò che occorre a un discepolo: la sua mente deve essere in uno stato di non funzionamento. I pensieri dovrebbero fermarsi. La mente dovrebbe diventare simile a una nonmente – non colma di pensieri, di sogni o di idee: completamente vuota. Mentre il discepolo è apprendista e lavora facendo scarpe, il Maestro continua a osservare cosa sta accadendo nella mente del discepolo: la sua energia si muove completamente nelle sue mani? Adesso anche gli psicologi riconoscono che l’uomo che fa lavori manuali usa la stessa energia togliendola alla mente. L’energia è sempre la stessa. La mano destra è unita alla parte sinistra del cervello e la mano sinistra è unita alla parte destra del cervello. Prova a fare questo esperimento: ogni volta che senti di avere troppi pensieri, tanti da non riuscire a fermarli, strofina con forza una mano con l’altra, fino a renderle bollenti; all’improvviso ti renderai conto che la mente si è fermata e adesso l’energia circola nelle mani. Per le persone che non riescono a dormire questa è la miglior medicina che si conosca, migliore di qualsiasi tranquillante: chiudi semplicemente gli occhi e strofina le mani, fino a sentire che diventano sempre più calde – che lo strofinio le rende bollenti – vedilo anche con l’immaginazione: le mani diventano sempre più calde. Quando saranno caldissime, la tua testa diventerà fresca. La testa e le mani sono i due poli opposti. Le mani dovrebbero essere calde e la testa dovrebbe essere fresca. Ma quando hai troppi pensieri, la tua testa sarà calda e le mani fredde; questo è malsano. Ti stai avviando verso  la pazzia: arriverà il momento in cui la tua mente comincerà a funzionare per proprio conto, sarà sconnessa dall’intero corpo. Ecco cos’è la pazzia: una parte di te è diventata autonoma, una parte è diventata un dittatore. In Giappone, i Maestri Zen continuano a lavorare con le mani. E i Maestri Sufi, nei Paesi musulmani, continuano a lavorare con le mani: fare qualcosa con le mani è sempre bello; fa scendere l’energia, dall’alto della mente giù nel corpo. Se continui a lavorare per anni con le mani, diventi senza mente. Rimane la parte fisica della testa, ma la parte energetica, la parte pensante scompare: si diventa nonmente. Un discepolo deve rimanere con il Maestro per anni. È difficile, a meno che tu non abbia fiducia; infatti, chi può dire se quest’uomo è un Maestro oppure no? Chissà se si è realizzato o no? Come puoi giudicare? Ma se hai fiducia, a poco a poco accade un’affinità interiore con il Maestro. Un’affinità interiore che accade, a volte, solo tra amanti; ma che accade raramente, perché gli amanti non si arrendono mai. Gli amanti ne parlano, dicono di essersi arresi, ma non si arrendono mai. In realtà, dicendo di essersi arresi, possono tentare di manipolare l’altro: la resa può essere soltanto un trucco. Tra amanti la lotta è continua. Di rado, ma a volte accade, se due amanti sono realmente in amore, accade un’affinità. Da qualche parte diventano unità: nell’esistenza nasce un ponte. I corpi rimangono due, ma le loro fiamme interiori si avvicinano talmente da diventare una. In amore accade raramente e solo per pochi istanti; poi le fiamme si dividono di nuovo, tornano di nuovo unite e si dividono un’altra volta. E continua così. Viceversa, quando questa intimità accade tra un discepolo e un Maestro, poi continua a crescere: i loro esseri si avvicinano sempre di più, finché arriva il momento in cui all’esterno esistono due corpi, ma da qualche parte nel mondo interiore gli esseri non sono più due. Il balzo, il salto della fiamma è accaduto. Imparare da un Maestro significa apprendere come essere con lui. Imparare da un Maestro significa apprendere come non essere con te stesso.
L’apprendimento religioso ha una dimensione totalmente diversa rispetto agli altri apprendimenti e alle altre discipline. Nelle altre discipline, tu rimani sempre lo stesso e inizi ad accumulare informazioni: se vuoi imparare la geografia, vai da un insegnante e apprendi. Tu rimani sempre lo stesso, in te continuano ad aumentare solo le informazioni; diventi sempre più colto, ma il tuo essere, la tua qualità di essere, il tuo stato dell’essere rimangono gli stessi. Quando vieni da un Maestro per apprendere la religione, o la verità, allora tutto cambia: in te non c’è alcun accumulo d’informazioni, né un aumento del tuo sapere, in te accade una crescita dell’essere. Tu non saprai di più, ma sarai di più. La tua memoria non sarà accresciuta dall’esercizio, niente affatto; viceversa il tuo stesso essere, il tuo vero essere, diventerà più centrato e silenzioso, estatico. La religione è l’apprendimento dell’essere. Tutti gli altri apprendimenti sono solo un addestramento della memoria. Tutte le altre discipline vi danno un sapere. La religione vi dà la conoscenza, non il sapere: vi dà conoscenza, cioè la capacità di vedere e l’immensa energia per essere.

(Tratto da Osho La Magia del Semplice Bompiani Editore)
http://www.oshoba.it/oshotimes/index.php?option=com_content&view=article&id=278&Itemid=67

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